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Anna Rita Zara<br />
Dante e i papi del suo tempo: un drammatico rapporto<br />
Il canto III ed il XIX dell’Inferno mostrano il risentimento ed il disprezzo di Dante<br />
verso una curia che ha ormai perduto le caratteristiche evangeliche: nel canto III<br />
compare il Papa “innominato”, che però i primi commentatori di Dante identificarono<br />
con Celestino V, nel canto XIX il Papa assente, Bonifacio VIII, non ancora defunto.<br />
Entrambi sono gli artefici e gli strumenti di eventi storici che sconvolgono la Chiesa,<br />
l’Europa e la vita del poeta costretto all’esilio.<br />
Loro epigono e mostruoso corruttore, l’inquietante presenza di Clemente V rivela la<br />
decadenza del Papato in tutta la sua drammaticità.<br />
Il III canto si apre con la descrizione della Porta dell’Inferno, un’epigrafe<br />
sconvolgente e terribile nella sua essenzialità:<br />
Per me si va ne la città dolente,<br />
per me si va ne l’etterno dolore,<br />
per me si va tra la perduta gente.<br />
Giustizia mosse il mio alto fattore;<br />
fecemi la divina podestate,<br />
la somma sapienza e ‘l primo amore<br />
Dinanzi a me non fuor cose create<br />
se non etterne, e io etterno duro.<br />
Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate.”<br />
Il canto si conclude con il terremoto e con lo svenimento di Dante, con una forte<br />
sospensione drammatica:<br />
“...la buia campagna<br />
tremò sì forte, che de lo spavento<br />
la mente di sudore ancor mi bagna.<br />
La terra lagrimosa diede vento,<br />
che balenò una luce vermiglia<br />
la qual mi vinse ciascun sentimento;<br />
e caddi come l’uom cui sonno piglia.<br />
Nel mezzo del canto campeggia la visione tumultuosa di ombre dolenti che<br />
bestemmiano, di vili e di angeli neutrali, la ressa delle anime sulle rive d’Acheronte e