Danno biologico e mobbing nel rapporto di lavoro - Frareg
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GUIDA al LAVORO<br />
A PPROFONDIMENTI<br />
L’ipotesi tipica era rappresentata<br />
dalla <strong>di</strong>minuzione della capacità<br />
<strong>di</strong> produrre red<strong>di</strong>to in concreto,<br />
a causa <strong>di</strong> una lesione fisica<br />
invalidante e il relativo danno<br />
veniva commisurato sulla base<br />
del red<strong>di</strong>to lavorativo.<br />
Inoltre, l’in<strong>di</strong>viduo poteva richiedere<br />
il risarcimento del danno<br />
morale derivante da reato ex articoli<br />
2059 del co<strong>di</strong>ce civile e 185<br />
del co<strong>di</strong>ce penale, che si risolvesse<br />
in un patema d’animo o dolore<br />
psicofisico «transeunte», senza<br />
produrre postumi invalidanti<br />
sulla persona medesima.<br />
In tal caso, il risarcimento del<br />
danno veniva a compensare, in<br />
qualche modo, il dolore subito<br />
(pur assurgendo alla funzione <strong>di</strong><br />
«praetium doloris»).<br />
Tale impianto <strong>di</strong> tutela escludeva<br />
quella forma <strong>di</strong> danno che<br />
può riguardare tutti gli in<strong>di</strong>vidui,<br />
compresi coloro che erano<br />
privi <strong>di</strong> un red<strong>di</strong>to lavorativo e<br />
perciò socialmente ed economicamente<br />
meno protetti.<br />
In sostanza, colui che subiva un<br />
danno psicofisico che lo limitava<br />
<strong>nel</strong>la sua «attività <strong>di</strong> tutti i<br />
giorni», era un in<strong>di</strong>viduo senza<br />
tutela, qualora non fosse titolare<br />
<strong>di</strong> red<strong>di</strong>to.<br />
Il sistema così descritto, operava<br />
un meccanismo <strong>di</strong> preclusione risarcitoria<br />
nei confronti <strong>di</strong> chi già<br />
ricopriva una posizione fattuale<br />
<strong>di</strong> svantaggio.<br />
Ciò andava in palese contrasto<br />
con i dettami della Carta Costituzionale<br />
(articoli 2 e 3).<br />
Inoltre, l’articolo 32 della Costituzione<br />
(tutela della salute) restava<br />
secondo tale concezione completamente<br />
inoperante.<br />
Con il trascorrere del tempo, a<br />
partire dalla sentenza n. 184 del<br />
1986 della Corte Costituzionale,<br />
la figura del danno <strong>biologico</strong> si è<br />
progressivamente rafforzata <strong>nel</strong>la<br />
evoluzione giurisprudenziale,<br />
<strong>di</strong>venendo il fulcro o nucleo fondamentale<br />
del risarcimento del<br />
danno alla persona, determinando<br />
<strong>nel</strong> contempo, con la contemporanea<br />
erosione dell’articolo<br />
2059 del co<strong>di</strong>ce civile («danni<br />
non patrimoniali») e l’avvento<br />
della figura del danno esistenziale<br />
(articolo 2043 del co<strong>di</strong>ce civile:<br />
danno ingiusto, in virtù del<br />
principio «neminem laedere»),<br />
una specie <strong>di</strong> fenomeno <strong>di</strong> «cannibalismo»<br />
nei confronti <strong>di</strong> altre<br />
voci risarcitorie, ritenute fino a<br />
poco tempo prima aventi voce<br />
autonoma [2] .<br />
La posizione della dottrina<br />
e l’evoluzione giurisprudenziale<br />
sul danno alla persona<br />
In Italia la letteratura sull’argomento<br />
del danno alla persona è<br />
copiosissima, ed altrettanto numerose<br />
sono le pronunce delle<br />
Corti <strong>di</strong> merito e <strong>di</strong> legittimità.<br />
È opinione <strong>di</strong>ffusa ed accettata<br />
che il danno <strong>biologico</strong> è una creazione<br />
della giurisprudenza, ovvero<br />
è espressione del «<strong>di</strong>ritto vivente»<br />
cioè il modo con cui dottrina<br />
e giurisprudenza intendono<br />
il danno non patrimoniale.<br />
In ogni or<strong>di</strong>namento, da sempre,<br />
e non solo <strong>nel</strong> nostro Paese, si è<br />
avvertita l’esigenza <strong>di</strong> tutelare<br />
tutti coloro che subiscono un<br />
danno derivato dalla lesione <strong>di</strong><br />
un <strong>di</strong>ritto soggettivo della persona,<br />
e in ogni epoca storica si ravvisano<br />
tentativi <strong>di</strong> dare risposte<br />
corrette al problema con opportuni<br />
interventi legislativi, pronunce<br />
giurisprudenziali e la ricerca<br />
e l’illustrazione <strong>di</strong> nuovi<br />
concetti e principi da parte della<br />
dottrina.<br />
È emerso così un <strong>di</strong>ffuso intento,<br />
comune a vari or<strong>di</strong>namenti,<br />
<strong>di</strong> riconoscere nuove voci <strong>di</strong> danno<br />
risarcibile per consentire una<br />
liquidazione del danno corrispondente<br />
ad una effettiva riparazione.<br />
Ciò spiega il processo continuo<br />
<strong>di</strong> adeguamento del <strong>di</strong>ritto<br />
positivo alle nuove istanze <strong>di</strong> tutela,<br />
venendo data prevalenza al<br />
«valore» della persona <strong>nel</strong> suo<br />
complesso.<br />
Sono altresì mutati i criteri per<br />
definire il «valore uomo»: l’appartenenza<br />
a ceti socialmente ed<br />
economicamente più elevati e la<br />
red<strong>di</strong>tività del danneggiato cedono<br />
il passo al principio del «valore<br />
complessivo della persona»,<br />
grazie all’adeguamento degli or<strong>di</strong>namenti<br />
interni ai principi <strong>di</strong><br />
salvaguar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> fondamentali <strong>di</strong>ritti<br />
dell’uomo, sanciti anche <strong>nel</strong><br />
<strong>di</strong>ritto internazionale.<br />
In origine, <strong>nel</strong> nostro or<strong>di</strong>namento,<br />
«schiavo» della tra<strong>di</strong>zione<br />
del <strong>di</strong>ritto romano, le lesioni dell’integrità<br />
psico-fisica non trovavano<br />
motivo <strong>di</strong> essere risarcite<br />
poiché si riteneva che la persona<br />
non avesse prezzo e perciò le lesioni<br />
arrecate alla sua integrità<br />
non potessero essere tradotte in<br />
denaro, salvo che vi fossero ripercussioni<br />
<strong>di</strong> carattere patrimoniale<br />
o sulla capacità <strong>di</strong> guadagno.<br />
Superate <strong>nel</strong> tempo tali obiezioni<br />
alla risarcibilità, si avvertì la<br />
necessità <strong>di</strong> attribuire rilevanza<br />
ai «danni alla salute», in sé e per<br />
sé considerati, e si deve ad alcune<br />
decisioni dapprima del Tribunale<br />
<strong>di</strong> Genova, poi <strong>di</strong> Pisa e infine<br />
<strong>di</strong> altri Tribunali se si cominciò<br />
a considerare risarcibile il<br />
pregiu<strong>di</strong>zio caratterizzato dal<br />
«danno <strong>biologico</strong>», quale lesione<br />
dell’integrità fisica in sé e per<br />
sé considerata, in<strong>di</strong>pendentemente<br />
dal ceto <strong>di</strong> appartenenza e<br />
dal patrimonio, in virtù del seguente<br />
proce<strong>di</strong>mento logico: i<br />
suddetti «pregiu<strong>di</strong>zi», per quanto<br />
considerati <strong>di</strong> natura «non patrimoniale»,<br />
non erano comunque<br />
soggetti alla sfera <strong>di</strong> applicazione<br />
dell’articolo 2059 del co<strong>di</strong>-<br />
I SUPPLEMENTI<br />
[2] P.G. Monateri, M. Bona e U. Oliva, Il nuovo danno alla persona, Giuffrè E<strong>di</strong>tore, 1999.<br />
n. 2 - maggio 2003 7