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CRITICA DELLA RAGION PRATICA - Sentieri della mente

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Introduzione<br />

Immanuel Kant – Critica <strong>della</strong> ragion pratica<br />

DELL'IDEA DI UNA <strong>CRITICA</strong> <strong>DELLA</strong> <strong>RAGION</strong> <strong>PRATICA</strong><br />

L'uso teoretico <strong>della</strong> ragione si occupava di oggetti <strong>della</strong> pura facoltà conoscitiva, e la sua<br />

critica, riguardante quest'uso, colpiva propria<strong>mente</strong> solo la facoltà pura <strong>della</strong> conoscenza:<br />

questa, infatti, suscitava il sospetto, in seguito confermato, di perdersi facil<strong>mente</strong> al di là<br />

dei propri confini, tra oggetti irraggiungibili, o addirittura concetti tra loro contraddittori.<br />

Diversa<strong>mente</strong> stanno le cose nel caso dell'uso pratico <strong>della</strong> ragione. In questo, la ragione si<br />

occupa dei fondamenti di determinazione <strong>della</strong> volontà: la quale è una facoltà, o di<br />

produrre oggetti corrispondenti alle rappresentazioni, o di determinare se stessa cioè la<br />

propria causalità a cercarli (basti, poi, o no la capacità fisica a raggiungerli). Qui, infatti, la<br />

ragione può pervenire per lo meno alla determinazione <strong>della</strong> volontà: e, pertanto, ha<br />

sempre una realtà oggettiva, per quel che riguarda semplice<strong>mente</strong> il volere. Dunque, la<br />

prima questione è la seguente: se la ragion pura basti, da sola, a determinare la volontà, o<br />

se essa possa costituire un fondamento di determinazione solo in quanto empirica<strong>mente</strong><br />

condizionata. Ora qui interviene un concetto di causalità giustificato dalla Critica <strong>della</strong><br />

ragion pura, anche se incapace di esibizione empirica: e cioè la “libertà”; e se, ora,<br />

possiamo trovare qualche ragione per dimostrare che questa proprietà appartiene<br />

effettiva<strong>mente</strong> alla volontà dell'uomo (e così pure a quella di ogni essere razionale), allora,<br />

non soltanto sarà mostrato che la ragion pura può essere pratica, ma che essa sola, e non la<br />

ragione empirica<strong>mente</strong> limitata, è incondizionata<strong>mente</strong> pratica. Di conseguenza, noi non<br />

dobbiamo elaborare una critica “<strong>della</strong> ragion pura pratica”, ma soltanto <strong>della</strong> ragion<br />

“pratica” in generale. Qui, infatti, la pura ragione, purché si mostri che esiste, non richiede<br />

alcuna critica. Al contrario, essa stessa contiene il criterio per la critica di tutto il proprio<br />

uso. La critica <strong>della</strong> ragion pratica, in generale, ha pertanto l'obbligo di distogliere la<br />

ragione empirica<strong>mente</strong> condizionata dalla pretesa di fornire, essa sola, il fondamento<br />

esclusivo di determinazione <strong>della</strong> volontà. Qui l'uso <strong>della</strong> ragion pura, appurato che esista,<br />

è solo immanente; quello empirica<strong>mente</strong> condizionato, per contro, che si arroghi<br />

l'esclusiva, è trascendente, e si manifesta in presunzioni e ordini che sconfinano del tutto<br />

dal suo territorio. Abbiamo dunque, un rapporto esatta<strong>mente</strong> inverso a quello che si è<br />

trovato nell'uso speculativo <strong>della</strong> pura ragione.<br />

Poiché, d'altra parte, è pur sempre la conoscenza <strong>della</strong> ragion pura quella che offre il<br />

fondamento all'uso pratico, la divisione di una Critica <strong>della</strong> ragion pratica segue, nelle sue<br />

linee generali, lo stesso ordine che quella <strong>della</strong> ragione speculativa. Avremo, quindi, anche<br />

qui una “dottrina degli elementi” e una “dottrina del metodo”; e in quella, come parte<br />

prima, una “analitica”, come regola <strong>della</strong> verità, e poi una “dialettica”, come esposizione e<br />

risoluzione dell'apparenza nei giudizi <strong>della</strong> ragion pratica. Se non che l'ordine, all'interno<br />

<strong>della</strong> sezione dell'Analitica, tornerà ad essere rovesciato rispetto a quello <strong>della</strong> critica <strong>della</strong><br />

ragion pura speculativa. Nella presente trattazione, infatti, noi cominceremo dai princìpi<br />

per passare ai concetti, e da questi, se possibile, alla sensibilità: mentre nella ragione<br />

speculativa dovemmo cominciare dalla sensibilità e finire con i princìpi. La ragione di ciò è,<br />

di nuovo, la seguente: che noi ora abbiamo a che fare con la volontà, e dobbiamo<br />

esaminare la ragione, non in rapporto agli oggetti, bensì in rapporto a tale volontà e alla<br />

sua causalità. Qui, dunque, i princìpi <strong>della</strong> causalità empirica<strong>mente</strong> incondizionata devono<br />

costituire l'inizio, dopo il quale soltanto potrà farsi il tentativo di applicare i nostri concetti,<br />

del fondamento di determinazione di una tal volontà, agli oggetti e, infine, al soggetto e alla<br />

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