CRITICA DELLA RAGION PRATICA - Sentieri della mente
CRITICA DELLA RAGION PRATICA - Sentieri della mente
CRITICA DELLA RAGION PRATICA - Sentieri della mente
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Immanuel Kant – Critica <strong>della</strong> ragion pratica<br />
se stesse: perché il concetto di creazione non rientra nel modo di rappresentazione<br />
sensibile dell'esistenza e nella corrispondente causalità, ma può riferirsi solo a noumeni.<br />
Se, pertanto, di esseri del mondo sensibili io dico che sono creati, li considero come<br />
noumeni. E, allo stesso modo, come sarebbe contraddittorio chiamare Dio «creatore dei<br />
fenomeni», così è una contraddizione dire che, come creatore, egli è causa delle azioni nel<br />
mondo sensibile prese come fenomeni, sebbene egli sia causa dell'esistenza degli esseri che<br />
agiscono (in quanto noumeni). Se, dunque, è possibile affermare la libertà, nonostante il<br />
carattere meccanica<strong>mente</strong> determinato delle azioni come fenomeni (purché ammettiamo<br />
l'esistenza nel tempo come qualcosa che vale esclusiva<strong>mente</strong> per i fenomeni, e non per le<br />
cose in sé), il fatto che gli esseri operanti siano creature non fa la benché minima<br />
differenza: perché la creazione concerne la loro esistenza intelligibile, non la sensibile, e<br />
non può, quindi, essere considerata come fondamento di determinazione dei fenomeni. La<br />
cosa sarebbe tutta diversa se gli esseri del mondo esistessero “nel tempo” come cose in sé:<br />
perché il creatore <strong>della</strong> sostanza sarebbe, al tempo stesso, autore dell'intero meccanismo di<br />
tale sostanza.<br />
Tanta è l'importanza <strong>della</strong> separazione, procurata dalla Critica <strong>della</strong> ragion pura<br />
speculativa, del tempo (nonché dello spazio) dall'esistenza delle cose in sé.<br />
La soluzione qui indicata dell'aporia contiene tuttavia, si dirà, molta difficoltà e non si<br />
lascia facil<strong>mente</strong> esporre in modo chiaro. Ma forse che qualsiasi altra, che si sia tentata o si<br />
voglia tentare, è più facile e comprensibile? Piuttosto, si dovrebbe dire che i maestri di<br />
metafisica dogmatica han dimostrato più scaltrezza che sincerità, nell'allontanare il più<br />
possibile dagli occhi questo punto difficile, con la speranza che, non parlandone affatto,<br />
nessuno se ne sarebbe accorto facil<strong>mente</strong>. Se si vuol giovare a una scienza, se ne devono<br />
“scoprire” e anche “cercare” apposta tutte le difficoltà che, anche sotto sotto, le siano<br />
d'ostacolo. Ognuna di esse, infatti, richiede un rimedio, che non si può trovare senza<br />
accrescere la scienza in estensione o in precisione: sicché gli stessi ostacoli divengono<br />
strumenti per migliorare la profondità <strong>della</strong> scienza. Se, per contro, le difficoltà vengono<br />
intenzional<strong>mente</strong> occultate, o tolte solo con semplici palliativi, esse finiscono, prima o poi,<br />
con l'esplodere in un male insanabile, che precipita la scienza in uno scetticismo totale.<br />
Poiché, propria<strong>mente</strong>, è il concetto <strong>della</strong> libertà il solo che, tra tutte le idee <strong>della</strong> ragione<br />
speculativa, procuri un così ampio estendersi nel campo del sovrasensibile (anche se solo<br />
rispetto alla conoscenza pratica), io mi domando “di dove gli venga una così grande<br />
fecondità”, mentre gli altri si limitano a indicare il posto vuoto per puri esseri intellettuali<br />
possibili, senza poter punto determinarne il concetto. Tosto capisco che, non potendo<br />
pensare nulla senza categoria, questa va cercata, anzitutto, anche nell'idea razionale <strong>della</strong><br />
libertà, di cui mi sto occupando: ed è, in questo caso, la categoria <strong>della</strong> “causalità”; e che,<br />
sebbene “il concetto razionale” <strong>della</strong> libertà, come concetto trascendente, non trovi alcuna<br />
intuizione che gli corrisponda, pure al suo “concetto intellettuale” (<strong>della</strong> causalità) per la<br />
cui sintesi il primo esige l'incondizionato, dev'esser data anzitutto un'intuizione sensibile,<br />
con la quale soltanto esso ottiene realtà oggettiva. Ora, tutte le categorie si dividono in due<br />
classi: le matematiche, che concernono solo l'unità <strong>della</strong> sintesi nella rappresentazione<br />
degli oggetti, e le “dinamiche”, che riguardano l'esistenza degli oggetti nella<br />
rappresentazione. Le prime (categorie <strong>della</strong> quantità e <strong>della</strong> qualità) contengono sempre<br />
una sintesi dell'omogeneo, in cui non si può punto trovare l'incondizionato, rispetto al<br />
condizionato dato nello spazio e nel tempo dell'intuizione sensibile: perché esso dovrebbe,<br />
a sua volta, appartenere di nuovo allo spazio e al tempo, ed essere, pertanto, di nuovo<br />
condizionato. Di conseguenza, anche nella Dialettica <strong>della</strong> ragion pura teoretica i due modi<br />
contrapposti di trovare l'incondizionato, e la totalità delle condizioni, per quei condizionati<br />
erano entrambi falsi. Per contro, le categorie <strong>della</strong> seconda classe (quelle <strong>della</strong> causalità e<br />
Pag. 64/103