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PIANO DI SVILUPPO RURALE PER L'UMBRIA 2000-2006 - Inea

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più recente il grado di spopolamento sembra attenuarsi (corr.=-0,306) grazie soprattutto ad unaripresa registrata anche in alcuni dei mll più rurali quali Marsciano e Gualdo Tadino.L’assetto socio-economicoLa caratterizzazione socioeconomica delle aree rurali è ancora fortemente condizionata in sensoagricolo: il tasso di primarietà, relativo alla frazione di attivi del primario sul totale dellapopolazione attiva, ha una correlazione con IR pari a 0,80, mentre quelli di secondarietà, relativoall’industria, e terziarietà, relativo ai servii, presentano correlazioni negative rispettivamente di -0,3e -0,635 evidenziando quindi come il settore dei servizi sia quello meno presente nelle realtà a piùspiccata ruralità. Una simile composizione della popolazione attiva regionale, dato il livello piùbasso dei redditi che si riscontra proprio nel settore primario ed industriale rispetto al terziario, siriflette anche nella correlazione negativa di IR con il reddito disponibile procapite al 1987 6 (-0,49),come a dire che il livello dei redditi procapite si riduce all'aumentare del livello di ruralità..Su questa linea da sottolineare altre due correlazioni positive: quella con le unità di lavoro agricolostandard per residente sparso (0,346), e quella con il tasso di professionalità dei conduttori diaziende agricole (0,387), espresso dalla quota parte di aziende i cui conduttori sono tali in formaesclusiva o prevalente. Questi dati individuano un rurale prevalentemente agricolo conun’agricoltura "professionale" e con un buon livello d’intensità lavorativa.Un altro gruppo di interdipendenze, di varia natura, è espressivo della generale debolezza earretratezza del tessuto sociale e produttivo. Infatti, sempre rispetto a IR, il tasso di attivitàcomplessivo, che costituisce un indice della vitalità dell'intero mercato del lavoro, registra inUmbria una correlazione (-0,354) che evidenzia un basso livello di tale vitalità. Ma quello sopraesposto non rappresenta l'unico punto di debolezza del mercato del lavoro regionale. A conferma ditale caratterizzazione negativa abbiamo il basso tasso di ricambio delle forze di lavoro occupatenell'industria - quanti giovani per quanti vecchi - (-0,49); e la riduzione dei livelli di qualificazioneprofessionale degli attivi, intesa come quota parte di dirigenti, tecnici e impiegati in tutti e tre isettori -nel primario (-0,69), nel secondario, (-0,714) e nel terziario (-0,495) -. Ad aggravare ancoramaggiormente tale scenario abbiamo i tassi d'industrializzazione manifatturiera che decrescono alcrescere dei livelli di ruralità (-0,54).Alla luce delle emergenze appena accennate, è difficile dire quanto gli stessi alti livelli di diffusionedel lavoro autonomo nell'industria (0,66) siano sintomo della persistenza di un artigianato "arcaico"o, piuttosto, di effervescenza imprenditoriale moderna e quanto la stessa bassa specializzazionemacrosettoriale (-0,755) sia sintomo di arretratezza - troppa agricoltura e troppo poco terziario - o,piuttosto, di una vocazione economica che nella diversificazione trova un elemento di forza.Un paio di segnali positivi alleggeriscono lo scenario fin qui esposto. Da un lato abbiamo una buonadensità imprenditoriale nell'industria alimentare che è prova di un'agricoltura che cerca di proiettarsi"a valle", magari in forme ancora micro-artigianali, e, secondo, uno svantaggio contenuto sul pianodel tasso d'industrializzazione leggera 7 (correlazione negativa di -0,24) delle aree rurali verso quellea minor ruralità.Il tessuto produttivoIl quadro fin qui delineato è parzialmente migliorato dalla presenza di una certa varietà, e quindidiversificazione delle attività produttive, riscontrabile negli ambiti rurali. Ci si riferisce qui allanumerosità delle specie di iniziative economiche presenti in un ambito geografico definito e, in6 Le stime dei redditi a livello comunale risultano, purtroppo, molto datate per l'Umbria e sicuramente quell’adottata è lapiù attendibile.7Con tale termine è inteso il “made in Italy” quindi industria del legno e del mobile, del tessile, delle pelli e cuoio edell’abbigliamento e calzature.Pag. 21

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