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) non tiene in nes<strong>su</strong>n conto del diritto di ogni essere umano alla lingua materna;<br />
ora, le battaglie che si combattono in Sardegna da 50 anni per il diritto alla<br />
lingua sarda, nascono non contro l’ingresso dell’Italiano in Sardegna, ma contro<br />
il fatto che l’introduzione dell’italiano ha finora significato tagliare la lingua sarda,<br />
cioè espropriare il <strong>po</strong><strong>po</strong>lo sardo della <strong>su</strong>a lingua materna;<br />
<strong>su</strong>ll’im<strong>po</strong>rtanza della lingua materna non si insisterà mai abbastanza. L’ONU,<br />
l’UNESCO e l’UE sono assai rigorose nel difenderla;<br />
la prima sciagura che colpisce i <strong>po</strong><strong>po</strong>li che perdono la lingua materna a vantaggio<br />
di una straniera innestatasi al <strong>su</strong>o <strong>po</strong>sto, è la diffusione di una straordinaria<br />
<strong>po</strong>vertà lessicale, che genera grande insicurezza, specie tra chi della nuova lingua<br />
deve fare uso;<br />
per un bambino italiano, la cui lingua materna coincide con quella studiata a<br />
scuola, è facile <strong>su</strong>perare gli ostacoli legati alla conoscenza dell’italiano: basta chiedere<br />
alla mamma: “Qual è il femminile di ni<strong>po</strong>te?”, che ris<strong>po</strong>nderà: “La ni<strong>po</strong>te”.<br />
Così non è per un bambino sardo, in quanto la <strong>su</strong>a lingua materna non coincide con<br />
quella studiata a scuola;<br />
se invece trovasse il sardo <strong>po</strong>trebbe chiedere alla mamma: “Qual è il femminile<br />
di nebodi?”, e lei ris<strong>po</strong>nderebbe: “Neta”;<br />
il discorso della lingua materna si è reso necessario per capire che la LSC è, in<br />
sostanza, ancora la lingua materna per chi parla Logudorese, ma non è la lingua<br />
materna per chi parla Campidanese;<br />
infatti, dal momento che le differenze tra le due norme della lingua sarda sono rilevanti,<br />
non è <strong>po</strong>ssibile che un bambino campidanese, che sente dire nel <strong>su</strong>o Territorio centu o<br />
cuàturu, sia obbligato (a scuola) a dire chentu o bator (ugualmente per un bambino del<br />
Ca<strong>po</strong> di Sopra se fosse obbligato a dire centu o cuàturu) senza che si prenda atto che si<br />
è combattutto per 50 anni inutilmente per il diritto alla lingua materna;<br />
c) non nasce da nes<strong>su</strong>n dibattito e da nes<strong>su</strong>n parere, né di coloro che parlano<br />
sardo quotidianamente, né dai luoghi dell’istruzione e della cultura, come scuole<br />
e università, né dai luoghi deputati a esprimere e rappresentare l’opinione del<br />
<strong>po</strong><strong>po</strong>lo sardo come i Comuni, le Provincie e il Consiglio regionale;<br />
inoltre, l’esistenza di una <strong>su</strong>p<strong>po</strong>sta necessità normativa che obbligherebbe la Regione a<br />
pro<strong>po</strong>rre una lingua sarda con una sola norma è una bugia grande quanto una montagna;<br />
nes<strong>su</strong>n Paese democratico, a meno di essere affetto da follia, deciderebbe di<br />
gettare nella spazzatura una parte della <strong>su</strong>a cultura. E nes<strong>su</strong>no al mondo può pensare<br />
di obbligare un Paese a usare una sola varietà anziché due o tre o quattro;<br />
la decisione di organizzare la lingua sarda con una norma unica scaturisce, invece,<br />
a nostro parere, dalla testa di alcuni intellettuali e <strong>po</strong>litici, che forse, credono<br />
di vivere nell’Ottocento per <strong>po</strong>ter pensare che le lingue <strong>po</strong>ssano ancora, per decreto,<br />
prendere la via dell’immondezza;<br />
riteniamo, ancora, che i sostenitori dell’idea che il sardo deve avere per forza<br />
impag. Nuovo 31<br />
9-03-2009, 19:06<br />
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