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e questa sola m’è di là rimasa. V. 145<br />
Con sorprendente riposta intenzione Dante fa qui cadere il discorso su questa Alagia,<br />
la quale nel contesto poteva assai bene essere taciuta, ma questa intenzione è tanto più degna<br />
di nota, in quanto la nipote di Papa Adriano V, fu moglie di Morello Malaspina, marchese<br />
di Giovagallo.<br />
Questo Morello di :<br />
vapor di val di Magra (inferno XXIV, V. 145)<br />
che condusse tra il 1302 ed il 1306 una guerra contro Pistoia governata dai bianchi,<br />
che ebbe nella presa del castello di Serravalle (1302) ed in quella di Pistoia i suoi episodi<br />
più notevoli.<br />
Intorno ai rapporti di Dante con questa donna no possediamo altro sostegno che<br />
questo passo. Dal Federici però sappiano che il padre di lei Nicolò Fieschi, fratello di<br />
Ottobono, ebbe dalla moglie Leonetta molti figli, tra i quali il più famoso fu Luca, Cardinale<br />
diacono col titolo di Santa Maria in via Lata, che fu uno dei cardinali incaricato da Papa<br />
Clemente V di incoronare Imperatore a Roma, Arrigo VII di Lussemburgo.<br />
Di Dante sappiamo che dopo le prime esperienze d’esilio vissute tra i fuorusciti<br />
bianchi in Toscana, nella sua vana ricerca di una possibile via per poter tornare a Firenze, si<br />
decise sdegnosamente a “far parte per se stesso”.<br />
Questa coscienziosa decisione determinò l’esilio definitivo, da lui accettato ed<br />
affrontato con tutto quanto di amaro e di imprevisto che in sé contiene.<br />
Il suo primo rifugio fu Verona, dove la famiglia degli scaligeri lo accolse<br />
onorevolmente.<br />
Tra la famiglia Scaligera e i Malaspina esistevano dei rapporti di parentela e interessi di<br />
natura politica.<br />
è quindi lecito pensare che sulla base di questi rapporti, abbia preso consistenza tra gli<br />
scaligeri, l’idea di un incarico di fiducia da affidare a Dante presso i Malaspina.<br />
D’altra parte ai Malaspina non era certo sconosciuto il nome di Dante, non solo quale<br />
partecipe alla vita politica di Firenze, ma forse ancor più per la forma con ui egli era salito<br />
quale esponente di un gruppo iniziatore di una nuova scuola poetica già ben nota presso le<br />
corti Malaspiniane e principalmente presso quella di Franceschino di Mulazzo, per la<br />
protezione che questo accordava ai poeti esuli di Provenza e di Toscana.<br />
In base a queste considerazioni, acquista una logica spiegazione il primo dei due<br />
documenti ai quali è affidata la sicura testimonianza della permanenza di Dante in<br />
Lunigiana.<br />
Il primo documento riguarda l’atto di procura con il quale Franceschino Malaspina<br />
per sé e per i suoi fratelli Moruello di Giovagallo e Corradino di Villafranca, affidarono a<br />
Dante l’incarico di trattare la pace col Vescovo Conte di Luni, Antonio da Camilla.<br />
Questo atto, strumento giuridico necessario per la stesura del successivo trattato di<br />
pace, fu stipulato nella piazza del Calcandolo da Sarzana, la mattina del 6 ottobre 1306<br />
nell’ora prima “ante missam”, dal notaio ser Giovanni di Parente di Stupio.<br />
Il secondo documento, il vero e proprio atto di pace, venne redatto a Castelnuovo<br />
Magra dove il vescovo si era ritirato per sfuggire alle febbri della malaria. Lassù, la mattina