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ANNO XVI – N. 63 – Dicembre 2012 - Agopuntura.org

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volta che l’arte medica come erogazione e ricerca invece che essere espressione diuno sguardo che tenta di mettere a fuoco la vita diviene riflessione umbelicale, ospecchio di vanità, o gioco verboso, si perde, ma, al contempo, milioni di volte sirecupera, a volte in latitudini stilistiche strane, lontane tra loro ed anche per questoancora più intricanti. Quando l’esperienza umana della malattia si impregna disofferenza, percepiamo un cambiamento globale nel nostro modo di essere. Lamalattia distribuisce impotenza e fragilità, crea dipendenza dalle altre personeriducendo i confini spaziali e temporali. Il nostro corpo, che era qualcosa di nonavvertito, di “fuori da me”, diventa percepibile, prende parola e attraverso il dolorepone delle domande di senso: la malattia non é affatto una cosa ovvia, ma ha bisognodi essere capita e spiegata per trovare una risposta a quelle domande. Essa coinvolgel’uomo nella sua globalità, ma ormai sono secoli che l’uomo moderno non prende inconsiderazione le interrelazioni tra mente e corpo. Il pluri-citato Descartes (o Cartesioche dir si voglia), quando decise di salvare le realtà spirituali di Dio e dell’uomo dallaminaccia del materialismo che andava diffondendosi con la scienza meccanicistica, haoperato una spartizione tra il regno dello spirito (rex cogitans) e il regno della materia(rex extensa). Da allora l’individuo può considerarsi ed essere considerato da unpunto di vista strettamente metafisico o squisitamente meccanico. La scissione, lascomposizione, l’iper-specializzazione e l’interpretazione analitica offrono al medicouna visione parziale: la testa china e gli occhi fissi su quella parte di corpodanneggiata, impediscono al medico di sollevare il capo per acc<strong>org</strong>ersi che il “guasto”genera un disagio “non localizzato”, irrispettoso dei confini imposti dalla scienza, ed éresponsabile del dolore e della sofferenza del malato. Dolore e sofferenza sonoun’esperienza difficilmente archiviabile, diversa a seconda non soltanto dellapersonalità ma anche della cultura. Le culture sono sistemi di significati, la civiltàcosmopolita é un sistema di tecniche. La cultura rende tollerabile il doloreintegrandolo in una situazione carica di senso; la civiltà cosmopolita distacca il doloreda ogni contesto soggettivo o intersoggettivo per annientarlo. La cultura rendesopportabile il dolore interpretandone la necessità; soltanto il dolore che si considerarimediabile non si può sopportare. Perché un dolore vissuto costituisca una sofferenzanel senso pieno del termine, bisogna che sia inserito in un quadro culturale. Perpermettere agli individui di trasformare il dolore corporeo in un’esperienza personale,ogni cultura offre almeno quattro sottoprogrammi in rapporto tra loro: parole, droghe,miti e modelli. Nel formulare un progetto terapeutico é importante che il medico tengain considerazione tutti gli aspetti nella loro complessa interrelazione, soffermandosi sulche cosa si prova, ma anche sul chi prova. La conoscenza dell’universo chel’individuo-malato si porta con sé può tornare molto utile anche a fini terapeutici, ecoinvolge il paziente in una relazione “personalizzata” che lo induce ad assumere laresponsabilità del suo percorso di cura. Umanizzare la medicina significa che se ilmedico é consapevole che per il paziente la malattia é un’esperienza vissuta, diventadi grande valore la partecipazione del medico nella ricerca di senso. Come scrive IvanIllich nel libro postumo, "La perdita dei sensi", i comandi <strong>org</strong>anizzativi che stannodentro gran parte della tecnologia contemporanea derubano gli esseri umani dei lorosensi e persino della capacità di morire. La divinizzazione dell'uomo operata dallaciviltà del benessere, mirando a liberarlo dalla sofferenza e dalla morte, lo rendeschiavo di una sopravvivenza tecnica che è un'artificiale imitazione del vivere, senzaetica, né bellezza, né alcuna morale. Ricordiamo, in conclusione, la tesi di Gi<strong>org</strong>ioIsrael il quale sostiene che, a partire dall'800, la medicina ha aderito al modello dellescienze fisico-matematiche "esatte" tanto che oggi si considera quasi degradanteconsiderarla come un'"arte". Al contrario, la concezione della medicina come scienza"oggettiva" è gravemente riduttiva. La medicina ruota attorno a qualcosa che nonesiste nelle scienze esatte: la pratica clinica. L'analisi storica ed epistemologica mostrala natura specifica dei concetti di normalità e di patologia e la loro irriducibilità a un15

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