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Terzo concorso Il Volo di Pègaso - Istituto Superiore di Sanità

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<strong>di</strong>ceva un giorno. E un altro giorno si risvegliava con i mal <strong>di</strong> stomaco, che le durava un’intera<br />

giornata durante la quale non riusciva a fare proprio nulla. E ripeteva <strong>di</strong> avere l’ansia dentro, <strong>di</strong><br />

sentirsi “inadeguata”.<br />

Poi alla sera spesso questi sintomi sparivano e ritornava <strong>di</strong> buon umore.<br />

Arrivati alla casa <strong>di</strong> cura, leggevo nei suoi occhi lo smarrimento più totale.<br />

Perché siamo qui? Pensava <strong>di</strong> certo. Ma non osava chiederlo perché una parte <strong>di</strong> sé sapeva che<br />

avrebbe già dovuto saperlo. L’intelligenza va oltre alla malattia.<br />

Tutto accadde in poco tempo, che a me parve durare un’eternità.<br />

Entrati nella struttura vi<strong>di</strong> una realtà che non avevo mai visto prima.<br />

Un centinaio <strong>di</strong> persone anziane, capelli bianchi ovunque e bocche sdentate, se<strong>di</strong>e a rotelle,<br />

stampelle e volti persi nel vuoto. Vecchi col bastone, tremolanti, nonnine che venivano imboccate<br />

e altre che camminavano a passi lenti aiutate da un deambulatore. Alcuni sorridevano, ma senza<br />

saperne il motivo. Altri non riuscivano neppure a muovere il loro sguardo su qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso<br />

che non fosse il nulla.<br />

Ebbi paura.<br />

Mia madre, neanche sessantenne, cosa ci faceva in un posto simile?<br />

Lei, con tutti i suoi capelli neri al naturale, fi sico asciutto ancora da ragazzina, jeans e stivaletti,<br />

giacchetta <strong>di</strong> pelle nera e lineamenti giovanili. Cosa aveva da spartire con quelle persone?<br />

Eppure, molti <strong>di</strong> quegli anziani, probabilmente, non stavano peggio <strong>di</strong> lei.<br />

Per qualche istante ebbi la forza <strong>di</strong> trovare qualcosa <strong>di</strong> positivo in quella situazione assurda,<br />

cercando <strong>di</strong> persuaderla che fosse un bellissimo centro riabilitativo e che lei stessa avrebbe potuto<br />

aiutare tutti quei vecchietti.<br />

“Non ti sono sempre piaciuti gli anziani, mamma?” Le <strong>di</strong>ssi. “Pensa come saranno felici <strong>di</strong> vedere<br />

una bella signora come te che gli porta allegria”. Mi aggrappavo a scuse inutili e banali. Nemmeno<br />

un bambino mi avrebbe creduta.<br />

“An<strong>di</strong>amo a casa”. Disse convinta. Come se la sua visita fosse terminata e non fosse lei la<br />

protagonista <strong>di</strong> quello scenario.<br />

La responsabile tentò <strong>di</strong> ricondurla alla realtà che avrebbe dovuto aff rontare.<br />

“An<strong>di</strong>amo a vedere la tua stanza?” Le <strong>di</strong>sse con estrema gentilezza.<br />

E mia madre la seguì. Dimenticandosi, ovviamente, che pochi istanti prima, se ne sarebbe voluta<br />

ritornare a casa.<br />

Nei corridoio incontravamo solo anziani malandati e personale me<strong>di</strong>co. Le pareti dei corridoi<br />

erano colorate, l’ambiente non era male, sembrava una grande scuola per ultraottantenni.<br />

Mi cadde lo sguardo nella sala mensa. Alcuni venivano alimentati con delle siringhe perché non<br />

riuscivano più ad aprire la bocca. Altri mangiavano da soli, ma per portare il boccone in gola ci<br />

avrebbero impiegato almeno cinque minuti. Altri ancora mi guardarono. Ci guardarono.<br />

Chissà cosa avranno pensato nel vedere una famiglia così giovane lì dentro?<br />

Nella mia testa mi tranquillizzai pensando che ci avrebbero <strong>di</strong> certo creduti parenti <strong>di</strong> qualche<br />

altro vecchietto e, se avessero avuto occasione <strong>di</strong> parlarci, ci avrebbero detto sicuramente “Che<br />

bravi, venite a trovare i vostri nonni!”.<br />

Se avessero saputo la verità, invece, forse avrebbero pianto.<br />

Mentre stavamo camminando per i corridoi, improvvisamente, il cervello <strong>di</strong> mia madre fu<br />

illuminato da attimi <strong>di</strong> consapevolezza totale della realtà, <strong>di</strong> una sua realtà, intervallati da attimi<br />

<strong>di</strong> calma grazie alle punture <strong>di</strong> tranquillanti che iniziarono a somministrarle poco dopo.<br />

Si fece cupa, si staccò dalla responsabile che la teneva a braccetto e iniziò ad alzare la voce <strong>di</strong>cendo<br />

che voleva andarsene via. Tutti tentammo <strong>di</strong> calmarla, ma fu inutile.<br />

Iniziò a gridare e a guardare tutti con cattiveria. I suoi occhi non erano più gli stessi.<br />

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