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quaderno n.3 - ars

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melodie. Il paesaggio "primario" consiste sopra tutto in questi sfondi di splendori danzanti e<br />

cantanti, fino alla scritta ed all'aquila (degne di un pubblicitario creativo moderno) del cielo<br />

di Giove. Di questo paesaggio fa parte anche una delle invenzioni più straordinarie di<br />

Dante, forse ispirategli dai rosoni delle cattedrali gotiche (quello di Chartres, probabilmente<br />

contemplato dal poeta, rappresenta proprio il trionfo dei beati in Paradiso): la CANDIDA<br />

ROSA, riferimento e sfondo costante degli ultimi canti (nel giallo della rosa sempiterna,<br />

XXX, 124; in forma dunque di candida rosa, XXXI, 1) consente al paesaggio paradisiaco<br />

di trovare la sua compiuta espressione; e se supponiamo (come il Contini ha<br />

persuasivamente sostenuto) che Dante quindicenne abbia tradotto il Roman de la rose e<br />

ricordiamo il significato erotico del fiore in quel contesto, ci rendiamo conto del lungo<br />

percorso e dell'evoluzione del poeta e della sua poesia. Più sovente però, come si diceva, il<br />

paesaggio (terreno e insieme sublimato dall'uso che il poeta ne fa) serve come similitudine,<br />

metafora, "umbrifero prefazio" della indicibile realtà celeste. Già nel Purgatorio c’erano<br />

similitudini di questo genere (e da una di esse - canti V, vv. 37-40 - ho ricavato il titolo di<br />

questa riflessione), ma nel Paradiso costituiscono una tecnica costante e caratteristica. Così<br />

troviamo spesso, nella terza cantica, aperture brevi ma straordinarie di paesaggi come<br />

trasfigurati e finalizzati ad aiutare il lettore a comprendere o almeno intuire aspetti della<br />

esperienza ultraterrena. Vediamo alcuni esempi significativi, distinguendoli in tre tipologie:<br />

a) paesaggi d'acqua;<br />

b) loci amoeni;<br />

c) visioni cosmiche e notturni.<br />

a) ... un mormorar di fiume...<br />

Già nel canto primo, come metafora del mondo finalizzato e guidato dalla Provvidenza, il<br />

poeta usa l'immagine dell'oceano, lo gran mar de l'essere (che poi torna nell'ultimo canto,<br />

con la similitudine di Nettuno contemplante con stupita ammirazione dal fondo l'ombra di<br />

Argo, la prima nave); ma è nel canto III che Dante utilizza in modo efficace e suggestivo<br />

immagini d'acqua, a far da cornice, sfumata e nitida insieme, alla apparizione e sparizione di<br />

Piccarda: l'anima appare infatti come specchiata in acque nitide e tranquille, per poi<br />

dilegu<strong>ars</strong>i come per acque cupe cosa grave; e raramente nell'opera, che pure conferisce<br />

all'acqua un significato salvifico e di purificazione e dà quindi ad essa grande importanza,<br />

un paesaggio, appena accennato, ha risonanze etico-spirituali così significative. Interessanti<br />

sono poi alcune similitudini che sottolineano il rapporto acqua-luce; cosi, II, 34 sgg., ad<br />

illustrare l'ingresso nel pallido lucore del cielo della luna:<br />

Per entro sé l'eterna margarita<br />

ne ricevette, com'acqua recepe<br />

raggio di luce permanendo unita ...<br />

o ancora (IX,114) la variante come raggio di sole in acqua mera. Accanto alla visione,<br />

appare anche la musica dell'acqua: quando all'inizio del canto XX, il poeta vuole esprimere<br />

il form<strong>ars</strong>i della voce nel collo dell'aquila (costituita dall'insieme delle anime del cielo di<br />

Giove) rievoca lo scrosciare di un corso d'acqua di montagna che scorre alimentato da una<br />

ricca sorgente: e dinanzi al lettore rapito da quel mormorar di torrente alpino si dipinge con

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