Danno biologico e mobbing nel rapporto di lavoro - Frareg
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I SUPPLEMENTI<br />
APPROFONDIMENTI<br />
le; danno per lesione della professionalità<br />
ex articolo 2103 del<br />
co<strong>di</strong>ce civile; danno morale ex<br />
articolo 2059 del co<strong>di</strong>ce civile e<br />
articolo 185 del co<strong>di</strong>ce penale;<br />
danno <strong>biologico</strong>, così come definito<br />
dal legislatore con il Dlgs n.<br />
38 del 2000 e comunque suscettibile<br />
<strong>di</strong> valutazione me<strong>di</strong>co-legale;<br />
danno esistenziale quale nuova<br />
ed ulteriore voce <strong>di</strong> danno).<br />
L’onere della prova:<br />
gli strumenti e le tecniche<br />
Ai sensi dell’articolo 2697 del<br />
co<strong>di</strong>ce civile, «chi vuol far valere<br />
in giu<strong>di</strong>zio un <strong>di</strong>ritto deve provare<br />
i fatti che ne costituiscono<br />
il fondamento». L’onere della<br />
prova, pertanto, è a carico del<br />
soggetto vittima del <strong>mobbing</strong> il<br />
quale è tenuto ad assolverlo in<br />
relazione alle condotte lesive <strong>di</strong><br />
beni fondamentali della persona<br />
umana, dei quali la salute rappresenta<br />
il bene giuri<strong>di</strong>co primario.<br />
Per riuscire <strong>nel</strong>l’intento <strong>di</strong> fare<br />
valere in giu<strong>di</strong>zio il proprio <strong>di</strong>ritto,<br />
il lavoratore vittima del <strong>mobbing</strong><br />
ha la necessità <strong>di</strong> due «sostegni»<br />
e cioè: a) l’apporto dello<br />
psicoterapeuta e del me<strong>di</strong>co legale<br />
e inoltre b) l’assistenza <strong>di</strong> un<br />
avvocato, tutti strettamente interconnessi<br />
e, ove possibile, collaboranti.<br />
Data la natura antidoverosa<br />
e la <strong>di</strong>versità delle molteplici<br />
azioni pregiu<strong>di</strong>zievoli ed ostili<br />
che costituiscono il <strong>mobbing</strong>,<br />
<strong>nel</strong>le aule giu<strong>di</strong>ziarie la <strong>di</strong>scussione<br />
della causa viene affrontata<br />
preliminarmente, in concomitanza<br />
dell’esperimento del tentativo<br />
<strong>di</strong> conciliazione obbligatorio<br />
da parte del giu<strong>di</strong>ce, utilizzando<br />
la formula risarcitoria (tecnica<br />
che, pur idonea, ha suscitato<br />
qualche perplessità <strong>nel</strong>la dottrina<br />
[58] in quanto sminuisce o spegne<br />
<strong>di</strong>etro pagamento <strong>di</strong> un prezzo<br />
il tentativo <strong>di</strong> ricorso alla tute-<br />
GUIDA al LAVORO<br />
la inibitoria) o ipotizzando la rinuncia<br />
al posto <strong>di</strong> <strong>lavoro</strong>, <strong>di</strong>etro<br />
monetizzazione.<br />
Tale percorso non è facilmente<br />
praticabile in relazione non solo<br />
alla possibile inadeguatezza del<br />
quantum risarcitorio che funge<br />
da incentivo all’esodo ma anche<br />
all’età, al sesso ed allo status professionale<br />
del lavoratore o lavoratrice<br />
mobbizzati e per la non<br />
semplice ricollocazione <strong>nel</strong> mercato<br />
del <strong>lavoro</strong>.<br />
Nella pratica giu<strong>di</strong>ziaria quoti<strong>di</strong>ana<br />
si assiste <strong>nel</strong> corso dell’esame<br />
della soluzione bonaria della<br />
lite ricercata dalle parti avverse<br />
con i buoni uffici del giu<strong>di</strong>ce, ad<br />
argomentazioni che qui <strong>di</strong> seguito<br />
sintetizziamo.<br />
Il demansionamento (con dequalificazione<br />
professionale), avendo<br />
creato con<strong>di</strong>zioni lavorative<br />
negative e conflittuali con danno<br />
alla professionalità e alla salute<br />
del soggetto, per alcuni ne renderebbe<br />
impraticabile la conservazione<br />
del posto e costituirebbe<br />
buon motivo <strong>di</strong> risoluzione consensuale<br />
del <strong>rapporto</strong>, ex articolo<br />
2113 del co<strong>di</strong>ce civile, meglio<br />
utilizzabile se il <strong>rapporto</strong> è alle<br />
soglie del pensionamento, così<br />
trascurando l’insegnamento della<br />
Cassazione e della giurisprudenza<br />
<strong>di</strong> merito al riguardo [59] ,<br />
in quanto «il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong>sciplinato<br />
dall’articolo 2103 del co<strong>di</strong>ce civile<br />
è in<strong>di</strong>sponibile e ogni rinuncia<br />
è invalida».<br />
Il danno alla salute derivato al<br />
lavoratore demansionato-mobbizzato,<br />
e caratterizzato da sindromi<br />
depressivo-ansiose e <strong>di</strong>sturbi<br />
psichici <strong>di</strong> varia natura,<br />
per altri sconsiglierebbe il ricorso<br />
al contenzioso giu<strong>di</strong>ziario in<br />
quanto più nocivo del <strong>mobbing</strong><br />
subìto, trascurando che il <strong>di</strong>ritto<br />
al <strong>lavoro</strong> è garantito costituzionalmente<br />
e lo Stato deve promuovere<br />
le con<strong>di</strong>zioni che lo rendano<br />
effettivo (articolo 4 della Costituzione).<br />
Inoltre, posto che il<br />
lavoratore colpito dal <strong>mobbing</strong><br />
non è <strong>di</strong> consueto persona debole<br />
o fragile, in quest’ottica può<br />
inserirsi la visione del <strong>mobbing</strong><br />
come concausa o, quantomeno,<br />
se non causa del danno psichico,<br />
ma <strong>di</strong>venuta tale a causa del<br />
<strong>mobbing</strong> patito.<br />
Tali teorie, salvo eccezioni, a parere<br />
<strong>di</strong> chi scrive non sembrano<br />
con<strong>di</strong>visibili, a prescindere dalla<br />
immagine <strong>di</strong> querulomane che<br />
può suscitare il mobbizzato, <strong>di</strong><br />
per sé ininfluente.<br />
Innanzitutto, la conciliazione -<br />
sebbene auspicata e auspicabile<br />
e prevista dal co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> procedura<br />
civile (articolo 420, comma 1)<br />
- non è un facile obiettivo <strong>nel</strong>le<br />
controversie <strong>di</strong> <strong>mobbing</strong>, in<br />
quanto il soggetto mobbizzato è,<br />
<strong>di</strong> solito, molto attaccato al <strong>lavoro</strong><br />
e persona sensibile, moralmente<br />
integra e professionalmente<br />
responsabile, che si è formata<br />
una cultura sul fenomeno <strong>di</strong> cui<br />
è personalmente, suo malgrado,<br />
protagonista (è noto che il mobbizzato<br />
si aggiorna sul tema via<br />
internet, legge materiale utile e<br />
collabora con lo psicoterapeuta<br />
e con il legale <strong>di</strong> riferimento me<strong>di</strong>ante<br />
la redazione <strong>di</strong> copiosi<br />
promemoria sulla propria vicenda<br />
lavorativa).<br />
Il lavoratore vittima del <strong>mobbing</strong>,<br />
pertanto, tende a «rimanere»<br />
<strong>nel</strong> proprio posto <strong>di</strong> <strong>lavoro</strong> ed<br />
accetta con <strong>di</strong>fficoltà anche<br />
un’utile ricollocazione <strong>nel</strong>lo stesso<br />
ambiente <strong>di</strong> <strong>lavoro</strong>.<br />
Peraltro, la Cassazione a sezioni<br />
unite con sentenza n. 7755 del 30<br />
aprile - 7 agosto 1998, (in Guida<br />
al Lavoro n. 39/1998, pag. 25,<br />
con nota <strong>di</strong> C. Filadoro), ha <strong>di</strong>sposto<br />
che, in caso <strong>di</strong> inidoneità sopravvenuta<br />
alla prestazione, il licenziamento<br />
non è giustificato e<br />
il datore <strong>di</strong> <strong>lavoro</strong> ha l’obbligo <strong>di</strong><br />
[58] Luigi De Angelis, cit.<br />
[59] Cass. n. 421 del 13 gennaio 2001; Cass. n. 10 del 2 gennaio 2002; Trib. Milano, est. Frattin, n. 1411/2002; Trib.<br />
Milano, est. Atanasio, n. 2245 del 31 luglio 2000; Trib. Milano n. 2592 del 28 <strong>di</strong>cembre 2001.<br />
70 n. 2 - maggio 2003