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Ainas po su sardu - DOMU

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5.1. Vocali<br />

Il sistema vocalico campidanese ha sette fonemi:<br />

[a], [ɛ] (/e/ aperta), [e] (/e/ chiusa), [i], [ɔ] (/o/ aperta), [o] (/o/ chiusa), [u].<br />

Le vocali toniche latine (che insieme ai dittonghi sono indicate nella Tabella 1<br />

a pag. 88) restano uguali in Sardo senza mutare a seconda della lunghezza che avevano<br />

nella parola latina, come accade invece in altre lingue neolatine. La differenza<br />

di apertura della /e/ e della /o/ in sardo dipende solo dalla qualità della vocale che<br />

segue nella sillaba finale (fenomeno della metafonesi): se quest’ultima è aperta (/a,<br />

e, o/) la vocale tonica è aperta anch’essa, se invece è chiusa (/i, u/) la vocale tonica<br />

è chiusa allo stesso modo.<br />

Questa regola ha solo un’eccezione. Poiché in campidanese le vocali finali sono<br />

solo tre (/a, i, u/), giacchè l’op<strong>po</strong>sizione e/i è neutralizzata a vantaggio della /-i/ e<br />

l’op<strong>po</strong>sizione o/u è neutralizzata a vantaggio della /-u/, si <strong>po</strong>ssono trovare parole in<br />

cui la /-e-/ e la /-o-/ toniche si leggono aperte anche se l’ultima vocale è chiusa (/-i/<br />

o /-u/). Ciò avviene quando la /-i/ viene da una /-e/ etimologica o la /-u/ viene da<br />

una /-o/ etimologica (vedi la Tabella 2 a pag. 91).<br />

Le vocali atone in campidanese seguono una via molto diversa e instabile, <strong>po</strong>iché<br />

presentano fenomeni di assimilazione, disassimilazione e influenza delle consonanti<br />

circostanti (vedi la Tabella 3 a pag. 91). Perciò esistono, per molte parole, forme<br />

diverse che <strong>po</strong>ssono cambiare da paese a paese, da persona a persona e talvolta<br />

perfino nella stessa persona in momenti diversi del discorso.<br />

In questo lavoro di normalizzazione, come già detto nel paragrafo 3.1.1.b, pensiamo<br />

che, in caso di forme diatopiche all’interno del dominio Camp., sia giusto<br />

pro<strong>po</strong>rre come standard la forma più vicina all’etimologia.<br />

E’ fenomeno caratteristico del sardo non ammettere nella pronuncia parole che<br />

terminino in consonante, quindi normalmente aggiunge una vocale alla fine (detta<br />

paragogica), che quasi sempre (con <strong>po</strong>che eccezioni) è uguale all’ultima vocale.<br />

Come regola generale diremo che questa vocale aggiunta al termine non dovrebbe<br />

mai essere scritta, ma preferiamo metterla quando non è chiaro che sia una paragogica<br />

ma sembra far parte della parola stessa: ciò avviene soprattutto nei pronomi, negli<br />

avverbi e nei nomi che in latino terminavano in /-r, -l, -n, -t/.<br />

Un consiglio per accertare se una vocale paragogica si dovrebbe scrivere o<br />

meno è quello di verificare se si pronuncia sempre in ogni <strong>po</strong>sizione di fonetica<br />

sintattica: se è così vuol dire che ormai fa parte della parola quindi la scriviamo,<br />

se invece in qualche circostanza cade con la consonante stessa vuol dire che non<br />

fa parte della parola e quindi non la scriviamo (es. in cras non la scriviamo perché<br />

si può dire /cra’ partu/, in no<strong>su</strong> la scriviamo perché la parola non può mai essere<br />

troncata a */no’/).<br />

impag. Nuovo 87<br />

9-03-2009, 19:07<br />

87

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