CRITICA DELLA RAGION PRATICA - Sentieri della mente
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Immanuel Kant – Critica <strong>della</strong> ragion pratica<br />
speculativa <strong>della</strong> ragione, in quanto essa serva alla ragione, sia per formarsi quel concetto,<br />
sia per il fondamento di determinazione pratica. Al tempo stesso, non si perderebbe di<br />
vista lo scopo principale per il quale soltanto la filosofia può essere chiamata dottrina <strong>della</strong><br />
saggezza. D'altro canto, non sarebbe male neppure esercitare un'azione deterrente verso la<br />
presunzione di colui che osasse arrogarsi il titolo di filosofo, facendogli presente, già con la<br />
definizione stessa <strong>della</strong> filosofia, il criterio con cui valutare se stesso: ciò non mancherà di<br />
abbassare di molto le sue pretese. Infatti, essere un “insegnante di saggezza” dovrebbe ben<br />
significare qualcosa di più che essere uno scolaro, rimasto sempre molto lontano dal<br />
guidare con sicurezza sé, e ancor più gli altri, verso un così alto scopo: significherebbe<br />
essere maestro nella conoscenza <strong>della</strong> saggezza; e ciò significa più di quanto possa<br />
presumere un uomo modesto. E la filosofia, così come la saggezza, rimarrebbe pur sempre<br />
un ideale, che può essere compiuta<strong>mente</strong> indicato in modo oggettivo solo nella ragione, e<br />
soggettiva<strong>mente</strong> formare per la persona solo il fine del suo sforzo incessante. A pretendere<br />
di esserne in possesso, attribuendosi il nome di filosofo, sarebbe autorizzato solo colui che<br />
potesse indicarne i segni inequivocabili nella propria persona (nel dominio di sé e<br />
nell'interesse indubitabile che egli prende principal<strong>mente</strong> al bene universale). Questo,<br />
infatti, pretendevano gli antichi per aggiudicare a qualcuno quel nome onorifico.<br />
Riguardo alla Dialettica <strong>della</strong> ragion pura pratica, sul punto <strong>della</strong> determinazione del<br />
concetto di “sommo bene” (da cui, quando sia giunta a soluzione, ci si può attendere un<br />
effetto benefico, non meno che in campo teoretico, dato che le contraddizioni sincera<strong>mente</strong><br />
esposte, e non occultate, <strong>della</strong> ragion pura pratica con se stessa costringono a una critica<br />
esauriente <strong>della</strong> sua facoltà), dobbiamo premettere ancora una sola osservazione.<br />
La legge morale è l'unico fondamento di determinazione <strong>della</strong> volontà pura. Ma, poiché<br />
essa è unica<strong>mente</strong> formale (esige, cioè, come universal<strong>mente</strong> legislatrice soltanto la forma<br />
<strong>della</strong> massima), essa fa astrazione, come fondamento di determinazione, da qualsiasi<br />
materia, e perciò da ogni oggetto <strong>della</strong> volontà. Pertanto, il sommo bene può, bensì, essere<br />
l'”oggetto” intero di una ragion pura pratica, cioè di una volontà pura, ma non deve per<br />
questo essere considerato come il “fondamento <strong>della</strong> sua determinazione”: solo la legge<br />
morale dev'essere considerata come il fondamento, in base al quale farsi uno scopo di<br />
quell'oggetto e <strong>della</strong> sua attuazione o ricerca. In un caso così delicato come la<br />
determinazione dei princìpi etici, in cui anche il minimo equivoco falsa le intenzioni, tale<br />
osservazione è non priva di importanza. Da quel che s'è detto nell'Analitica, infatti, si sarà<br />
capito che, qualora sotto il nome di «bene» si accogliesse, come fondamento di<br />
determinazione <strong>della</strong> volontà, un qualche oggetto precedente la legge morale, per poi<br />
desumere da esso il principio pratico supremo, ciò produrrebbe in ogni caso eteronomia, e<br />
spodesterebbe il principio morale.<br />
E' ovvio però che, se nel concetto del sommo bene è inclusa già la legge morale come<br />
condizione suprema, allora il sommo bene non è semplice<strong>mente</strong> “oggetto”; bensì il suo<br />
concetto, e la rappresentazione di una sua esistenza possibile mediante la nostra ragione<br />
pratica, costituisce il “fondamento di determinazione” <strong>della</strong> volontà pura. In tal caso,<br />
infatti, in realtà la volontà è determinata dalla legge morale, già inclusa e pensata in quel<br />
concetto secondo il principio dell'autonomia, e non da un altro oggetto qualsiasi.<br />
Quest'ordine dei concetti <strong>della</strong> determinazione del volere non deve esser perduto di vista:<br />
altrimenti ci si fraintende, e si crede di contraddirsi, mentre tutto si compone nell'armonia<br />
più perfetta.<br />
Capitolo secondo:<br />
<strong>DELLA</strong> DIALETTICA <strong>DELLA</strong> <strong>RAGION</strong> PURA NELLA DETERMINAZIONE DEL<br />
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