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Terzo concorso Il Volo di Pègaso - Istituto Superiore di Sanità

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specifico svolto a Monaco, in Germania, rilevò l’ingente presenza <strong>di</strong> metalli pesanti accumulati<br />

nel mio organismo, soprattutto mercurio, dovuto all’avvelenamento cronico causato da datate<br />

otturazioni odontoiatriche in amalgama. Mi sono così ritrovata a vivere in una realtà in cui sono<br />

stata costretta, da sola, a trovare una risposta ed un modo per sopravvivere, perché in Italia, dove<br />

vivo, l’ignoranza sull’argomento è <strong>di</strong>sarmante;mentre Stati come America, Canada, Giappone,<br />

Germania, Danimarca, Spagna, Austria, Svizzera, Sud Africa, l’hanno già riconosciuta come rara<br />

ed invalidante da <strong>di</strong>versi anni. Ho stu<strong>di</strong>ato, ricercato e alla fine, ho trovato. L’MCS, all’inizio<br />

stravolge completamente la tua vita cancellando come uno Tsunami, progetti e possibilità. Non<br />

si vede, non lascia cicatrici né ferite da mostrare all’esterno; lascia solo un vuoto colmo <strong>di</strong> nulla<br />

dentro <strong>di</strong> te.<br />

Sei costretto a guardare il mondo da un vetro <strong>di</strong> silenzio; ma poi, se sai guardare oltre quel vetro,<br />

questa malattia può darti molto <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto non ti abbia già tolto. Bisogna fare affidamento<br />

alle proprie risorse interiori per superare quel grande senso della per<strong>di</strong>ta che essa nasconde e reinventarsi<br />

nuovi adattamenti, poco a poco. <strong>Il</strong> dolore più grande è quello dell’isolamento sociale<br />

che questa patologia comporta. Non poter vedere nessuno se non decontaminato da fragranze e<br />

profumi <strong>di</strong> ogni tipo. Ti vengono alla mente tutte quelle persone che avresti potuto incontrare, tutti<br />

quei luoghi dove saresti voluto andare; ma che hai evitato per stanchezza, indolenza o mancanza<br />

<strong>di</strong> tempo. Ogni giorno pensi a qualcosa o qualcuno che avresti voluto toccare, che avresti potuto<br />

annusare, anche solo vedere per pochi minuti, perché ora non puoi più farlo. E allora sogni, più<br />

forte e con più desiderio <strong>di</strong> prima! Più esco dal mio guscio <strong>di</strong> tartaruga invecchiata, più mi rendo<br />

conto che la gente, suo malgrado, non è pronta a tutto questo… mentre io, devo esserlo per forza.<br />

Non ho molta scelta. Alle volte è come essere in una stanza vuota e senza riferimenti. Non precipiti<br />

ma rimani in bilico come un funambolo alla sua prima esibizione. Tentenni, rimani al limite<br />

della fune, cerchi <strong>di</strong> mantenere una parvenza <strong>di</strong> equilibrio, almeno esternamente, in modo che il<br />

pubblico, “gli altri”, non risentano delle tue indecisioni e debolezze e così ti <strong>di</strong>mostri saldo, fermo<br />

e delicato, sempre... lo fai per chi ami che rimane lì a guardarti nel dolore; ma dentro il tuo cuore<br />

sei stanco. Stanco <strong>di</strong> rimanere in bilico fra il mondo reale e quello che ti devi costruire per andare<br />

avanti, stanco <strong>di</strong> incrociare gli sguar<strong>di</strong> infasti<strong>di</strong>ti della gente quando cammini per strada con una<br />

maschera <strong>di</strong> tela sul viso. Ma poi compren<strong>di</strong> che non sei così <strong>di</strong>stante dagli altri: in fondo, ognuno<br />

<strong>di</strong> noi porta delle maschere:alle volte strette, altre un po’ troppo aperte, maschere sociali delle quali<br />

non possiamo fare a meno per stare al mondo.<br />

La mia, invece, è una maschera reale, <strong>di</strong> tela con doppi carboni attivi, che dovrebbe proteggermi<br />

dagli agenti tossici che mi lacerano le mucose della bocca e del naso, ma non dal pregiu<strong>di</strong>zio<br />

della gente. A chi mi domanda sconcertato: “ma come fai a vivere così?” Io rispondo che vivo<br />

la mia con<strong>di</strong>zione con coraggio, giorno per giorno, dove percepisco l’essenziale, piccole gioie<br />

quoti<strong>di</strong>ane, schegge <strong>di</strong> luce che sono in grado <strong>di</strong> scaldare la mia anima, <strong>di</strong> far risvegliare nelle<br />

mie cellule mutate la voglia <strong>di</strong> reagire. E cerco <strong>di</strong> tramandare questo pensiero ad altri malati,<br />

ormai stanchi della vita e del dolore subito. Dico sempre loro che non è tutto perduto e che la<br />

forza che alberga dentro ognuno <strong>di</strong> noi, per natura, è sempre la prima cura da intraprendere.<br />

Qualcuno una volta mi <strong>di</strong>sse: “lascia che le cose più brutte, le più tristi, le ricopra la polvere.<br />

Trattieni nella tua memoria solo quelle belle. Ciò che ogni giorno ti dona <strong>di</strong> buono, conservalo,<br />

ti farà compagnia!”. Quanto è dolce questa verità! <strong>Il</strong> malato <strong>di</strong> Sensibilità Chimica Multipla è<br />

come un merlo in<strong>di</strong>ano ben ammaestrato che sa <strong>di</strong> essere ingombrante nei suoi movimenti,<br />

goff o ed impacciato nel suo ruolo <strong>di</strong> intrattenitore; aff ronta ogni giorno la sua gabbia aspettando<br />

l’occasione perfetta, illudendosi <strong>di</strong> tornare a <strong>di</strong>spiegare le ali pur sapendo che quel momento<br />

potrebbe anche non arrivare più. È come se godesse <strong>di</strong> una certa libertà, non <strong>di</strong> movimento, non<br />

<strong>di</strong> azione; ma piuttosto d’animo; e quando vola lontano, tra i fi li del cuore, allora tutto <strong>di</strong>viene

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