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quaderno n.3 - ars

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72-105). Tale amore è materno. La Vergine Maria è madre ìper eccellenza, Lucia è santa<br />

protettrice, Beatrice agisce come una madre che cerchi di recuperare un figliolo smarrito:<br />

materno appare anche il rimprovero che ella rivolge a D. nel Purgatorio (Purg XXXI,<br />

22-69). Virgilio stesso è paragonato a una madre in Inf XXIII, 38 e XXXI, 28 e 35. Per<br />

completezza si noti che Beatrice è figura materna anche nel Paradiso (Par I, 100-102).<br />

D. ora è pronto a entrare nella fase preparatoria della terapia che consiste nell’andare a<br />

conoscere la condizione di coloro i quali non hanno saputo o non hanno potuto cercare la<br />

salvezza. Perduta la ragione, il ben dell’intelletto (Inf III, 18), essi hanno perciò perduto la<br />

speranza. L’Inferno appare allora un regno della follia:<br />

Quivi sospiri, pianti e alti guai<br />

risonavan per l’aere sanza stelle,<br />

per ch’io al cominciar ne lagrimai.<br />

Diverse lingue, orribili favelle,<br />

parole di dolore, accenti d’ira,<br />

voci alte e fioche, e suon di man con elle<br />

facevano un tumulto(Inf III, 22-28)<br />

Anche se, propriamente, i versi sopracitati si riferiscono alla vasta moltitudine (Inf III, 55)<br />

degli ignavi, coloro che visser sanza infamia e sanza lodo (Inf III 35-36), si possono<br />

leggere come rappresentazione della condizione umana nell’inferno della follia. Nella<br />

condizione dell’ ignavo, invero, la follia propriamente detta è assente, ma è presente il<br />

tormento indotto dalla realtà esterna, realtà che egli subisce ma su cui non agisce. L’ignavo<br />

ha oltrepassato la porta su cui è scritto lasciate ogni speranza, voi ch’entrate (Inf III, 9): la<br />

sua inerzia lo priva della speranza perchè in quanto inerzia gli impedisce di cercare un<br />

cambiamento. Quello che lo differenzia dai dannati sulla riva dell’Acheronte, fiume del<br />

dolore, è la mancanza della disperazione. La disperazione implica azione. I disperati<br />

dell’Inferno sono imbevuti del loro male e agiscono ubbidendo al male che è in loro.<br />

L’ignavo non è schiavo della lussuria o dell’ira, non uccide, non trama frodi e tradimenti,<br />

non cerca di essere ciò che non è, perchè anche questo implica movimento, azione.<br />

L’ignavo non fa nulla. Il non avere speranza non costituisce un motivo di dolore psichico<br />

perchè dal suo punto di vista il fatto non sussiste. La sua vita scorrerebbe tranquilla se non<br />

dovesse continuamente difendersi dai continui fastidi quotidiani. Nei dannati che attendono<br />

la barca di Caronte, forza inarrestabile e implacabile, la disperazione è presente e si esprime<br />

con rabbia cieca e impotente (Inf III, 103-105). Lo spettacolo della perdizione ha effetto<br />

traumatico su D., fino allo svenimento.<br />

Al risveglio D. è davanti all’abisso, il baratro della mente che non conosce se stessa, pieno<br />

d’infiniti dolori e la cui esplorazione richiede l’aiuto esterno:<br />

Vero è che èn su la proda mi trovai<br />

della valle d’abisso dolorosa<br />

che truono accoglie d’infiniti guai.<br />

Oscura e profonda era e nebulosa<br />

tanto che per ficcar lo viso a fondo,<br />

io non vi discernea alcuna cosa

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