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giorni, e preso dal timore esclama: "Me ne vado alle porte degli inferi"”. S.Bernardo, Opere<br />
IV, Sermoni diversi, III,1, Città Nuova Ed.<br />
“… finchè non giunse colui che infranse le porte dell'Averno, il che attendevano con ansia<br />
coloro che nel mezzo del cammin della loro vita scesero fino alle porte degli Inferi. S.<br />
Bernardo, Opere II, Sentenza III-110, Città Nuova Ed., pag. 557<br />
In tutte le Mitologie e le Teogonie si possono rinvenire tracce della credenza in luoghi di<br />
pene e di ricompense, descritti in modo più o meno minuzioso, e variamente raffigurati a<br />
seconda delle dottrine religiose. La ricerca dei modelli e delle fonti dantesche ha reso<br />
familiare le discese all'Averno di Virgilio ed Omero, le descrizioni o i riferimenti<br />
all'oltretomba, effettuati per i motivi più disparati, di Apuleio, Orazio, Stazio, Lucano,<br />
Ovidio, Silio Italico, Claudiano, Valerio Flacco, Cicerone, Seneca, Giovenale; ha inoltre<br />
stimolato l'approfondimento dei rapporti intercorrenti fra la teologia e la filosofia del<br />
medioevo e i grandi miti di Platone, Macrobio e Plutarco. Col cristianesimo, i luoghi di<br />
pene e di ricompense ( Paradiso e Inferno in un primo tempo, Purgatorio e Limbo in<br />
seguito) cominciarono ad assumere i contorni della realtà: dai primi secoli dell'era cristiana<br />
a tutto il Medioevo si andarono accumulando un gran numero di descrizioni dell'Inferno e<br />
del Paradiso, all'inizio attribuite all'autorità di scrittori biblici, in seguito a quella di<br />
Taumaturghi e Visionari. Conosciamo le visioni dei primi secoli, in pratica delle brevi<br />
parabole morali, grazie al loro incorporamento nelle opere di santi o di dottori; tra il settimo<br />
e l'ottavo secolo, con la "Leggenda di Furseo" e la "Leggenda di tre monaci orientali",<br />
l'orizzonte cominciò ad allarg<strong>ars</strong>i, ed ebbe inizio la ricerca, estesa fino ai confini del mondo<br />
ma priva di precise determinazioni geografiche, del Paradiso Terrestre ( cf. Alessandro<br />
d'Ancona, I precursori di Dante, 1874) . Come diceva il Villari a pag. xxix<br />
dell'introduzione alle "Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina<br />
Commedia" ( stampato a Pisa il 1865 e ristampato in edizione anastatica dall'editore Forni il<br />
1974), “Le visioni dell'altro mondo cominciano cogli apostoli e coll'Apocalisse, e si<br />
diffondono per tutto l'Oriente. Quelle di Saturo, di Perpetua, di Carpo, di Cristina, rapiti in<br />
estasi a contemplare le pene dell'inferno o le glorie del Paradiso, riempiono i primi secoli del<br />
cristianesimo. Nel vi secolo dell'era volgare, esse cominciano a divenire un genere<br />
permanente e persistente nella sacra letteratura…[ il Villari cita qui un dialogo di<br />
S.Gregorio Magno, la leggenda di Barlaam e Giosafatte, la Leggenda dei tre monaci, in cui<br />
compare S. Macario citato da Dante in Paradiso XXII,49]..Tutte queste leggende orientali,<br />
insieme con molte altre, passano colle crociate dall'Oriente in Occidente, dove mutano<br />
alquanto l'indole loro. In Oriente, infatti, predomina quasi unicamente la descrizione del<br />
Paradiso, mentre fra di noi i popoli germanici fanno subito incominciare la descrizione<br />
dell'inferno. Nell'ottavo secolo è già incominciata la descrizione delle valli infernali di<br />
ghiaccio e di fuoco; Beda è uno dei primi a parlarcene…Il purgatorio e il l'inferno sono<br />
dapprima confusi…Finalmente il paradiso, il purgatorio e l'inferno sono ben distinti e<br />
divisi. Questo lavoro va innanzi lentamente. Nel IX secolo la leggenda prende un<br />
maraviglioso sviluppo, perché nell'anno millesimo dell'era volgare s'aspettava la fine del<br />
mondo, e la credulità aveva largo campo a fantasticare. Ma il mondo non finisce, e la<br />
leggenda, per poco sospesa, riprende più rigogliosa il suo cammino nell'XI secolo. Se non