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in Flebologia - SIF

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9 - L’ulcera venosa<br />

La PD rappresenta una evoluzione tecnica della radiofrequenza pulsata, grazie<br />

alla quale gli impulsi elettrici, della durata di 20 ms, vengono erogati nel tempo<br />

ad un potenziale costante di 45 Volts. La differenza con la radiofrequenza pulsata<br />

è sostanziale, <strong>in</strong> quanto <strong>in</strong> quest’ultima la costante non è rappresentata dal<br />

potenziale elettrico, ma dal fattore tempo.<br />

Infatti, quando si utilizza la PRF classica, ad <strong>in</strong>tervalli di tempo costante vengono<br />

erogate 2x20 ms/sec scariche elettriche, il cui potenziale elettrico, <strong>in</strong>izialmente<br />

di 45 Volts, decresce nel tempo per garantire una temperatura dei tessuti<br />

che non superi mai i 42 °C 4 .<br />

Nella PD, <strong>in</strong>vece, la temperatura dei tessuti target viene mantenuta comunque<br />

a 42 °C, non però per il decadimento del potenziale elettrico, che viene mantenuto<br />

costante a 45 Volts, ma per una graduale rarefazione degli impulsi, la cui<br />

emissione viene ritardata s<strong>in</strong> quando la temperatura dei tessuti non raggiunge<br />

valori prestabiliti (Fig. 1).<br />

Pulsed radiofrequency Pulse Dose<br />

Fig. 1 - Diagrammi comparativi pulsed radiofrequency V.S. Pulse Dose<br />

Questo è un grande vantaggio, <strong>in</strong> quanto permette di standardizzare la metodica,<br />

misurando gli effetti del trattamento ed uniformando le varie tipologie di<br />

utilizzo della radiofrequenza non più <strong>in</strong> relazione alla costante tempo, ma al<br />

numero di “dosi” emesse.<br />

208<br />

DISCUSSIONE:<br />

9.3 - La radiofrequenza (pulse dose) nella gestione delle ulcere venose<br />

Il presente lavoro nasce da osservazioni cui si è giunti <strong>in</strong> maniera quasi casuale<br />

durante l’arruolamento di pazienti per una studio già pubblicato (Acta Vulnologica,<br />

vol. 8, n° 3, pag. 101-104, settembre 2010), che aveva la f<strong>in</strong>alità di <strong>in</strong>dagare<br />

sulla opportunità e sui vantaggi di adottare un percorso terapeutico “<strong>in</strong>tegrato”<br />

per pazienti portatori di ulcere “difficili”, che prevedeva un <strong>in</strong>tervento<br />

chirurgico durante il quale, oltre alla risoluzione della patologia varicosa di<br />

base, veniva eseguita una toilette dell’ulcera con successivo impianto di derma<br />

artificiale.<br />

Durante lo sviluppo di questo lavoro ci si è resi conto che un certo numero<br />

di pazienti non otteneva la guarigione semplicemente perché era sottoposto a<br />

terapie <strong>in</strong>congrue, per cui venivano esclusi dal protocollo ed avviati ad un trattamento<br />

conservativo adeguato.<br />

Abbiamo però osservato anche un gruppo di pazienti nei quali era difficile se<br />

non impossibile adottare una terapia idonea, poiché il dolore spontaneo e quello<br />

provocato dalle manovre durante le medicazioni era così <strong>in</strong>tenso da costituire<br />

un ostacolo oggettivo ad un trattamento che potesse dare una qualche speranza<br />

di guarigione.<br />

Questi pazienti, per tali motivazioni, venivano arruolati nello studio ed avviati<br />

al protocollo. Al di là, poi, dei vantaggi o dell’opportunità di adottare il percorso<br />

terapeutico “<strong>in</strong>tegrato” da noi proposto, a questi pazienti non era data altra<br />

scelta se non quella di essere sottoposti ad <strong>in</strong>tervento chirurgico, o cont<strong>in</strong>uare,<br />

forse <strong>in</strong>def<strong>in</strong>itamente, <strong>in</strong> medicazioni, bendaggi, terapia antalgica, spesso senza<br />

nessun beneficio per il paziente.<br />

Durante questo studio, però, ci è stata presentata un’apparecchiatura che sfrutta<br />

la radiofrequenza <strong>in</strong> modalità Pulse Dose nei pazienti afflitti da dolore cronico<br />

dei nervi periferici non responsivo alla terapia medica.<br />

Abbiamo utilizzato qu<strong>in</strong>di la radiofrequenza PD <strong>in</strong> 5 pazienti portatori di ulcere<br />

venose “difficili” nei quali la terapia più idonea era quella conservativa, di dif-<br />

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