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Terzo concorso Il Volo di Pègaso - Istituto Superiore di Sanità

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Alle quattro del mattino, un me<strong>di</strong>co si aff acciò alla porta.<br />

Smisi <strong>di</strong> respirare.<br />

“L’operazione è riuscita. Siamo arrivati per tempo. Però è ancora molto grave e non possiamo dare<br />

certezze. La prognosi è riservata.”<br />

L’incubo non era ancora fi nito. Quanto avrei dovuto aspettare? Quando quell’angoscioso silenzio,<br />

poteva riempirsi <strong>di</strong> urla <strong>di</strong> gioia e <strong>di</strong> risate?<br />

Vivere nell’attesa logora l’anima. È uno stillici<strong>di</strong>o che lascia a malapena la forza <strong>di</strong> sopravvivere,<br />

con la speranza appesa ad un fi lo. L’impotenza, l’inutilità davanti a queste situazioni, è forse il<br />

dolore peggiore.<br />

Quel silenzio, quel dannato silenzio durò interminabili giorni. Durante i quali non lasciai Giulio<br />

neanche per un istante. Nel bene o nel male volevo essere con lui.<br />

<strong>Il</strong> sole stava nuovamente tramontando. Lo potevo vedere dalla fi nestra della camera della terapia<br />

intensiva. Ascoltavo assorta in chissà quali pensieri, i segnali dei monitoraggi continui, che<br />

scan<strong>di</strong>vano le mie ore.<br />

“Dove sono?”<br />

<strong>Il</strong> silenzio si lacerò, come un drappo che si rompe. Come un tuono che squarcia ed irrompe in<br />

un cielo azzurro.<br />

Quella fi evole voce s’era fatta largo con forza. La vita prepotentemente aveva ribaltato la sorte.<br />

<strong>Il</strong> dramma era terminato.<br />

S1/57 E l’urlo abbatterà il silenzio?<br />

Maria Pia CALISE<br />

Sono sola. E il silenzio mi avvolge come una coperta che mi vuole tenere al caldo nei giorni<br />

fred<strong>di</strong>. Ma questo silenzio pian piano mi soff oca. <strong>Il</strong> mio corpo vuole parlare, vuole gridare. Vuole<br />

esprimere il suo dolore. Ma il silenzio lo schiaccia e non lo lascia libero perché sa che il suo grido<br />

potrebbe non servire a nulla. Ma il corpo vuole liberarsi e vuole sentirsi <strong>di</strong> nuovo vivo ma il<br />

silenzio è sempre alle porte; è come vivere con tappi alle orecchie esclusi dal mondo. <strong>Il</strong> mio corpo<br />

cerca una via d’uscita perché non vuole essere MALATO. È un corpo forte e vuole le cose <strong>di</strong> tutti.<br />

Cerca invano uno spiraglio <strong>di</strong> luce tra le tenebre delle mie paure. È un corpo forte ma ha paura.<br />

E nel silenzio della mia camera d’ospedale sento solo le gocce che scendono dalla fl ebo. <strong>Il</strong> mio<br />

corpo è lì ma ha bisogno <strong>di</strong> una guida perché da solo non riesce a liberarsi; e così si sente<br />

schiacciato da tutti e io lo imploro: “grida grida come non hai mai fatto perché qualcuno prima o<br />

poi ti dovrà sentire!”. Ma non sempre è così e il povero corpo fragile arriverà a stancarsi.<br />

E allora non lotterà più. E quale sconfi tta peggiore nell’aver abbandonato tutto per non essere<br />

ascoltato? Quanto può costare un po’ <strong>di</strong> tempo trascorso con i pa<strong>di</strong>glioni auricolari aperti? Si<br />

sentono tante stupidaggini e alle cose serie <strong>di</strong>ventiamo come i muli che camminano con i paraocchi<br />

vedendo solo e poi ascoltando solo ciò che ci fa piacere. Basta essere solo un po’ <strong>di</strong>sponibili verso<br />

gli altri e imparare ad ascoltare perché anche il silenzio del mio fragile corpo ha molte cose da <strong>di</strong>re.<br />

Ha voglia <strong>di</strong> essere accettato e ciò che chiede è solo un aiuto per essere come gli altri.<br />

Ma la malattia sta prendendo il sopravvento. Ma io non smetto mai <strong>di</strong> sperare che qualcosa può<br />

sempre succedere. Prima o poi il silenzio verrà soppiantato dal mio urlo, dall’urlo del mio fragile<br />

corpo, e allora tornerò a vivere.<br />

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