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CRITICA DELLA RAGION PRATICA - Sentieri della mente

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Immanuel Kant – Critica <strong>della</strong> ragion pratica<br />

critica esauriente <strong>della</strong> ragion pratica può eliminare tutti questi malintesi, e porre in chiara<br />

luce quella consequenzialità che ne rappresenta il massimo pregio.<br />

Tanto basti a giustificare perché, in quest'opera, i concetti e i princìpi <strong>della</strong> ragion pura<br />

speculativa, che, pure, sono stati già assoggettati alla loro critica specifica, qui tornino ad<br />

essere esaminati qua e là: cosa che non si conviene all'andamento sistematico di una<br />

scienza da costruirsi (dove questioni giudicate vanno semplice<strong>mente</strong> richiamate, e non<br />

poste di nuovo in discussione), ma che qui è permesso, anzi necessario: perché la ragione,<br />

con quei concetti, viene considerata nell'atto di passare ad un uso tutto diverso da quello<br />

che essa ne faceva là. Un tal passaggio rende necessario un paragone del nuovo uso col<br />

precedente, in modo che la nuova strada sia distinta accurata<strong>mente</strong> dall'antica e, al tempo<br />

stesso, risulti il loro collegamento. Considerazioni di questo genere - tra cui quelle ancora<br />

una volta indirizzate al concetto di libertà, ma nell'uso pratico <strong>della</strong> ragion pura - non<br />

saran riguardate come una zeppa, che serva soltanto a riempire le lacune del sistema<br />

critico <strong>della</strong> ragione speculativa (perché questo sistema, rispetto alle sue finalità, è<br />

completo), né, come si suol fare nelle costruzioni troppo affrettate, per apporvi in seguito<br />

chiavi e sostegni, bensì come membri costruttivi veri e propri, che rendono visibile la<br />

connessione del sistema; in guisa che concetti che, colà, potevano essere presentati solo<br />

problematica<strong>mente</strong>, ora si lasciano scorgere nella loro esibizione reale. Questa avvertenza<br />

riguarda principal<strong>mente</strong> il concetto <strong>della</strong> libertà, di cui non si può osservare senza<br />

meraviglia che tanti si vantino di poterlo intendere perfetta<strong>mente</strong>, e di saperne spiegare la<br />

possibilità, allorché lo considerano solo in riferimento alla psicologia; mentre, se lo<br />

avessero valutato esatta<strong>mente</strong> in senso trascendentale, avrebbero dovuto riconoscerne,<br />

tanto l'”indispensabilità”, come concetto problematico nell'uso completo <strong>della</strong> ragione<br />

speculativa, quanto la totale “incomprensibilità”. Passando poi al suo uso pratico,<br />

sarebbero dovuti addivenire da sé alla determinazione precisa di quel concetto rispetto ai<br />

suoi princìpi: cosa di cui essi vogliono così poco sentir parlare. Il concetto <strong>della</strong> libertà è la<br />

pietra d'inciampo per tutti gli “empiristi”, ma è anche la chiave dei più sublimi princìpi<br />

pratici per i moralisti “critici”, che, grazie ad esso, si rendon conto di dover procedere<br />

necessaria<strong>mente</strong> in modo “razionale”. In considerazione di ciò, chiedo al lettore di non<br />

scorrere con occhio distratto quel che, alla fine dell'analitica, si dice di tale concetto.<br />

Se un tal sistema, quale viene sviluppato qui dalla critica <strong>della</strong> ragione circa la ragion pura<br />

pratica, abbia richiesto poca o tanta fatica, soprattutto perché non si mancasse il giusto<br />

punto di vista da cui il suo insieme può essere mostrato corretta<strong>mente</strong>, lascio che<br />

giudichino coloro che s'intendono di lavori del genere. Esso presuppone, bensì la<br />

fondazione <strong>della</strong> metafisica dei costumi, ma solo in quanto questa ci familiarizza<br />

provvisoria<strong>mente</strong> col principio del dovere, e indica e giustifica una sua formula definita<br />

(A3); per il resto, esso si sostiene da sé. Che non sia stata aggiunta la “classificazione”<br />

completa di tutte le scienze pratiche, alla stregua di quella fornita dalla critica <strong>della</strong> ragione<br />

speculativa, non è senza una valida ragione: questa va cercata nella natura <strong>della</strong> facoltà<br />

razionale pratica. Infatti, la determinazione specifica dei doveri come doveri dell'uomo, per<br />

classificarli, è possibile solo se sia stato anzitutto conosciuto il soggetto di tale<br />

determinazione (l'uomo), con quella costituzione con cui esso esiste: sia pure, soltanto in<br />

riferimento al dovere. Tale determinazione, però, non fa parte di una critica <strong>della</strong> ragion<br />

pratica in generale. Questa ha soltanto il cómpito d'indicare esauriente<strong>mente</strong>, ma senza<br />

particolare riferimento alla natura umana, i princìpi <strong>della</strong> sua possibilità e <strong>della</strong> sua<br />

estensione, nonché i relativi confini. La classificazione fa parte, insomma, del sistema <strong>della</strong><br />

scienza, e non del sistema <strong>della</strong> critica.<br />

All'obiezione di un recensore acuto e amante <strong>della</strong> verità - e, pertanto, pur sempre degno di<br />

rispetto -, mossa a quella “fondazione <strong>della</strong> metafisica dei costumi”, argomentante “che il<br />

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