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CRITICA DELLA RAGION PRATICA - Sentieri della mente

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Immanuel Kant – Critica <strong>della</strong> ragion pratica<br />

quest'ultima deterrebbe il primato. Ma, posto che essa abbia per sé princìpi originari a<br />

priori, con cui siano indissolubil<strong>mente</strong> collegate certe proposizioni teoretiche, sottratte,<br />

tuttavia, a ogni possibile veduta <strong>della</strong> ragione speculativa (pur senza dover contraddire ad<br />

essa), allora la questione è quale interesse sia il supremo (non quale debba cedere all'altro,<br />

perché l'uno non contrasta necessaria<strong>mente</strong> con l'altro), e cioè: se la ragione speculativa,<br />

che nulla sa di tutto ciò che la ragion pratica le propone di ammettere, debba accogliere tali<br />

proposizioni, e unirle ai suoi concetti come un possesso estraneo, che le è consegnato,<br />

nonostante che esse trascendano i suoi confini; oppure, se sia autorizzata a seguire<br />

ostinata<strong>mente</strong> l'interesse suo proprio, isolata<strong>mente</strong>, e secondo la canonica di Epicuro, a<br />

rigettare come vana escogitazione tutto ciò che non può accreditare la propria realtà<br />

oggettiva mediante esempli indicabili "ad oculos" nell'esperienza; anche se ciò può<br />

intrecciarsi con l'interesse dell'uso (puro) pratico senza contraddire alla ragione teoretica,<br />

ma unica<strong>mente</strong> perché, in tal caso, l'interesse <strong>della</strong> ragione speculativa riceverebbe un<br />

nocumento dall'abolizione dei confini che essa stessa si è posti, e la ragione resterebbe<br />

esposta a qualsiasi insensatezza o vanità dell'immaginazione.<br />

In verità, se la ragion pratica fosse posta a fondamento in quanto patologica<strong>mente</strong><br />

condizionata, cioè in quanto si limita ad amministrare l'interesse delle inclinazioni sotto il<br />

principio sensibile <strong>della</strong> felicità, la ragione speculativa non avrebbe motivo di subire<br />

quell'impostazione. Il paradiso di Maometto, o la fusione con la divinità predicata da<br />

“teosofi” e “mistici”, ciascuno a modo suo, imporrebbero alla ragione i loro mostri, e<br />

sarebbe come non avere ragione alcuna il darla in preda, in tal modo, a tutte le<br />

fantasticherie. Solo se la ragion pura può essere per se stessa pratica - e lo è real<strong>mente</strong>,<br />

come mostra la coscienza <strong>della</strong> legge morale -, sarà sempre, tuttavia, un'unica e medesima<br />

ragione, quella che giudica secondo princìpi teorici, sia in funzione pratica, sia in funzione<br />

teoretica: allora è chiaro che, se la sua facoltà, in campo teoretico, non giunge a fondare<br />

certe affermazioni che, pure, non le contraddicono, mentre queste stesse proposizioni sono<br />

indissolubil<strong>mente</strong> connesse con l'interesse “pratico” <strong>della</strong> ragion pura; la ragione<br />

speculativa deve accoglierle come un'offerta estranea, non cresciuta bensì sul suo terreno,<br />

tuttavia sufficiente<strong>mente</strong> accreditata; e deve cercare di compararle e di connetterle con<br />

tutto ciò che, come ragione speculativa, ha in proprio potere, pur riconoscendovi non<br />

vedute sue proprie, ma un ampliamento del suo uso in un altro rispetto, pratico, che non<br />

contrasta punto al suo interesse, consistente nel limitare la temerità speculativa.<br />

Nel collegamento, dunque, in un'unica conoscenza <strong>della</strong> ragion pura speculativa con la<br />

ragion pura pratica, quest'ultima detiene il “primato”; a patto che tale collegamento non<br />

sia “casuale” e arbitrario, bensì fondato a priori sulla ragione stessa, e, perciò, “necessario”.<br />

Senza una tale subordinazione, infatti, si produrrebbe un contrasto <strong>della</strong> ragione con se<br />

stessa, se i suoi due usi fossero semplice<strong>mente</strong> giustapposti (coordinati): la prima<br />

tenderebbe a chiudere rigorosa<strong>mente</strong> il suo confine, e a non accogliere nel proprio<br />

territorio nulla <strong>della</strong> seconda; e questa, per contro, cercherebbe di estendersi al di là di<br />

ogni confine, e, ove il suo bisogno lo richieda, a inglobare anche l'altra nel proprio<br />

territorio. Ma subordinarsi alla ragione speculativa, rovesciando così l'ordine, non è cosa<br />

che si possa chiedere alla ragion pura pratica, perché ogni interesse, in ultima analisi, è<br />

pratico, e anche quello <strong>della</strong> ragione speculativa è perfetto solo condizionata<strong>mente</strong> e<br />

nell'uso pratico.<br />

4. L'immortalità dell'anima come postulato <strong>della</strong> ragion pura pratica<br />

L'attuazione del sommo bene nel mondo è l'oggetto necessario di una volontà<br />

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