Terzo concorso Il Volo di Pègaso - Istituto Superiore di Sanità
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eseguire autonomamente le più semplici azioni quoti<strong>di</strong>ane partendo dall’alzarsi dal letto, andare<br />
in bagno, lavarsi, vestirsi, pettinarsi, mangiare, camminare, respirare autonomamente, parlare.<br />
‘Rinuncia’ <strong>di</strong>venne la parola chiave, e non per mia scelta. Guardavo il soffi tto e mi chiedevo: “e<br />
domani? a cosa rinuncerò ancora?” Le risposte le avevo già tutte, era questione <strong>di</strong> tempo.<br />
Un giorno dopo l’altro venivo accompagnato in quel territorio silenzioso, che mai prima avevo<br />
esplorato così attentamente, così forzatamente. E quando arrivai a rendermene conto, ero ormai<br />
nella trappola del mio degrado fi sico, <strong>di</strong> un mondo che mi girava intorno mio (e suo!) malgrado,<br />
ma <strong>di</strong> cui sentivo <strong>di</strong> non fare più parte. Ero già sotto il macigno insopportabile dei miei pensieri,<br />
che non si fermavano mai, mai. Ero un fardello inabile, che pesava prima <strong>di</strong> tutto a se stesso.<br />
Quanto sarebbe durato? Un giorno? Un mese? Un anno? E quanto volevo che durasse davvero?<br />
Le mie cose cominciarono a spostarsi per far spazio a cannule, sacchetti, transenne, coperte<br />
spaiate, messaggi scritti in uno stampatello tanto improbabile, quanto esagerato. La mia stanza<br />
mi guardava in silenzio, perdendo ogni identità, ogni carattere, ogni colore. <strong>Il</strong> giorno era uguale<br />
alla notte, che era uguale al giorno dopo. La tracheo arrivò troppo presto. E tutto taceva, anche<br />
nella più rintronante confusione, perché io tacevo. Tacevo con la voce, con le mani, con gli occhi<br />
e… con l’anima.<br />
Ma non con la mente, perché la mente è lì, eccome se c’è! La mente che ti bracca come il più<br />
infi do dei tuoi nemici. Non se ne va, resta con te e non puoi bloccarla, per renderla inoff ensiva.<br />
Tutti i pensieri ormai sono tuoi, senza ritegno, senza pazienza né vergogna. Si accalcano<br />
<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente, urlano, piangono, ricordano, sbattono porte e affi orano all’infi nito dalle<br />
tombe nelle quali credevi <strong>di</strong> averli sepolti. Che stupida lotta impari e perversa! Che stupido io a<br />
provarci!<br />
Rinunciare invece a vivere così! Ecco cosa potevo fare. E non in senso fi gurato! Farla fi nita e basta!<br />
Si, come avevo fatto a non pensarci prima?! Tre anni buttati nel pattume. Suvvia, che senso aveva<br />
avuto? Nessuno, in fondo, nessuno davvero.<br />
Ma come fare? Attaccato alla macchina per respirare non sarei mai morto per asfi ssia e non<br />
mi avrebbero certo tolto la PEG che mi nutre e Giulia (mia moglie) mai avrebbe trascurato<br />
<strong>di</strong> aspirare la saliva dalla mia bocca. Ero immobile, come <strong>di</strong>avolo potevo fare? Dovevo trovare<br />
qualcuno che lo facesse per me. Ci doveva essere un modo! Ma a chi <strong>di</strong>rlo? E come, dannazione,<br />
se avevo anche rifi utato il PC col sintetizzatore vocale? – Se penso a quanta fatica aveva fatto<br />
Giulia, per farmelo avere. “Non ho più nulla da <strong>di</strong>re” le avevo detto, mentre il sorriso si spegneva<br />
sul suo volto “non mi serve” – Va beh, avrei fatto senza, anzi meglio, niente testimoni, non è forse<br />
vero che il silenzio è d’oro?<br />
Trascorsi giorni a ruminare con la mente, a tracciare il mio piano infernale verso la libertà,<br />
lontano dal silenzio della voce, per imbavagliare il logorroico reiterasi dei pensieri. Dovevo! Lo<br />
dovevo a me stesso o sarei impazzito!<br />
Quella mattina Giorgio, il fi sioterapista, era in anticipo. Non sopportavo più neanche lui, un<br />
brav’uomo per carità, ma troppo accon<strong>di</strong>scendente. Quando fi nimmo la solita serie <strong>di</strong> ‘esercizi’<br />
andò via correndo, <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> essere in ritardo per qualcos’altro. Non riuscivo a capire se fosse più<br />
sfi nito lui o io. Io lo ero davvero e mi addormentai subito.<br />
Ad un certo punto mi sentii venir meno. Qualcosa al respiratore non andava più, cercai <strong>di</strong> ascoltare<br />
nel silenzio, non sentivo più il suo rumore ritmico. Un biiiiiiiiip, insistente, inarrestabile. Ma<br />
dove erano tutti? Perché quel rumore infernale lo sentivo solo io? biiiiiiiiip. Perché nessuno<br />
veniva a rimettere in funzione quel maledetto aggeggio?<br />
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