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Andrea Maia<br />
Paesaggi nella Commedia<br />
Nel poema dantesco lo sfondo del viaggio è descritto e presentato con attenzione<br />
realistica: il percorso dell'agens avviene in un mondo che, anche quando appare (specie al<br />
lettore di oggi) irreale o assurdo, è colto sempre con attenzione e delineato con la tipica<br />
tonalità dantesca, trattando l'ombre come cosa salda. Però, come ognuna delle tre cantiche<br />
assume tonalità e registri diversi e caratteristici (tensione, rude realismo ed uso sistematico<br />
del brau lengage per l'Inferno, sensibilità pittorico-musicale, armonica fusione e toni<br />
attenuati nel Purgatorio, tendenza al sublime e tensione espressiva nel Paradiso) così in<br />
ciascuna di esse il paesaggio è descritto in modi assai diversificati.<br />
Nella prima cantica l'ambiente è ostile al pellegrino come ai dannati: e coerentemente lo<br />
sfondo appare per lo più "innaturale" ed orribile, spesso componente e sostanza della<br />
punizione, sempre in netto contrasto con i paesaggi terrestri. Nella seconda cantica, così<br />
come l'esperienza delle anime, anche lo sfondo si rivela familiare, amichevole e consolatore:<br />
la vista della spiaggia, del mare, della montagna che si slancia nell'azzurro, il placido<br />
succedersi del dì e della notte mettono a suo agio il pellegrino, che ritrova un ritmo normale<br />
di vita, anche attraverso l'altern<strong>ars</strong>i della veglia e del sonno e la possibilità di osservare e<br />
contemplare con calma, nelle pause del cammino, ancora faticoso ma non più terribile, i<br />
luoghi nel graduale trascolorare della luce dall'alba al tramonto. La terza cantica è per<br />
definizione fuori dell'esperienza terrena, ed un vero e proprio "paesaggio" non esiste, al di<br />
là delle geometrie astratte dei cieli e dei disegni tramati dai movimenti e dalle disposizioni<br />
delle anime: ma il mondo terreno è ricuperato metaforicamente, e le similitudini del<br />
Paradiso sono spesso costituite da quadri naturali di straordinaria armonia e luminosità: la<br />
bellezza della terra diviene umbrifero prefazio della beatitudine eterna. Troviamo così prima<br />
l'innaturale e l'orrido, poi un placido mondo terreno del tutto simile a quello di serene<br />
giornate vissute qui da noi, infine la sublimazione e la perfezione della bellezza (che<br />
approda al suo simbolo supremo nella candida rosa dell'Empireo).<br />
Il regno del locus horridus<br />
La prima cantica si apre su un bosco, cioè su un paesaggio che nell'immaginario<br />
collettivo può assumere connotazioni contrastanti, che oscillano fra la paura (oscurità,<br />
smarrimento, presenza di animali pericolosi), come in questo caso, e la serenità edenica<br />
(come nel finale del Purgatorio). Nel canto I dell'Inferno lo sfondo paesistico è dunque<br />
costituito essenzialmente dalla selva oscura (v.2), che diviene poco dopo (v.59) la selva<br />
selvaggia ed aspra e forte. Paura ed angoscia sono i sentimenti prevalenti: e dalla selva<br />
usciranno la lonza, il leone, la lupa che, al di là del loro senso allegorico, rappresentano il<br />
logico completamento di un paesaggio ostile. Ma ci sarà, nell'inferno vero e proprio, una<br />
selva ancora più significativa per la nostra prospettiva di lettura, a dimostrare che Dante