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percorso iniziatico. Entrati nella Giudecca, Dante e Virgilio si trovano di fronte il principe<br />
degli angeli caduti, la “creatura ch’ebbe il bel sembiante”, colui che, dirà Dante nel Paradiso<br />
“fu la somma d’ogne creatura”, ma che qui, al centro della terra, nel punto più lontano dal<br />
Principio, è adesso tanto brutto quanto allora fu bello.<br />
Quando noi fummo fatti tanto avante<br />
ch’al mio maestro piacque di mostrarmi<br />
la creatura ch’ebbe il bel sembiante,<br />
d’innanzi mi si tolse e fè restarmi,<br />
“Ecco Dite “ dicendo “ ed ecco il loco,<br />
ora convien che di fortezza t’armi”.<br />
La sua apparizione segna per Dante un momento assai importante e difficile nel percorso<br />
iniziatico: il poeta si rivolge al lettore ( come tante volte nei momenti in cui ritiene necessario<br />
richiamare la sua attenzione, per saper leggere ‘sotto il velame’) e lo prega, se ha “fior<br />
d’ingegno” di comprendere come egli non morì e non rimase vivo. La contraddizione dà il<br />
senso della morte mistica di Dante in quell’istante in cui ha di fronte - e dovrà andare oltre -<br />
il simbolo più significativo della separazione, del dualismo insito nel mondo del divenire.<br />
Egli non muore perché fisicamente vive e comincia anche ad essere vivo alla vita spirituale;<br />
ma nel contempo non rimane vivo poiché sta superando le contingenze della vita materiale<br />
verso la trascendenza.<br />
Com’io divenni allor gelato e fioco,<br />
nol dimandar, lettor, ch’io non lo scrivo,<br />
però ch’ogne parlar sarebbe poco.<br />
Io non mori’ e non rimasi vivo;<br />
pensa oggimai per te, s’hai fior d’ingegno,<br />
qual’io divenni, d’uno e d’altro privo.<br />
La successiva descrizione dell’”imperador del doloroso regno” è fortemente<br />
suggestiva e non manca di un apparente forte realismo, sotto cui è tuttavia facile scoprire<br />
tutto il discorso simbolico.<br />
Con meraviglia Dante vede che Lucifero ha tre facce, una di un rosso cupo, un’altra tra il<br />
bianco e il giallo ed una terza nerastra. Ai colori si possono accostare diversi significati: dal<br />
paragone in negativo con le prerogative della Divina Trinità ( odio, ignoranza ed impotenza,<br />
contrapposti a primo amore, somma sapienza e divina potestate ), ad un allegorico rovescio<br />
delle tre virtù teologali sino alla rappresentazione, seppure qui in valenza negativa,<br />
dell’opera alchemica.<br />
Oh quanto parve a me gran maraviglia<br />
quand’io vidi tre facce a quella testa!<br />
L’una dinanzi, e quella era vermiglia;<br />
l’altr’eran due, che s’aggiugnieno a questa