CRITICA DELLA RAGION PRATICA - Sentieri della mente
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Immanuel Kant – Critica <strong>della</strong> ragion pratica<br />
nell'applicarsi alla volontà umana per determinarla.<br />
1. Deduzione dei princìpi <strong>della</strong> ragion pura pratica<br />
Questa “analitica” mostra che la ragion pura può essere pratica, cioè determinare la<br />
volontà indipendente<strong>mente</strong> da ogni stimolo empirico: e, questo, mediante un fatto, in cui<br />
effettiva<strong>mente</strong> la pura ragione in noi si dimostra pratica, e cioè l'autonomia nel principio<br />
<strong>della</strong> moralità, con cui la ragione determina la volontà all'azione. - Essa mostra, inoltre,<br />
che questo fatto è indissolubil<strong>mente</strong> connesso con la coscienza <strong>della</strong> libertà del volere, anzi,<br />
fa tutt'uno con essa; per cui la volontà di un essere razionale, che, come appartenente al<br />
mondo sensibile, si trova necessaria<strong>mente</strong> sottoposto alle leggi <strong>della</strong> causalità al pari delle<br />
altre cause efficienti, tuttavia nel campo pratico è cosciente, per un altro verso, come essere<br />
in se stesso, <strong>della</strong> propria esistenza determinabile in un ordine intelligibile delle cose;<br />
senza avere, per questo, una particolare intuizione di sé, bensì in conformità di certe leggi<br />
dinamiche, in grado di determinare la sua causalità nel mondo sensibile. Che, infatti, la<br />
libertà, se ci compete, ci trasporti in un ordine intelligibile di cose, è stato più su<br />
dimostrato a sufficienza.<br />
Se, ora, facciamo un paragone con la parte analitica <strong>della</strong> Critica <strong>della</strong> ragion pura<br />
speculativa, vien fuori uno strano contrasto. Colà, non i princìpi, bensì la pura “intuizione”<br />
sensibile (spazio e tempo) costituiva il dato primitivo, che rendeva possibile la conoscenza<br />
a priori: e, precisa<strong>mente</strong>, solo per oggetti <strong>della</strong> sensibilità. - Princìpi sintetici da puri<br />
concetti, senza intuizione, vi erano impossibili; anzi, essi potevano aver luogo solo in<br />
riferimento all'intuizione, che in noi è sensibile, e, pertanto, solo in riferimento a oggetti di<br />
un'esperienza possibile, poiché i concetti dell'intelletto, collegati con tale intuizione, erano<br />
i soli che rendessero possibile quella conoscenza che noi chiamiamo esperienza. - Al di<br />
fuori degli oggetti d'esperienza e, pertanto, circa le cose come noumeni, alla ragione<br />
speculativa era a buon diritto interdetta ogni positiva “conoscenza”. - Essa, cionondimeno,<br />
giungeva a mettere al sicuro il concetto dei noumeni: cioè la possibilità, anzi, la necessità di<br />
pensarli, e di ammettere, ad esempio, la libertà, negativa<strong>mente</strong> considerata, come<br />
perfetta<strong>mente</strong> compatibile con quei princìpi e quelle limitazioni <strong>della</strong> ragion pura teoretica.<br />
Essa metteva in salvo questo concetto contro tutte le obiezioni, senza, tuttavia, fornire<br />
alcuna conoscenza determinata che a tali oggetti si potesse estendere, anzi, restandone<br />
total<strong>mente</strong> scissa.<br />
Per contro, la legge morale, pur senza darne nessuna “veduta”, fornisce tuttavia un fatto<br />
assoluta<strong>mente</strong> inspiegabile a partire da tutti i dati del mondo sensibile e dall'intero àmbito<br />
dell'uso teoretico <strong>della</strong> nostra ragione: fatto che ci segnala un puro mondo intelligibile,<br />
anzi, lo determina positiva<strong>mente</strong> e ce ne fa conoscere qualcosa, e cioè una legge.<br />
Al mondo dei sensi, come “natura sensibile”, codesta legge deve dare (per ciò che riguarda<br />
gli esseri razionali) la forma di un mondo intelligibile, cioè di una natura sovrasensibile,<br />
senza, tuttavia, recar pregiudizio al meccanismo <strong>della</strong> prima. Ora, la natura in senso<br />
generale è l'esistenza di cose sotto leggi. La natura sensibile di esseri razionali in generale è<br />
la loro esistenza sotto leggi empirica<strong>mente</strong> condizionate, e perciò, per la ragione, è<br />
“eteronomia”. La natura sovrasensibile dei medesimi esseri, per contro, è la loro esistenza<br />
secondo leggi del tutto indipendenti da ogni condizione empirica e, pertanto, appartenenti<br />
all'”autonomia” <strong>della</strong> ragion pura. E poiché le leggi per cui l'esistenza delle cose dipende<br />
dalla conoscenza sono pratiche, ne viene che la natura sovrasensibile, nella misura in cui<br />
possiamo farcene un concetto, altro non è se non una “natura sotto l'autonomia <strong>della</strong><br />
ragion pura pratica”. La legge di tale autonomia è la legge morale, che costituisce, pertanto,<br />
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