Danno biologico e mobbing nel rapporto di lavoro - Frareg
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GUIDA al LAVORO<br />
A PPROFONDIMENTI<br />
Le fattispecie <strong>di</strong> <strong>mobbing</strong><br />
e la giurisprudenza<br />
Sulla base delle ricerche, dell’esperienza<br />
e delle argomentazioni<br />
scientifiche cui il Leymann<br />
è pervenuto nei suoi stu<strong>di</strong>, e le<br />
cui conclusioni sono con<strong>di</strong>vise<br />
da molti altri specialisti della<br />
mente è risultato palese il convincimento<br />
che una delle <strong>di</strong>fficoltà<br />
maggiori che si incontrano inizialmente<br />
<strong>nel</strong>l’approccio al tema<br />
è costituita innanzitutto dallo stabilire<br />
se si tratta <strong>di</strong> una fattispecie<br />
<strong>di</strong> <strong>mobbing</strong> oppure <strong>di</strong> presunto<br />
<strong>mobbing</strong>.<br />
Ben si comprende la rilevanza<br />
della risposta, sia sotto il profilo<br />
del nesso causale che per quanto<br />
concerne il ristoro dei danni e,<br />
pertanto, della loro risarcibilità.<br />
Per contro, <strong>nel</strong>le pronunce giurisprudenziali<br />
si assiste più <strong>di</strong> frequente<br />
al riconoscimento della<br />
sussistenza del demansionamento<br />
e quin<strong>di</strong> della lesione della<br />
professionalità con relativo danno<br />
che ne deriva, in violazione<br />
dell’articolo 2103 del co<strong>di</strong>ce civile<br />
anziché ravvisare in questa<br />
ed altre condotte pregiu<strong>di</strong>zievoli<br />
l’ipotesi del «<strong>mobbing</strong>», e come<br />
tale pure risarcibile.<br />
In buona sostanza, demansionamento<br />
sì, <strong>mobbing</strong> no [48] !<br />
Il <strong>di</strong>stinguo insistito in numerose<br />
pronunce induce a riflessione in<br />
quanto simile interpretazione,<br />
per quanto corretta <strong>nel</strong> censurare<br />
il comportamento illecito del datore,<br />
del superiore gerarchico o<br />
del collega <strong>di</strong> <strong>lavoro</strong> della vittima<br />
del <strong>mobbing</strong> e <strong>nel</strong>lo stabilire<br />
legittimamente il ristoro del danno<br />
alla professionalità e alla salute<br />
che ne derivano al lavoratore,<br />
fa sollevare il dubbio che il<br />
«<strong>mobbing</strong>», pur essendo oramai<br />
un fenomeno internazionalmente<br />
noto e riconosciuto <strong>nel</strong>la sua<br />
connotazione, non abbia ancora<br />
incontrato l’attenzione ed il favore<br />
che meriterebbe da parte della<br />
dottrina e della giurisprudenza.<br />
Il dubbio suesposto <strong>di</strong>viene quasi<br />
una certezza una volta effettuato<br />
il monitoraggio delle pronunce<br />
sin qui elaborate, poche peraltro,<br />
<strong>nel</strong>le controversie <strong>di</strong> <strong>lavoro</strong><br />
sul <strong>mobbing</strong>, rendendo quantomai<br />
incerto l’esito del giu<strong>di</strong>zio,<br />
salvo prendere buona nota della<br />
giurisprudenza torinese per prima<br />
pronunciatasi su due pressoché<br />
contemporanee controversie<br />
<strong>di</strong> <strong>mobbing</strong> (Trib. Lav. Torino -<br />
est. Ciocchetti, Erriquez c/Ergom<br />
e Stomei c/Ziliani Spa, 16<br />
novembre 1999 e 30 <strong>di</strong>cembre<br />
1999).<br />
Tali pronunce hanno preceduto<br />
<strong>di</strong> pochi giorni una <strong>di</strong>scutibile<br />
sentenza della Suprema Corte <strong>di</strong><br />
Cassazione, la prima sul <strong>mobbing</strong>,<br />
(Cass., sez. lav., n. 143 dell’8<br />
gennaio 2000, in Foro it. n. 5<br />
- maggio 2000, con nota <strong>di</strong> Luigi<br />
De Angelis) parsa elusiva in<br />
quanto - dopo avere rigettato la<br />
domanda <strong>di</strong> risarcimento <strong>di</strong> danno<br />
<strong>biologico</strong> da molestie sessuali<br />
proposta dalla <strong>di</strong>pendente nei<br />
confronti del datore <strong>di</strong> <strong>lavoro</strong><br />
per mancanza <strong>di</strong> prova del nesso<br />
causale tra la condotta datoriale<br />
e il pregiu<strong>di</strong>zio derivatone - non<br />
ha preso in considerazione il legittimo<br />
esercizio da parte della<br />
lavoratrice del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> critica<br />
(articolo 21 della Costituzione),<br />
tanto da configurare giusta causa<br />
<strong>di</strong> recesso la critica del lavoratore<br />
quale lesione morale dell’immagine<br />
del datore (per insussistenza<br />
del nesso <strong>di</strong> causalità ve<strong>di</strong><br />
Cass. n. 5491 del 2000).<br />
Le citate sentenze del Tribunale<br />
<strong>di</strong> Torino si muovono <strong>nel</strong>l’intento<br />
<strong>di</strong> formulare un «concetto unitario»<br />
<strong>di</strong> <strong>mobbing</strong>, quale complesso<br />
<strong>di</strong> atti vessatori, persecutori,<br />
<strong>di</strong> offese della <strong>di</strong>gnità e professionalità<br />
del lavoratore (demansionamento<br />
e dequalificazione),<br />
<strong>di</strong> violenze morali e maltrattamenti<br />
verbali, in sostanza una<br />
serie <strong>di</strong> condotte pregiu<strong>di</strong>zievoli,<br />
le cui ripercussioni negative<br />
sulla salute della persona sono<br />
state ritenute risarcibili, in virtù<br />
del combinato <strong>di</strong>sposto <strong>di</strong> cui<br />
agli articoli 32 della Costituzione,<br />
2043 e 2087 del co<strong>di</strong>ce civile,<br />
ed hanno il merito <strong>di</strong> avere<br />
affrontato il tema per la prima<br />
volta con una «visione complessiva<br />
del fenomeno», cosicché il<br />
<strong>mobbing</strong> assume la fisionomia<br />
<strong>di</strong> un «framework», una specie<br />
<strong>di</strong> «cornice» che consente <strong>di</strong> qualificare<br />
la condotta illecita <strong>nel</strong>la<br />
sua interezza», come un unico<br />
mosaico composto da tanti tasselli,<br />
in precedenza <strong>di</strong>stinti e <strong>di</strong>sgiunti<br />
e che costituiscono e costituivano,<br />
autonome fonti <strong>di</strong> risarcibilità,<br />
e per cui ben può valere<br />
per i giu<strong>di</strong>ci torinesi l’applicazione<br />
del principio del «fatto notorio»,<br />
<strong>di</strong> cui all’articolo 115 del<br />
co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> procedura civile che così<br />
recita: «Salvi i casi previsti dalla<br />
legge il giu<strong>di</strong>ce deve porre a<br />
fondamento della decisione le<br />
prove proposte dalle parti o dal<br />
pubblico ministero. Può tuttavia,<br />
senza bisogno <strong>di</strong> prova, porre a<br />
fondamento della decisione le<br />
nozioni <strong>di</strong> fatto che rientrano <strong>nel</strong>la<br />
comune esperienza».<br />
I giu<strong>di</strong>ci torinesi <strong>di</strong>fatti hanno attribuito<br />
rilevanza ai certificati<br />
me<strong>di</strong>ci prodotti dalla lavoratrice,<br />
senza <strong>di</strong>sporre la consulenza tecnica<br />
d’uffico (Ctu) me<strong>di</strong>co-legale,<br />
liquidandole il danno in via<br />
equitativa.<br />
I SUPPLEMENTI<br />
[48] Trib. Lav. Milano, est. Frattin, sent. n. 1411/2002; Trib. Monza, est. Di Lauro, 31 agosto 2001 in Riv. Crit. Dir.<br />
Lav, n. 4, ottobre - <strong>di</strong>cembre 2001; Trib. Lav. Milano, est. Atanasio, sent. n. 2592/2002.<br />
n. 2 - maggio 2003 65