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quaderno n.3 - ars

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c) Visioni cosmiche e notturni.<br />

La più celebre delle visioni cosmiche, che nel suo saggio Dante scrittore la poetessa<br />

francese J. Risset, ottima traduttrice del poema, considera quasi una prefigurazione di ciò<br />

che videro, nel 1969, i primi astronauti di ritorno dalla luna, è nel finale del canto XXII,<br />

quando Dante, dalla costellazione dei Gemelli, getta lo sguardo ai mondi sottostanti, fino<br />

alla terra, l'aiuola che ci fa tanto feroci. In realtà quella pagina ha una fonte lontana, nel VI<br />

libro della Repubblica di Cicerone, cioè il cosiddetto Somnium Scipionis, dove Scipione il<br />

giovane e l'Africano discutono della piccolezza della terra di fronte alla grandezza<br />

dell'universo: ma l'austero tema etico di Cicerone si trasfigura qui in suggestivo motivo<br />

poetico.<br />

Altre visioni di cielo entrano sotto forma di metafore, con l'osservatore posto sulla<br />

terra: un esempio è l'incipit del canto XXX, in cui il graduale scomparire dei cori angelici è<br />

paragonato allo spegnersi delle stelle nel cielo dell'alba: la perifrasi astronomica si svolge<br />

lenta, svariata d'ombre e di luci; lo sguardo del poeta conferisce al semplice fenomeno<br />

cosmico il senso della grandiosità e meraviglia che l'abitudine nasconde ai nostri occhi<br />

distratti. Ma il notturno più suggestivo è certamente quello del canto XXIII:<br />

Quale ne' plenilunii sereni<br />

Trivia ride tra le ninfe eterne<br />

che dipingon lo ciel per tutti i seni...<br />

ove l'impressione nasce più dalla musica che dal colore, come spesso avviene quando<br />

Dante tocca i temi dell'infinito: il palpitante spettacolo di un cielo gremito di stelle sembra<br />

concentrare l'immensità dello spazio cosmico nel breve giro di una miracolosa terzina; la<br />

capacità di sintesi, la brachilogia, doti caratteristiche del poeta, si manifestano pienamente in<br />

questo breve passo e ne fanno uno dei notturni più memorabili della poesia universale.<br />

Anche per questa tematica, dunque, il poeta fiorentino rivela da un lato la varietà e<br />

l'estensione della gamma espressiva di cui dispone, dall'altro la profonda aderenza alle<br />

tonalità prevalenti in ciascuna cantica e preannunziate all'inizio di esse: la terribilità paurosa<br />

della selva del I canto dell'Inferno, la freschezza di un mondo rinnovato e fervido nel<br />

Purgatorio, lo splendore della gloria di colui che tutto move dell'inizio del Paradiso<br />

costituiscono delle premesse ed indicazioni tematiche che Dante svilupperà sì con ricchezza<br />

di variazioni ma anche, come si è visto esaminando i paesaggi, con una sostanziale fedeltà.

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