Dopo l'Estetica - Università di Palermo
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to), sarà piuttosto da intendere come un tratto che definisce anzitutto<br />
la costituzione del soggetto “rappresentativo” della modernità (ed era<br />
questo, sia detto per inciso, il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Heidegger 22 ). Per la precisione:<br />
un tratto che identifica nel sentimento estetico (o nel “piacere della<br />
riflessione”) una componente della soggettività del soggetto altrettanto<br />
importante (e più originaria) del cogito 23 .<br />
Ciò comporta due conseguenze: la prima è che la considerazione<br />
dell’estetica come un sapere specialistico sull’arte andrebbe quanto<br />
meno iscritta – e chiarita – nel contesto <strong>di</strong> una più ampia riflessione<br />
critica sulle con<strong>di</strong>zioni estetiche dell’esperienza in generale; la seconda<br />
è che dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> un’estetica filosofica intesa nel modo appena<br />
in<strong>di</strong>cato l’arte dovrebbe essere intesa piuttosto come un «referente<br />
storico esemplare» (la definizione è <strong>di</strong> Emilio Garroni) che non come<br />
un vero e proprio oggetto epistemico.<br />
Ma che genere <strong>di</strong> referente? Se ci si mantiene nell’ambito teorico<br />
della terza Critica kantiana, occorre <strong>di</strong>re con chiarezza che non si tratta<br />
<strong>di</strong> nulla che sia anche lontanamente assimilabile all’oggetto <strong>di</strong> una<br />
astratta coscienza contemplativa separata dall’esperienza in generale, a<br />
cominciare da quella pratica. È noto, infatti, che per Kant l’opera d’arte<br />
autenticamente esemplare (l’opera <strong>di</strong> genio), al contrario dell’esperienza<br />
<strong>di</strong> oggetti semplicemente adeguati al gusto, provvede, tramite le<br />
“idee estetiche”, a una riorganizzazione della facoltà <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio nel suo<br />
complesso, alla quale, egli scrive, l’opera fornisce nuovi criteri e nuove<br />
regole 24 . L’opera d’arte, in altri termini, è “esemplare” proprio per<br />
il fatto <strong>di</strong> mantenere aperta la circolazione tra esperienza estetica ed<br />
esperienza nel suo complesso. Ma se le cose stanno così, allora si dovrà<br />
<strong>di</strong>re che la “<strong>di</strong>fferenziazione estetica” può bensì patrocinare peculiari<br />
forme <strong>di</strong> chiusura, selezionando gli oggetti che si lasciano giu<strong>di</strong>care<br />
solo sotto il profilo <strong>di</strong> un libero piacere della riflessione, ma è anche<br />
tale – ecco l’implicazione <strong>di</strong> cui Gadamer non sembra interessarsi – da<br />
poter rimettere continuamente in <strong>di</strong>scussione la sua funzione ‘isolante’<br />
accogliendo oggetti che ne forzano i confini, come accade nel caso delle<br />
opere d’arte autenticamente esemplari. Le quali infine meritano questa<br />
qualifica – esemplari – proprio perché esibiscono il ritorno dell’estetico<br />
nel mondo della praxis, e gli effetti <strong>di</strong> riorganizzazione del giu<strong>di</strong>zio che<br />
ne <strong>di</strong>scendono.<br />
Della natura potenzialmente “inclusiva” della “<strong>di</strong>fferenziazione estetica”<br />
vorrei tener fermo questo punto: che storicamente costituita come<br />
il dominio privilegiato delle arti “semplicemente adeguate al gusto”,<br />
essa è in via <strong>di</strong> principio aperta ad altri oggetti che si <strong>di</strong>mostrino capaci<br />
<strong>di</strong> esibire esemplarmente lo stato estetico come momento fondativo<br />
(o, kantianamente, “con<strong>di</strong>zione”) della soggettività del soggetto. Con<br />
particolare riguardo per il tratto innovativo o creativo – la capacità <strong>di</strong><br />
darsi “nuove regole <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio” – che la caratterizza.<br />
Che il “mondo dell’arte” <strong>di</strong> cui parla Danto, per contro, abbia un<br />
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