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quaderno n.3 - ars

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di tali ìvirtùî, speranza e fede, sono presupposto per la terapia anche da parte del paziente,<br />

che non può intraprenderla senza fiducia nel terapista o speranza di miglioramento.<br />

Beatrice continua la funzione di terapeuta che era stata di Virgilio, ma la sua azione è<br />

qualitativamente differente. Con la sparizione di Virgilio passiamo dalla fase cognitiva, che<br />

si appella alla ragione, alla fase emotiva della terapia, in cui effettivamente fede e carità<br />

ìconducono la danzaî. Beatrice svolge il ruolo che non è stato possibile a Virgilio. L’atto<br />

salvifico è l’amore puro di Beatrice la quale, dopo il rimprovero a D., che lo scuote e gli fa<br />

provare infinita vergogna di se stesso, lo accoglie senza riserve.<br />

Al rimprovero di Beatrice a D., in cui si sostiene che sono la seduzione e la bellezza fisica a<br />

muovere l’uomo (Purg XXXI, 45 e 50), segue l’immagine del Grifone, tradizionalmente<br />

inteso come simbolo della natura umana e divina di Cristo, ma che possiamo interpretare<br />

come simbolo della parte istintiva e di quella razionale dell’uomo, la fera / ch’è sola<br />

persona in due nature (Purg XXXI, 80-81). E’ Beatrice, la donna capace di dirigere ed<br />

elevare con il suo amore, a tenere la fera sotto controllo.<br />

D. si ritrova poi tra le braccia di Matelda, immerso nel Lete, nel fonte battesimale, nell<br />

liquido amniotico: è la rinascita, è il riaprirsi al mondo con innocenza per poi lasci<strong>ars</strong>i<br />

andare ai mille disiri più che fiamma caldi (Purg XXXI, 118). Qui i ìdesiriî sono però volti<br />

a Beatrice, nei cui occhi si riflette il grifone come l’immagine di D. si era già riflessa nel<br />

Lete (Purg XXIX, 67-69). Qui D. è tutto contenuto nella donna. Oserei dire che il grifone<br />

è D. stesso, con la sua duplice natura istintiva e razionale e perciò riflesso anche negli occhi<br />

della donna che attraverso il rimprovero lo ha reso pienamente consapevole di sè. Il viaggio<br />

terapeutico di D. non finisce qui. L’allegoria cristiana del carro rappresentante la Chiesa,<br />

trainata da Cristo, il grifone (Canto XXXII) non ci preclude anche qui la una<br />

interpretazione alternativa. Se, come si è detto, il grifone è l’uomo nella sua duplice natura, è<br />

possibile vedere nel carro il bagaglio della sua esperienza. Il carro è poi legato a una pianta,<br />

simbolo di crescita, di sviluppo. Segue un evento esterno, la discesa dell’aquila, che agisce<br />

distruttivamente su tale potenziale di crescita dell’individuo e ferisce il carro, piegandolo<br />

come nave in fortuna (Purg XXXII, 116): D. è ancora un legno sanza vela e sanza governo<br />

(Convivio I, III, 5). Sul carro agiscono inoltre gli istinti e l’inganno, una volpe (Purg<br />

XXXII, 119: non è difficile vedere nel drago un atto di erotismo violento.<br />

Poi parve a me che la terra s’aprisse<br />

tr’ambo le ruote, e vidi uscirne un drago<br />

che per lo carro su la coda fisse;<br />

e come vespa che ritragge l’ago,<br />

a sè traendo la coda maligna,<br />

trasse del fondo, e gissen vago vago (Purg XXXII, 130-135).<br />

Ciò che ne risulta è il vizio e la donna che siede sul carro non è la figura angelica della<br />

gioventù, ma la puttana, essa stessa schiava della violenza e del male che trascina lei e il<br />

carro per la selva.<br />

A questo punto non resta che liber<strong>ars</strong>i da tema e da vergogna (Purg XXXIII, 31), perchè il<br />

passato non è più (Purg XXXIII, 34-35). E’ un blocco mentale a ostacolare la<br />

comprensione (Purg XXXIII, 75-75), eventi e preoccupazioni possono offuscare la vista

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