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quaderno n.3 - ars

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avanti, nel canto terzo, Dante teme di essere abbandonato quando non vede, accanto alla<br />

propria, l'ombra di Virgilio, e le anime degli scomunicati accorrono, stupiti per l'ombra<br />

causata dal vivo che li visita; nel canto IV, proprio da una pausa di riposo e di<br />

contemplazione del paesaggio (...Gli occhi prima drizzai ai bassi liti; / poscia li alzai al sole,<br />

ed ammirava / che da sinistra n'eravam colpiti...) nasce il dibattito scientifico-astronomico<br />

cui si accennava. Col canto VI si arriverà presso il tramonto, che giungerà, bloccando il<br />

percorso dei viandanti, nella valletta dei principi negligenti (canto VIII). Ma proprio qui si<br />

situerà un paesaggio ricco di effetti coloristici, che sembra ricolleg<strong>ars</strong>i al gusto di un Walter<br />

von del Vogelweide o di un Guinizzelli (poeti ovviamente ben presenti al nostro), un<br />

paesaggio che anticipa la bellezza della divina foresta spessa e viva della vetta della<br />

montagna:<br />

Oro e argento fine cocco biacca,<br />

indaco legno lucido sereno,<br />

fresco smeraldo in l'ora che si fiacca,<br />

dall'erba e dalli fior, dentr'a quel seno<br />

posti ciascun saria di color vinto,<br />

come dal suo maggiore è vinto il meno.<br />

Dopo l'ingresso nel purgatorio vero e proprio (canto IX), l'attenzione del narratore è<br />

focalizzata e quella del lettore indirizzata maggiormente sugli elementi della interiorità,<br />

dell'espiazione, della fraternità, che non sul paesaggio: la percezione "visiva" è concentrata<br />

sugli exempla o sull'osservazione delle pene: non mancano tocchi descrittivi come il livido<br />

color della petraia che fa da sfondo agli invidiosi accecati, o gli alberi dei golosi, o la visione<br />

di un cielo luminoso nella terza notte (canto XXVII), quando Dante si appresta al riposo tra<br />

Virgilio e Stazio, sulla scala infossata che porta alla cima:<br />

...vedea io le stelle<br />

di lor solere e più chiare e maggiori.<br />

Ma il trionfo del locus amoenus è la foresta del paradiso terrestre, chiara antitesi della<br />

selva infernale, quasi a segnare i due punti essenziali dell'itinerario dell'agens, quello iniziale<br />

del peccato e quello conclusivo della redenzione. Siamo nel canto XXVIII, e gli ultimi sei<br />

canti del Purgatorio saranno segnati dall'atmosfera di renovatio spirituale suggerita dalla<br />

freschezza del paesaggio della foresta, non più interpretata come luogo di oscurità o di<br />

paura, (come accadeva all’inizio dell’Inferno) ma come simbolo di raggiunta armonia, di<br />

sintonica e simbolica rispondenza tra uomo ed ambiente (il luogo ideale dei moderni<br />

ecologisti?). Dante, attento osservatore, ci indica anche, come è soltito fare, il modello<br />

terreno del suo luogo edenico: è la pineta di Classe (cfr. XXVIII, 20), nella quale il poeta<br />

passeggiava negli ultimi anni di vita, ospite onorato di Guido Novello da Polenta nella<br />

vicina Ravenna.<br />

La descrizione della foresta edenica è la dimostrazione della perfetta adattabilità della<br />

ispirazione dantesca alle tematiche più diverse: il poeta-scultore delle statuarie figure eroiche<br />

e tragiche, il disegnatore nervoso e drammatico dell'antinatura infernale, si trasforma nel<br />

pittore delicato e sensibile, attento alle sfumature ed ai colori, nel musico raffinato, capace di<br />

cogliere gli aspetti fonici con un senso dell'armonia eccezionale, senza peraltro rinunciare<br />

alla precisione ed al vigore che sono le sigle della sua musa. Dopo la sensazione tattile

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