Influenza dello strain-rate sul comportamento meccanico dei ...
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Cap. VI – CONCLUSIONI<br />
sollecitazioni pre-esistenti giovano alla risposta meccanica nell’assorbimento di<br />
tali eventi.<br />
Da non trascurare, poi, l’aspetto energetico per cui i miglioramenti apportati dal<br />
considerare gli effetti della dinamicità delle azioni possono essere considerevoli<br />
fino a valori del 30%.<br />
In conclusione, possiamo dire che l’attenzione nei confronti di questo particolare<br />
quanto importante aspetto del <strong>comportamento</strong> di questi materiali non può essere<br />
assolutamente trascurato per affrontare in modo completo e corretto le<br />
problematiche riguardanti le azioni dinamiche. Però, se da un lato si sono avuti<br />
ri<strong>sul</strong>tati soddisfacenti <strong>sul</strong> piano della conoscenza, dal punto di vista tecnologico la<br />
ricerca soffre la scarsa diffusione di idonee metodologie ed apparecchiature.<br />
Infatti, dal <strong>comportamento</strong> in condizioni quasi-statiche, studiato con le comuni<br />
attrezzature di laboratorio per caratterizzare dal punto di vista <strong>meccanico</strong> un<br />
materiale, non è possibile risalire alla risposta che lo stesso darebbe sotto alte<br />
velocità di deformazione: questo è imputabile alla non linearità del coefficiente di<br />
incremento dinamico DIF in cui viene quantitativamente sintetizzato il<br />
<strong>comportamento</strong> ad elevate velocità di deformazione.<br />
D’altra parte, all’impossibilità di derivare il <strong>comportamento</strong> dinamico da quello<br />
quasi-statico, si aggiunge l’incapacità delle macchine, convenzionalmente usate<br />
per i test standardizzati sui materiali, di modulare azioni applicate con elevate<br />
velocità di deformazione. Nella pratica sperimentale, anche in quella tesa allo<br />
studio del <strong>comportamento</strong> delle strutture soggette ad azioni sismiche, si è sempre<br />
stati soliti applicare campi di spostamento, talvolta ciclici, con velocità basse e,<br />
quindi, poco utili al nostro scopo.<br />
Dalla tecnologia sono arrivate risposte in questo senso soprattutto racchiuse in<br />
macchine sperimentali ad urto o a trasmissione di onda energetica quali possono<br />
essere, rispettivamente, la “Drop-weight Impact Machine” e la “Hopkinson bar”<br />
nella versione standard o modificata. Ma proprio per il carattere sperimentale<br />
fortemente all’avanguardia e, quindi, poco diffuso la ricerca si trova ad affrontare<br />
un problema di uniformità <strong>dei</strong> metodi sperimentali e <strong>dei</strong> dati che da queste<br />
esperienze vengono tratti. L’assenza, infatti, di pratiche standardizzate o di<br />
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