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PIANO DI SVILUPPO RURALE PER L'UMBRIA 2000-2006 - Inea

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L’andamento degli aggregati economici.In generale il quadro economico presenta, nel periodo 1985-96 un tasso di crescita del PIL (perapprofondimenti consultare le tabelle di analisi socioeconomica, in particolare la tabella 11) in lineacon quello nazionale che si attesta sul 2% annuo; tale valore viene sostanzialmente confermatoanche nel sottoperiodo 1993-95 (2,2%) facendo registrare al 1995 un Pil di 24365,5 mld in lirecorrenti (per approfondimenti consultare le tabelle di analisi socioeconomica, in particolare latabella 8). In ambo i casi i tassi di crescita sono modesti e scontano prevalentemente i bassi livellidelle esportazioni regionali. E’ infatti sulla competitività verso la domanda estera (perapprofondimenti consultare le tabelle di analisi socioeconomica, in particolare la tabella 12) chealtre aree d’Italia hanno, nel periodo in questione, basato la loro ripresa economica mentre perl’Umbria tale voce, pur avendo fatto registrare il più alto incremento percentuale tra le regioni delcentro Italia dal 1993 al 1995 (+ 67,9%), costituisce in assoluto solo il 14,5% del PIL con unammontare al 95 di 3533 mld..Una leggera nota positiva viene dagli investimenti fissi lordi che per le regioni dell’Italia centrale,1993-95, sono cresciuti ad un tasso medio annuo del 6,7% doppiando il dato nazionale.Passando al Valore Aggiunto (VA) (per approfondimenti consultare le tabelle di analisisocioeconomica, in particolare la tabella 10) da un confronto con la situazione nazionale emergeche, in termini di incidenza sul PIL regionale, l’Umbria si è caratterizzata mediamente, nel periodo1985-96, per un maggior peso del primario (5,21%) e dell’agro-industria (3,72%) ma anche dellecostruzioni e del turismo Tali valori medi trovano rispondenza anche nei valori del 1995 conl’agricoltura che incide per il 4,78% e l’agroindustria per il 3,98% (per approfondimenti consultarele tabelle di analisi socioeconomica, in particolare la tabella 9).L’importanza economica del settore delle costruzioni a livello regionale, testimonia oltre alleattività di recupero del patrimonio edilizio nelle aree colpite dai terremoti, anche una certa vivacitàdel fenomeno residenziale che negli ultimi anni si è manifestata nelle zone con andamentidemografici positivi (per approfondimenti consultare le tabelle di analisi socioeconomica, inparticolare la Tabella 6).In termini di tasso di crescita medio annuo, 1985-96, l’agroindustria ha dimostrato di essere un“motore propulsivo” non trascurabile per la crescita economica regionale, avendo registrato unvalore (2,5%) secondo solo a quello dei servizi (3,3%). Malgrado ciò rimane uno scarto sensibilerispetto al dato nazionale e del Centro-Nord, che evidenzia gli ormai noti problemi di arretratezzastrutturale, di coordinamento e organizzazione esistenti all’interno delle filiere agroalimentari (perapprofondimenti consultare le tabelle di analisi socioeconomica, in particolare la Tabella 11).L’occupazioneCostituisce, insieme alle infrastrutture, la nota dolente del panorama regionale visto che nel periodo1993-97 il divario con le regioni settentrionali è aumentato. Infatti, in questo periodo, a fronte di unincremento contenuto degli attivi (+1,8%) si è verificato una sostanziale tenuta degli occupati (-0,3%) e un aumento dei disoccupati (+26,1%) in linea con l’andamento del meridione (perapprofondimenti consultare le tabelle di analisi socioeconomica, in particolare le tabelle 13 e 14).Dall’analisi della struttura dell’occupazione emerge un altro elemento che concorre nelcaratterizzare in negativo la situazione regionale. Infatti se i dati relativi all’agricoltura (-20%) nonfanno altro che confermare la dinamica generale italiana, e quelli dei servizi evidenziano unfortissimo incremento (9,3%), dovuto in parte ai bassi livelli assoluti di partenza, la componenteindustriale segna il passo pesantemente (-10,6%) evidenziando una realtà in cui lo sviluppo dellePMI non ha raggiunto quel grado di diffusione e quel livello proprio delle regioni Nec. Esiste cioèun momento di scollatura nei confronti di regioni quali le Marche e quelle del Nord Est essendovenuti meno quegli ispessimenti territoriali e quell’atmosfera di reciproco condizionamento chehanno spinto queste regioni verso una forte ripresa economica.Pag. 26

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