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quaderno n.3 - ars

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In questo studio intendo proporre la Commedia come un processo terapeutico che si<br />

prepara nell’Inferno e si sviluppa nel Purgatorio. A questo fine, mi sono servito di concetti<br />

tratti dalla filosofia di Kierkegaard, in quanto precursore della psicologia analitica<br />

esistenziale; dalla patologia psichiatrica; da principi comuni a tutte le psicoterapie o<br />

specifici, per esempio, alla terapia di gruppo o alle comunità terapeutiche. Sia chiaro che<br />

non intendo attribuire a D. idee impensabili alla sua epoca. Una lettura di D. basata su<br />

principi propri della psicopatologia e della psicoterapia si giustifica quando si considerino<br />

le analogie tra il processo catartico e soterico della esperienza religiosa e la cat<strong>ars</strong>i della<br />

psiche attraverso l’esperienza psicoterapeutica. Per il fine che mi sono proposto, ho<br />

ritenuto opportuno limitare questo lavoro a Inferno e Purgatorio. Se alcuni momenti della<br />

Commedia non si adattano facilmente alla presente interpretazione, non è solo perchè la<br />

Commedia non è un trattato di psicopatologia o di terapia, ma soprattutto perchè è prima di<br />

tutto un’ opera poetica alle cui esigenze è sottoposto anche il tema religioso.<br />

L’inferno come fase di preparazione.<br />

Dante all’età di trentacinque anni si ritrova nel mezzo di una crisi esistenziale (Inf I, 1-3),<br />

da cui non vede via d’uscita. La sua esperienza è la disperazione, amara che poco è più<br />

morte (Inf I, 7). Non è però una esperienza completamente negativa e D. ci dirà del ben<br />

ch’io vi trovai (Inf I, 8). E’ nel pensiero di Kierkegaard, cinque secoli dopo e, sia chiaro,<br />

indipendentemente da D., che ritroviamo una valutazione positiva della disperazione come<br />

momento fondamentale del progresso interiore: il filosofo danese, in Enten Eller, addirittura<br />

invita a disperare. L’esperienza dello smarrimento interiore si accompagna alla paura (Inf I,<br />

4). D. si è smarrito perchè pieno di sonno (Inf I, 11): è vissuto fino ad allora senza<br />

prendere piena coscienza della sua condizione, senza conoscere se stesso. La disperazione<br />

è, nel linguaggio di Kierkegaard, malattia mortale in D. è lo passo / che non lasciò già mai<br />

persona viva (Inf I, 26-27). Credere di poterne uscire da soli è mera illusione (Inf I,<br />

22-24). L’ostacolo maggiore all’attuazione di sè è identificabile nelle pulsioni istintuali, le<br />

tre fiere rappresentanti lussuria superbia e cupidigia. La pulsione istintuale che non cessa di<br />

f<strong>ars</strong>i sentire, è la bestia senza pace (Inf I, 58) che rende schiavi, impedisce la riflessione, la<br />

crescita interiore, la realizzazione di sè e rigetta nella disperazione, là dove èl sol tace (Inf I,<br />

60). Le tre fiere hanno come attributi la superficialità e la volubilità, (lonza leggiera e presta<br />

molto Inf I, 32), l’ira (rabbiosa fame Inf I, 47) e l’insaziabilità (di tutte brame/ carca nella<br />

sua magrezza). Il mondo è un loco selvaggio (Inf I, 99) in cui per lo più non vi è salvezza<br />

dalla disperazione: udirai le disperate strida (Inf I, 115).<br />

D. riconosce che la decisione di compiere il primo passo verso la guarigione è una scelta<br />

razionale. Virgilio è simbolo di tale scelta ma è anche aiuto esterno: è il terapista di D. .<br />

Come spesso avviene nella pratica clinica, la scelta razionale di rinnov<strong>ars</strong>i, di incominciare<br />

una terapia, incontra resistenze. D. cerca scuse per evitare di intraprendere il viaggio (Inf. II,<br />

10-36) ed è accusato di viltà da Virgilio (Inf II, 45-48). L’atto di volontà, la scelta razionale,<br />

non si attua senza uno stimolo emotivo e perciò pre-razionale. In D. questo a sua volta è<br />

indotto dall’atto d’amore che, nel contesto religioso, si manifesta in una azione a catena che<br />

comincia dalla Vergine Maria e arriva a D. attraverso Lucia, Beatrice e Virgilio (Inf II,

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