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CRITICA DELLA RAGION PRATICA - Sentieri della mente

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Immanuel Kant – Critica <strong>della</strong> ragion pratica<br />

difficoltà, che sembrano rendere quella congiunzione impraticabile.<br />

Se, di un uomo che commette un furto, io dico che tale azione è un esito necessario, in base<br />

alla legge naturale <strong>della</strong> causalità, di motivi determinanti che si trovano nel tempo passato,<br />

ciò vorrebbe dire che era impossibile che egli non commettesse quell'azione. Come può,<br />

ora, il giudizio secondo la legge morale cambiare le carte in tavola, e presupporre che<br />

quell'azione si poteva non compiere, perché la legge dice che essa non doveva essere<br />

compiuta? In altri termini, come può una stessa persona, nel medesimo momento e<br />

rispetto alla stessa azione, dirsi del tutto libera, in ciò, e sotto il medesimo rispetto, per cui<br />

essa si trova sottoposta ad una necessità di natura inevitabile? Qualcuno cerca scampo<br />

adattando, semplice<strong>mente</strong>, il tipo di fondamento di determinazione <strong>della</strong> sua causalità<br />

secondo la legge naturale a un concetto “comparativo” <strong>della</strong> libertà (secondo cui talvolta è<br />

chiamato «effetto libero» quello in cui il fondamento naturale di determinazione si trova<br />

all'”interno” dell'agente; e per questo, ad esempio, si adopera la parola «libertà» a<br />

proposito di un corpo in movimento libero nello spazio, perché esso, mentre si trova in<br />

volo, non è spinto da qualcosa di esterno; oppure a proposito del movimento di un<br />

orologio, che è detto anche movimento «libero» perché l'orologio muove da sé le lancette,<br />

che non possono, quindi, essere spinte dall'esterno: allo stesso modo le azioni degli<br />

uomini, pur essendo necessarie per i loro fondamenti di determinazione, che si trovano nel<br />

tempo, son chiamate libere perché derivanti da rappresentazioni prodotte dalle nostre<br />

forze, quindi da desideri occasionati dalle circostanze, e perciò sono azioni che seguono il<br />

nostro beneplacito). Ma questo è un miserabile espediente, da cui ancora alcuni si lasciano<br />

ingannare, credendo di poter risolvere quel difficile problema con un piccolo gioco di<br />

parole, dopo che per millenni si è lavorato alla sua soluzione: che, dunque, non sarà facile<br />

trovare così in superficie. Nella questione di quella libertà, che va posta a fondamento di<br />

tutte le leggi morali e <strong>della</strong> imputazione ad esse conforme non si tratta per nulla, infatti, di<br />

sapere se la causalità sia determinata secondo leggi di natura da fondamenti che si trovano<br />

nel soggetto o fuori di esso; e, nel primo caso, se sia necessaria per motivi istintivi, o<br />

pensati dalla ragione. Se tali rappresentazioni determinanti, per riconoscimento di quelle<br />

stesse persone, hanno pur sempre il fondamento <strong>della</strong> loro esistenza nel tempo, e<br />

precisa<strong>mente</strong> “nello stato passato”, e questo, a sua volta, in un tempo precedente e così via,<br />

siano pure tali determinazioni interne, ed abbiano una causalità psicologica e non<br />

meccanica, cioè producano l'azione mediante una rappresentazione, e non un movimento<br />

corporeo: esse sono pur sempre “fondamenti di determinazione” <strong>della</strong> causalità di un<br />

essere in quanto la sua esistenza è determinabile nel tempo, e perciò sotto condizioni<br />

necessitanti del tempo passato: le quali, dunque, quando il soggetto ha da agire, non si<br />

trovano più in suo potere; e possono anche comportare una libertà psicologica (se si vuole<br />

usare questa parola per indicare una concatenazione semplice<strong>mente</strong> interna delle<br />

rappresentazioni dell'animo), ma pur sempre una necessità naturale, e non consentono,<br />

perciò, “nessuna libertà trascendentale”, che va pensata come indipendenza da tutto ciò<br />

che è empirico e, quindi, dalla natura in genere, sia essa considerata come oggetto del<br />

senso interno solo nel tempo, o come oggetto dei sensi anche esterni nello spazio e nel<br />

tempo insieme. Ma senza quella libertà (nel suo ultimo e genuino significato), che è la sola<br />

pratica a priori, non è possibile nessuna legge morale e nessuna imputazione in base ad<br />

essa. Precisa<strong>mente</strong> perciò, tutta la necessità degli eventi nel tempo, secondo la legge<br />

naturale di causalità, può anche chiamarsi «meccanismo» <strong>della</strong> natura, senza per questo<br />

intendere che le cose ad esso sottoposte siano effettiva<strong>mente</strong> “macchine” materiali. Con ciò<br />

si guarda solo alla necessità <strong>della</strong> connessione degli accadimenti in una serie temporale,<br />

quale si sviluppa secondo la legge naturale, si chiami poi il soggetto, in cui tale serie si<br />

svolge, "automaton materiale", perché il meccanismo è azionato in esso dalla materia, o<br />

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