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quaderno n.3 - ars

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(Purg III, 78) Nel Purgatorio abbiamo uomini solo fino a un certo punto corrotti dai loro<br />

vizi e con un Io sufficientemente integro da lasciare spazio ai cambiamenti e alla speranza.<br />

Abbiamo allora Casella, con la bella amicizia per D. e la sua musica, terapia all’ansia del<br />

Poeta (Purg II, 106-110); Manfredi, che ci ricorda la fallacità del giudizio umano e del<br />

bisogno dell’aiuto esterno nel processo catartico (Purg III, 145), aiuto che deve venire da<br />

persone sane, in grazia viva (Purg IV, 134); Belacqua, immortalato nella sua pigrizia. La<br />

vita è nei fatti di cronaca e di politica: si pensi a Iacopo del Cassero (Purg V), a la Pia (Purg<br />

V), a Bonconte da Montefeltro (Purg V), all’argomento politico nel canto di Sordello (Purg<br />

VI); la vita vera è anche nel gioco della zara che apre il Canto VI.<br />

Vi sono nel Purgatorio diversi riferimenti alla teologia cristiana che si prestano a paralleli<br />

con il linguaggio e i concetti della psicoterapia. Nel Canto IX D. deve salire tre gradini<br />

prima di raggiungere la porta del Purgatorio. Sono un’allegoria teologica che<br />

tradizionalmente simboleggia le tre parti della penitenza: contritio cordis, confessio oris,<br />

satisfactio operis. In un’allegoria del processo psicoterapeutico le tre parti consistono di:<br />

consapevolezza delle proprie difficoltà e ricerca della terapia, apertura al terapista, modifica<br />

del comportamento. Le due chiavi dell’angelo, d’oro e d’argento, rappresentanti l’autorità<br />

divina e la conoscenza del sacerdote per valutare le colpe prima d’assolverle, corrispondono<br />

all’autorità del terapista e alla sua preparazione tecnica. Il tornare indietro una volta<br />

incominciata la terapia comporta il fallimento della terapia, perciò: intrate, ma facciovi<br />

accorti / che di fuor torna chi èn dietro si guata (Purg IX, 130-131).<br />

L’insufficiente coscienza della propria condizione, potremmo dire l’insufficiente ìcoscienza<br />

di malattiaî, impedisce di cercare la cura, nella presunzione di riuscire a uscirne da sè:<br />

o superbi cristian , miseri lassi,<br />

che, della vista della mente infermi,<br />

fidanza avete ne’ retrosi passi (Purg X, 121-123).<br />

Nel Canto X, dove è punita la superbia, esempi di umiltà vengono proposti come modelli di<br />

comportamento, seguiti (Purg XII) da esempi di superbia punita e infine dagli effetti del<br />

trattamento: maestro, dì, qual cosa greve levata s’è da meÖ (XII, 118-119). E’ in fondo una<br />

forma di terapia cognitivo- comportamentale. I superbi sono gravati da pesi, simbolo della<br />

soma da cui ci si deve sgravare e per farlo occorre tempo e aiuto dall’esterno:<br />

vegna ver noi la pace del tuo regno,<br />

chè noi ad essa non potem da noi,<br />

s’ella non vien, con tutto nostro ingegno (Purg XI, 7-9).<br />

La rappresentazione simbolica del male dell’animo da cui ci si vuol liberare e la<br />

presentazione di modelli di comportamento positivi e negativi, è uno schema ripetuto nei<br />

gironi successivi del Purgatorio. Le pene, nel loro simbolismo, riflettono accuratamente<br />

la condizione d’animo di chi è affetto dai ìvizi capitaliî. Così c’è cecità nell’invidia, fumo<br />

acre nell’ira, un correre incessante nell’accidia, quasi espressione dell’agitazione interna che<br />

accompagna il depresso. La pena degli avari è qui, sulla terra, in quell’aderire tenacemente<br />

al pavimento, incapaci di volgersi a cose più alte: il loro animo è volto al suolo, come dice<br />

espressamente D. (Purg XIX, 73); sono ne’ piedi e nelle man legati e presi (Purg XIX,

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