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Terzo concorso Il Volo di Pègaso - Istituto Superiore di Sanità

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106<br />

Nessuno l’ascoltava, Nessuno poteva comprendere: e così proprio lui <strong>di</strong>venne il suo migliore<br />

amico: lui, Nessuno.<br />

A volte ridevano insieme, e il suono <strong>di</strong> quelle parole spalancava mon<strong>di</strong> infi niti. Parole che davano<br />

corpo a quella domanda che in lei non cessava <strong>di</strong> porsi: “come <strong>di</strong>co?”, “come faccio a <strong>di</strong>re?”, le<br />

davano forma voce espressione – e senso, persino. E Nessuno rideva con lei, scoprendo sempre<br />

nuove voragini <strong>di</strong> signifi cato, e mostrandole come da ogni parola, masticata insieme ai biscotti,<br />

scaturissero mon<strong>di</strong> altrimenti impossibili, mon<strong>di</strong> segreti.<br />

Nessuno riusciva a raccogliere ogni sua confi denza, e per questo avevano inventato un linguaggio<br />

segreto, che conoscevano loro due soltanto. Per questo, se qualcuno provava a spiare i loro<br />

<strong>di</strong>scorsi, non capiva un bel niente, ed anzi sentiva parlare solo lei: lui infatti aveva una voce fatta<br />

<strong>di</strong> aria, <strong>di</strong> sogni, <strong>di</strong> foglie conigli e formiche, e solo lei sapeva sentirlo.<br />

Nessuno le sorrideva vicino, e col suo respiro leggero faceva vibrare in lei ogni corda, Nessuno le<br />

permetteva <strong>di</strong> parlare alle stelle e all’amore. Con lui quella triste domanda “come <strong>di</strong>co?”, quella<br />

domanda che le stringeva il cuore, con lui non c’era mai bisogno <strong>di</strong> porla.<br />

Nessuno era lei, e lei era Nessuno: ci fu un tempo in cui solo questo era vero.<br />

Poi venne la scoperta della lettura: le parole erano fatte <strong>di</strong> lettere, e le lettere erano reali. Come<br />

quelle che un tempo Nessuno aveva inventato con lei, erano fatte <strong>di</strong> corpo e psiche – erano<br />

caratteri, caratteri <strong>di</strong> luce che potevano essere impressi su un foglio e lasciarvi il loro segno che<br />

era una voce. La felicità che poteva darle un piccolo segno – A, come una scala aperta, O come<br />

la meraviglia, U come un abbraccio aperto... quella felicità era inesprimibile: ancora una volta,<br />

non si poteva <strong>di</strong>re, e lei infatti non <strong>di</strong>ceva nulla ma scriveva. Con i petali dei fi ori schiacciati sul<br />

foglio, il corpo delle lettere appariva <strong>di</strong> colori e profumo – corpi <strong>di</strong> papaveri, <strong>di</strong> margherite gialle,<br />

caratteri d’erba lasciavano sulla pagina e in lei un segno indelebile – erano loro, erano veri quanto<br />

Nessuno, veri quanto lei stessa. Lettere <strong>di</strong> sabbia <strong>di</strong> nuvole cielo stoff a stuzzicadenti carte da gioco<br />

– lettere che prendevano la forma del mondo ed erano mondo, e <strong>di</strong>ventavano lei – lettere <strong>di</strong> lei,<br />

del suo nome composto e ricomposto mille volte…<br />

E venne un tempo ancora <strong>di</strong>verso – tempo <strong>di</strong> passione, torrido, tempo <strong>di</strong> tenerezza, tempo che<br />

dava una misura alla vita.<br />

E quel tempo le fece arrivare una lettera – una lettera piegata e ripiegata, minuscola ma can<strong>di</strong>da<br />

tuttavia come un fi occo <strong>di</strong> neve.<br />

Con le <strong>di</strong>ta tremanti, cercò <strong>di</strong> spiegarla – forse sentiva già vagamente quanto sarebbe <strong>di</strong>venuta<br />

importante.<br />

C’era scritto così:<br />

“A volte si ama un uomo <strong>di</strong> cui non si sa nulla. Di cui non si è mai visto il volto, <strong>di</strong> cui non si<br />

conosce il profumo, e nemmeno la forma delle mani, e nemmeno il <strong>di</strong>segno delle labbra. È strano,<br />

ma quell’uomo si ama con ardore e passione, più che se lo si vedesse realmente. Perché? Perché<br />

il suo corpo corrisponde in tutto al corpo dei sogni, e la sua anima anche. Perché quell’uomo<br />

è dentro <strong>di</strong> noi prima che fuori. Perché quell’uomo ci appartiene completamente come non<br />

avverrà mai nella realtà, e noi possiamo appartenergli senza perderci. Perché quell’uomo ha la<br />

stessa forma <strong>di</strong> una nuvola in cielo – ogni volta <strong>di</strong>versa –, eppure lo riconosciamo davvero.<br />

Quell’uomo non può tra<strong>di</strong>re né essere tra<strong>di</strong>to, perché vive dentro <strong>di</strong> noi. Dargli un nome e un<br />

volto, possederlo, signifi cherebbe perdere noi stesse per sempre”.<br />

Non c’era fi rma. E se avesse voluto rispondere?<br />

Lei, Nessuno, non sapeva che fare. La lettera fi occo <strong>di</strong> neve, spiegata nella sua mano calda, si<br />

sciolse, e lei, con la punta della lingua, assaggiò dapprima quell’acqua: era fresca, era buona –<br />

fi nalmente la bevve, chiudendo gli occhi.

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