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CRITICA DELLA RAGION PRATICA - Sentieri della mente

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Immanuel Kant – Critica <strong>della</strong> ragion pratica<br />

Libro Secondo:<br />

DIALETTICA <strong>DELLA</strong> <strong>RAGION</strong> PURA <strong>PRATICA</strong><br />

Capitolo primo:<br />

DI UNA DIALETTICA <strong>DELLA</strong> <strong>RAGION</strong> PURA <strong>PRATICA</strong> IN GENERALE<br />

La ragion pura ha sempre una sua dialettica, sia essa considerata nel suo uso speculativo o<br />

nel pratico: infatti, essa pretende l'assoluta totalità delle condizioni per un dato<br />

condizionato, e questa si può trovare soltanto in cose in se stesse. Ma, poiché tutti i<br />

concetti delle cose devono essere riferiti a intuizioni, che in noi uomini, non possono mai<br />

essere altro che sensibili - sicché gli oggetti non si possono conoscere come cose in sé, ma<br />

solo come fenomeni -, nella serie del condizionato e delle condizioni mai si può incontrare<br />

l'incondizionato. Dall'applicazione ai fenomeni di codesta idea razionale <strong>della</strong> totalità delle<br />

condizioni (perciò dell'incondizionato) scaturisce, così, un'inevitabile apparenza: come se<br />

questi fossero cose in se stesse. (Per tali, infatti, sono sempre scambiati, in mancanza di<br />

una critica che metta sull'avviso.) Ma di questa apparenza ingannevole non ci si può mai<br />

accorgere, fin quando l'applicazione ai fenomeni del principio razionale, per cui ad ogni<br />

condizionato si presuppone l'incondizionato, non dia luogo a un “conflitto” <strong>della</strong> ragione<br />

con se stessa. Allora la ragione si vede costretta a indagare tale apparenza: di dove<br />

scaturisca e come possa essere eliminata; e questo non può avvenire altrimenti che<br />

mediante una critica completa di tutta la facoltà razionale. Sicché l'antinomia <strong>della</strong> ragion<br />

pura, che si manifesta nella sua dialettica, è, in realtà, l'errore più benefico in cui la ragione<br />

umana potesse cadere, dato che, alla fine, esso ci stimola a cercare la chiave per uscire da<br />

quel labirinto. E, quando questa chiave sia stata trovata, essa permette di scoprire anche<br />

ciò che non si cercava, e di cui, tuttavia, si aveva bisogno: la veduta di un ordine superiore e<br />

immutabile delle cose, in cui già ora ci troviamo, e in cui ci può essere ormai prescritto, con<br />

precetti precisi, di proseguire la nostra esistenza in modo conforme alla suprema<br />

determinazione razionale.<br />

Come nell'uso speculativo <strong>della</strong> ragion pura sia da risolvere quella dialettica naturale, e da<br />

prevenire l'errore che nasce da una apparenza, peraltro naturale, è indicato<br />

esauriente<strong>mente</strong> dalla Critica di quella facoltà. Ma le cose non vanno meglio per la ragione<br />

nel suo uso pratico. Come ragion pura pratica, essa cerca del pari, per ciò che è<br />

pratica<strong>mente</strong> condizionato (fondandosi su inclinazioni e bisogni naturali),<br />

l'incondizionato: e, precisa<strong>mente</strong>, non come fondamento di determinazione <strong>della</strong> volontà,<br />

bensì, quand'anche questo sia stato dato (nella legge morale), come totalità incondizionata<br />

dell'”oggetto” di una ragion pura pratica: lo cerca, insomma, sotto il nome di "sommo<br />

bene".<br />

Determinare adeguata<strong>mente</strong> quest'idea in senso pratico, cioè per la massima del nostro<br />

comportamento razionale, è compito <strong>della</strong> “dottrina <strong>della</strong> saggezza”; e questa a sua volta,<br />

come scienza, è filosofia, nel significato in cui gli antichi intendevano la parola: indicazione<br />

del concetto di ciò in cui il sommo bene va collocato, e del comportamento da seguire per<br />

raggiungerlo. Non sarebbe male conservare a questa parola il suo antico significato, come<br />

“dottrina del sommo bene” perseguita con la ragione, in modo da farne una “scienza”. Da<br />

un lato, infatti, la condizione limitativa implicita in ciò corrisponderebbe alla locuzione<br />

greca (che significa «amore <strong>della</strong> “saggezza”»); e, al tempo stesso, ciò permetterebbe di<br />

abbracciare, sotto il nome di filosofia, l'amore <strong>della</strong> “scienza”, e perciò di ogni conoscenza<br />

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