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che essa ha allora una forma più letteraria ed artistica, meno religiosa. E' dipinta, scolpita,<br />
raccontata in verso ed in prosa, in latino e nelle lingue volgari; ma è assai più spesso<br />
narrazioni di fatti avvenuti a Santi da gran tempo morti, che storia di visioni avute da<br />
contemporanei. In questo periodo, l'Irlanda dimostra una singolare attività, producendo<br />
quelle che son forse le tre leggende più popolari del medio evo, e pigliano il nome appunto<br />
da tre irlandesi: S. Brandano, S. Patrizio, e Tundalo”; più oltre, il Villari cita la Visione di S.<br />
Paolo, la Aurea leggenda, Gioacchino da Fiore, la Leggenda di Virgilio Mago, e la Visione<br />
di frate Alberico.<br />
La Visione di Frate Alberico, monaco di Montecassino, riportata in un codice originale<br />
cassinese, fu occasione di varie dispute sulla originalità della Divina Commedia: “Egli ci<br />
narra come trovandosi, all'età di nove anni, nel castello de' suoi avi, chiamato dei Sette Frati,<br />
in Terra di Lavoro, cadde in uno sfinimento tale, che lo fece poi uscire de' sensi. Ebbe allora<br />
la visione. Una colomba, accostatasi a lui, lo sollevò da terra, pigliandolo pei capelli. E<br />
subito dopo, in compagnia di S.Pietro, che gli fu di guida, e di due angeli, cominciò il<br />
misterioso viaggio per l'inferno. Ivi troviamo le lacrime di sangue, i fiumi di pece ardente, i<br />
laghi di fuoco, le valli di gelo, i ponti da cui precipitano le anime dei peccatori, i cappucci di<br />
piombo, che ne incurvano le teste, e il gran Verme che ispira ed aspira le anime dei dannati,<br />
ridotte in faville…Il purgatorio e l'inferno sono ancora confusi; ma gli angioli e le anime dei<br />
beati sono distribuite negli astri, che Alberico percorre, accompagnato dalla sua guida.<br />
Questa gli parla a lungo della vita monastica,.. ed allude ad altri fatti e persone note ad<br />
Alberico. Percorrono insieme diverse regioni della terra [ visitano anche il Purgatorio dei<br />
"parvoli"], ove sono spettatori di nuovi tormenti e nuovi tormentati, che non si sa ben dire<br />
se sono descritti come fatti reali o allegorici…” ( Antiche leggende, pagg.xxxiv-xxxv)<br />
E' noto, grazie alla pubblicazione, il 1919, de La escatologia musulmana en la Divina<br />
Commedia dell'arabista Miguel Asin Palacios ( tradotta in italiano il 1994 come Dante e<br />
l'Islam), e a quella del Libro della scala di Maometto ( curato da Cerulli il 1949 e da<br />
Saccone il 1991), che anche la cultura islamica ha avuto la possibilità di influenzare la<br />
concezione della Commedia, anche se con l'avvertenza che la leggenda musulmana del<br />
viaggio notturno e dell'ascensione al cielo di Maometto presenta elementi comuni con le<br />
ascensioni giudaico- cristiane apocrife di Mosè, Enoc, Baruc e Isaia. Anche a proposito<br />
della concezione del "lumen gloriae", di plotiniana ascendenza, l'Asin Palacios sottolinea<br />
che “ è anche certo che lo stesso Aquinate confessa di essersi rivolto a cercare ispirazione,<br />
per document<strong>ars</strong>i su questo problema, non ai Santi Padri né ai teologi scolastici, ma ai<br />
filosofi musulmani: l'autorità di Al-Farabi, Avicenna, Ibn Bagiah e Averroè è da lui<br />
invocata quando si tratti di spiegare filosoficamente le modalità della visione beatifica”. Alle<br />
pagg. 245-259 Asin Palacios sintetizza i maggiori punti di contatto, veramente numerosi e<br />
non casuali, riscontrabili nelle opere di Dante e Ibn-Sarabi a proposito della loro concezione<br />
architettonica e del loro intento di simmetria materiale e morale, avendo egli notato ( op. cit.,<br />
pag. 241)che “ la concezione di Ibn 'Arabi e quella di Dante sono identiche sia nell'idea<br />
come nella loro estrinsecazione artistica. Quest'ultima, inoltre, mancava di precedenti nella<br />
letteratura cristiana medievale….”.<br />
Per il dotto arabista solo l'influsso di elementi estranei alla dottrina occidentale può spiegare<br />
il salto brusco nell'evoluzione del tema escatologico all'interno della letteratura cristiana