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CRITICA DELLA RAGION PRATICA - Sentieri della mente

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Immanuel Kant – Critica <strong>della</strong> ragion pratica<br />

oggettivo di un bisogno <strong>della</strong> ragione speculativa, di determinare più precisa<strong>mente</strong> il<br />

concetto di un essere necessario, che abbia da servire da fondamento originario agli altri, e<br />

di renderlo, con ciò, conoscibile. Senza questi necessari problemi antecedenti, non vi è<br />

alcuna esigenza, per lo meno nessuna esigenza <strong>della</strong> “ragion pura”: tutti gli altri sono<br />

bisogni dell'inclinazione.<br />

A17. Nel «Deutsches Museum» del febbraio 1787 si trova la trattazione di una testa assai<br />

fine e chiara, il compianto Wizenmann, di cui è da compiangere la morte prematura. Qui<br />

egli contesta il diritto di concludere, da un'esigenza, alla realtà oggettiva del suo oggetto: e<br />

chiarisce il suo argomento con l'esempio di un innamorato impazzito dietro un'idea di<br />

bellezza, che è soltanto una sua immaginazione, il quale pretendesse che un tal oggetto<br />

esista in qualche parte real<strong>mente</strong>. Io gli do su questo punto piena<strong>mente</strong> ragione, in tutti i<br />

casi in cui il bisogno si fonda sull'”inclinazione”: questa non può mai postulare, per colui<br />

che ne è affetto, l'esistenza del suo oggetto; e ancor meno contiene un'esigenza valida per<br />

ciascuno, ma è un fondamento pura<strong>mente</strong> soggettivo del desiderio. Nel nostro caso si<br />

tratta, però, di un'”esigenza razionale”, che scaturisce da un fondamento di determinazione<br />

oggettivo <strong>della</strong> volontà, e cioè dalla legge morale: la quale obbliga necessaria<strong>mente</strong> ogni<br />

essere razionale, e, quindi, autorizza a presupporre a priori le condizioni ad essa necessarie<br />

nella natura, rendendole inseparabili dal pieno uso pratico <strong>della</strong> ragione. E' un dovere<br />

rendere possibile, secondo il massimo delle nostre capacità, il sommo bene: pertanto, esso<br />

deve anche essere possibile. Di conseguenza, è altresì inevitabile, per ogni essere razionale<br />

nel mondo, presupporre ciò che è necessario alla possibilità oggettiva di quel sommo bene.<br />

La presupposizione è altrettanto necessaria quanto la legge morale, in riferimento alla<br />

quale soltanto è valida.<br />

[Thomas Wizenmann è l'unico oppositore nominato esplicita<strong>mente</strong> da Kant in questa<br />

"Critica". Egli aveva pubblicato anonimo a Lipsia, nel 1786, uno scritto sui "Risultati <strong>della</strong><br />

filosofia di Mendelssohn e di Jacobi", a cui Kant si riferì nell'articolo <strong>della</strong> «Berliner<br />

Monatsschrift», "Was heisst, sich im Denken orientieren" (ottobre 1786). Il Wizenmann<br />

ebbe appena il tempo di rispondere con l'articolo del «Deutsches Museum» ([1787] I, p.p.<br />

116-156) a cui allude la nota di Kant, prima che la morte lo cogliesse, il 22 febbraio 1787. A<br />

questa discussione col Wizenmann risale l'interesse di Kant per la reviviscenza dello<br />

spinozismo, dimostrata anche dall'accenno al Mendelssohn di p. 213, e poi dai richiami<br />

frequenti, sebbene indiretti, negli ultimi abbozzi del cosiddetto "Opus postumum".]<br />

A18. E' del tutto consigliabile lodare azioni in cui riluca un'intenzione e un'umanità<br />

magnanima, disinteressata e partecipe degli altrui sentimenti. Ma in ciò si deve puntare,<br />

non tanto sulla elevazione dell'anima, che è molto momentanea e transitoria, quanto<br />

piuttosto sulla sottomissione del cuore al dovere, da cui ci si può attendere un'impressione<br />

più durevole perché questa implica princìpi, quella soltanto emozioni. Basta pensarci un<br />

po', e si troverà sempre una colpa, di cui l'autore si carica, per questo o quel motivo, verso<br />

il genere umano (foss'anche solo quella di fruire, grazie all ineguaglianza degli uomini nella<br />

costituzione civile, di vantaggi di cui, perciò, altri devono maggior<strong>mente</strong> essere privi), per<br />

evitar di schiacciare l'immagine del “dovere” sotto quella del “meritorio”.<br />

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