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Terzo concorso Il Volo di Pègaso - Istituto Superiore di Sanità

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E quando un giorno <strong>di</strong>ssi a Sergio, il mio dottore preferito, se per caso non si fossero sbagliati, se<br />

quella benedetta vena cava che sembrava irrime<strong>di</strong>abilmente chiusa un mese prima, avesse trovato<br />

un modo per liberarsi lui gentilmente ma con fermezza mi rispose: “Tu hai il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> sperare,<br />

io ho il dovere <strong>di</strong> non illuderti”…Una frase semplice, chiara drammatica… e fra noi scese il<br />

silenzio… il silenzio della comprensione.<br />

E quella notte che sembrava come tante altre dopo che Tino e Marilena avevano iniziato il turno<br />

<strong>di</strong> notte ed erano venuti a salutarci, a mangiare con noi lo strudel che Donato gli aveva riservato,<br />

dopo le solite quattro chiacchiere ho capito che il momento stava arrivando. Prima le mani<br />

bianche, grigie, fredde, poi il respiro sempre più lento…” L’u<strong>di</strong>to è l’ultimo senso che se ne va” mi<br />

<strong>di</strong>sse Tino… e io cominciai a sussurrarle tutti i miei pensieri, a ricordarle la nostra vita insieme,<br />

per la prima volta non riuscii a mentirle <strong>di</strong>cendo che ce l’avrebbe fatta, ma gli promisi che i nostri<br />

fi gli sarebbero arrivati… e parlavo, parlavo, tenendogli al mano, <strong>di</strong>cevo sempre le stesse cose<br />

come se volessi che se le imprimesse nel cuore e le conservasse per l’eternità. E dopo qualche ora,<br />

quando tutti eravamo vicino a lui, esalò l’ultimo respiro… e assaporai l’ultimo silenzio, prima<br />

<strong>di</strong> lasciarmi andare ad un pianto <strong>di</strong>sperato… l’ultimo silenzio che non lo avvertivo <strong>di</strong> morte,<br />

ma <strong>di</strong> arrivederci. L’avevo accompagnato nel suo ultimo viaggio e vivrò per sempre <strong>di</strong> questo<br />

immacolato e meraviglioso silenzio.<br />

S1/66 La malata immaginaria<br />

Sabrina PONTAROLO<br />

Dopo il solito lungo tragitto scendo a fatica dall’auto e ora mi arrampico aff annosamente sulle<br />

scale. Come al solito mi sento appesantita e stanca e anche i gra<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>ventano dei nemici.<br />

Ripenso alla mia infanzia, io e mio fratello ci rincorrevamo su e giù per quei scalini, ridendo. Mi<br />

sembrava <strong>di</strong> avere le ali. Ora mi sento così vecchia e spenta. “Come è possibile”, mi chiedo, “a<br />

trentacinque anni?”. Me lo domando spesso ma non so darmi alcuna risposta. Nessuno fi nora mi<br />

ha detto il perché <strong>di</strong> tutto questo.<br />

Entro in casa con la mia chiave, lentamente. Sento la voce <strong>di</strong> zia Rosa che chiede a mia madre:<br />

“Come sta Stefania? So che dovrebbe venire a trovarti in questi giorni…” Lei risponde duramente:<br />

“Come vuoi che stia? Ogni volta mi sembra ancora più grassa e triste. E, non guardarmi così.<br />

Non sto esagerando. Ti ricor<strong>di</strong> com’era bella il giorno del suo matrimonio? Era un fi ore. Poi i<br />

fi gli non sono arrivati e lei si è abbruttita. Non è riuscita nemmeno a tenersi il marito! Mica per<br />

il fi glio che non arrivava (per gli uomini si sa i bambini sono per lo più un fasti<strong>di</strong>o), ma perché<br />

si era sformata e le era venuta persino la barba! Era sempre così ansiosa e depressa. Lo è anche<br />

adesso. È mia fi glia e io le voglio bene. Sai quante volte le ho detto, calmati un po’, mangia <strong>di</strong><br />

meno, vai dall’estetista e sorri<strong>di</strong>, non ve<strong>di</strong> come ti sei ridotta?”<br />

Ascolto le sue parole e mi fanno male. Riesce sempre a ferirmi. Non sono ancora riuscita ad<br />

abituarmi al suo cinismo. Non era così quando c’era papà. Non è mai stata tanto sensibile e<br />

attenda, ma lui subentrava nei suoi lati manchevoli. Emergevano allora per lo più la sua gioia <strong>di</strong><br />

vivere e il suo <strong>di</strong>namismo. Era la sola mamma del quartiere che giocava a pallone con i propri<br />

fi gli! E noi ne eravamo fi eri. Ma poi papà è morto e si è portato con sé tutto il bello <strong>di</strong> lei.<br />

Ripenso a Marco e, come una pellicola che si riavvolge velocemente, rivedo la separazione e,<br />

prima ancora, la nostra vita insieme.<br />

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