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or discendiam qua giù nel cieco mondo<br />
cominciò il poeta tutto smorto:<br />
io sarò primo, e tu sarai secondo (Inf IV, 7-15).<br />
D. entra allora nel primo cerchio infernale, accolto da coloro che in quel limbo eran sospesi<br />
(Inf IV, 45). Il loro stato, che è anche quello di D., non è di depressione nè di ansia, ma di<br />
assenza di quiete interiore. E’ condizione esistenziale intrinseca alla natura umana, è pur<br />
sempre disperazione, di cui si è consapevoli, ma lontana dalla follia distruttiva che<br />
incontreremo più avanti. E’ forse soprattutto la malattia degli intellettuali, i poeti a cui D. si<br />
associa, che sembianza avean nè trista nè lieta (Inf IV, 84).<br />
L’inferno vero e proprio comincia con la rivelazione dei propri mali a Minosse: questa<br />
non è però la confessione del paziente al terapista, perchè ai mali non vi è rimedio.<br />
Minosse si limita a indirizzare gli infelici a questo o a quel ‘reparto’, a seconda della loro<br />
patologia, dove saranno confinati in eterno. Di fatto, scendendo nei cerchi infernali,<br />
incontriamo un vero campionario di psicopatologia, dai disturbi della personalità alla<br />
malattia mentale propriamente detta, finchè nelle ultime bolge dell’ottavo cerchio è<br />
addirittura la malattia fisica a dominare. Poiché non vi è rimedio al male, il folle rimane<br />
combattuto dalle sue forze contrarie ma senza via d’uscita, rappresentate con una delle<br />
molte immagini marine che ricorrono nell’Inferno:<br />
Io venni in luogo d’ogni luce muto,<br />
che mugghia come fa mar per tempesta,<br />
se da contrari venti è combattuto (Inf V, 28-30).<br />
A questo punto siamo pronti per incominciare la nostra visita guardando e ascoltando gli<br />
ammalati (Inf XXX, 71).<br />
Però prima di discendere nel secondo cerchio, dove incontreremo Paolo e Francesca, ci<br />
dobbiamo porre questa domanda: come è possibile che i medesimi vizi (lussuria, golosità,<br />
avarizia e prodigalità, iracondia e accidia), abbiano condotto alcuni alla pena eterna<br />
dell’Inferno e permesso ad altri di trovare una via di salvezza nel Purgatorio? Perché i<br />
condannati all’eterno tormento non sono stati capaci di redimersi? Perché non hanno cercato<br />
una terapia al loro male? Una considerazione ovvia, ma superficiale, ci farebbe concludere<br />
che un fattore esterno, un evento soterico, o un fattore interno, emotivo, abbia spinto i<br />
salvati a cercare la liberazione dal loro male. In realtà c’è una differenza qualitativa tra il<br />
male dei salvati e quello dei sommersi. Nei primi la lussuria o l’avarizia, sono difetti,<br />
macchie della loro personalità. I dannati sono invece, per così dire, imbevuti di tali vizi. La<br />
loro personalità ne è dominata perché tali vizi ne sono parte integrante, costitutiva e ne<br />
rappresentano il tratto fondamentale. La Francesca di D. è seduttrice fino in fondo e D.<br />
stesso è sedotto dalle sue parole fino a provare infinita pietà, forse riconoscendo in se<br />
stesso quel male che domina la personalità di Francesca. Il canto di Paolo e Francesca è il<br />
canto delle emozioni, cioè il sentire accompagnato a movimento, e tale movimento si<br />
manifesta nel turbine del vento, nel pianto e nella caduta di D.:<br />
Mentre che l’uno spirto questo disse,<br />
l’altro piangea, sì che di pietade