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Terzo concorso Il Volo di Pègaso - Istituto Superiore di Sanità

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S1/47 La voce degli altri – Storia vera <strong>di</strong> Vania e Antonello<br />

Vania CASONATTO<br />

Ci sono incontri che ti cambiano la vita ma quell’un<strong>di</strong>ci febbraio ha cambiato la visione <strong>di</strong> molte<br />

cose e mai avrei pensato (come ho potuto constatare in seguito) quanto sia importante saper<br />

ascoltare il silenzio e come durante il cammino <strong>di</strong> un uomo si tessano e si intreccino vicende e<br />

destini. È un fi lo sottile che puoi vedere solo se con<strong>di</strong>vi<strong>di</strong> il dolore, una <strong>di</strong> quelle ragnatele che<br />

cristallizzano con la brina trasformandosi in uno spettacolare merletto.<br />

Stavo male da cinque giorni ormai, non sono una che chiama il me<strong>di</strong>co alle prime linee <strong>di</strong> febbre<br />

ma già reduce da una bronchite quaranta con ulteriori complicazioni che mi impe<strong>di</strong>vano <strong>di</strong><br />

mangiare e <strong>di</strong> idratarmi erano davvero troppi. Stavo perdendo la forza <strong>di</strong> reagire e prima che lo<br />

decidessero gli altri mi sono fatta accompagnare al pronto soccorso. Cristo che attesa terribile,<br />

sempre pieno <strong>di</strong> gente e davvero, quando stai così male ogni minuto segna i passi <strong>di</strong> un calvario.<br />

Quasi mezzanotte…tre ore <strong>di</strong> attesa e mi sono ritrovata in un attimo con gente in camice bianco<br />

che andava e veniva intorno a me, con aghi nel braccio ed elettro<strong>di</strong> sulle <strong>di</strong>ta. Cosa mi stava<br />

succedendo? Un me<strong>di</strong>co mi guarda e <strong>di</strong>ce: “Ma dovevi aspettare <strong>di</strong> essere in queste con<strong>di</strong>zioni<br />

prima <strong>di</strong> venire qui?” – Quali con<strong>di</strong>zioni?”… Mi spostano in un’altra stanza su <strong>di</strong> una poltrona<br />

che pareva <strong>di</strong> marmo, (fa quest’eff etto stare male?) con la fl ebo come compagna. Alzo gli occhi,<br />

guardo la goccia che scende lentamente e penso che l’acqua mi avrebbe fatto lo stesso eff etto.<br />

Stavo male, male, male… Non mi importava neppure <strong>di</strong> essere li da sola, tanto tutto il resto del<br />

mondo era sbia<strong>di</strong>to. Ho realizzato dopo un po’ <strong>di</strong> avere Antonello davanti, un ragazzo con la<br />

fl ebo nel braccio che mi riporta per un attimo alla realtà con frasi <strong>di</strong> circostanza. Allora non sono<br />

sola qui, lo guardo negli occhi e penso che vorrei abbracciarlo. Non so chi è, non mi importa<br />

neanche saperlo, penso solo che, ironia della sorte, si chiama come il mio compagno e mi sta<br />

regalando un “come va”, una fune <strong>di</strong> salvataggio fatta <strong>di</strong> parole.<br />

<strong>Il</strong> tempo scorre, che ore sono? L’una, le due… so solo che dopo altre due visite mi <strong>di</strong>cono: “ti<br />

ricoveriamo, non possiamo mandarti a casa così”. Anche per Antonello stessa sentenza dato che<br />

continua ad avere dolori insopportabili alle gambe, febbre alta e i valori del sangue completamente<br />

fuori norma.<br />

Mi ricoverano, gli <strong>di</strong>co. E lui: “ma guarda, abbiamo vinto entrambe un soggiorno in terza me<strong>di</strong>ca,<br />

è il nostro giorno fortunato!”. Poi lo perdo <strong>di</strong> vista e mi ritrovo in reparto quasi ormai priva <strong>di</strong><br />

volontà, portata su una se<strong>di</strong>a a rotelle, io… Come sfuggono velocemente le certezze, ma dov’era<br />

quella che fi no a quin<strong>di</strong>ci giorni prima correva senza sosta da mattino a sera? Passo il resto delle<br />

ore che mi separano da una nuova alba in preda ai dolori fi no a quando un infermiere mi <strong>di</strong>ce:<br />

“pren<strong>di</strong> questa, magari stai un po’ meglio…”. Sì, era la pillola magica, fi nalmente riesco a deporre<br />

le armi, il nemico dentro al mio intestino sembrava sconfi tto e potevo concedermi un po’ <strong>di</strong><br />

riposo. Rivedo Antonello il mattino sul tar<strong>di</strong>, camminava lentamente per il corridoio, lo vedo<br />

volgere lo sguardo verso la porta aperta della mia stanza, incrocio con gli occhi la sua ricerca e lo<br />

saluto con un cenno della mano.<br />

“Hei, sono venuto a vedere come stai” <strong>di</strong>ce. È stata una sensazione simile ad una carezza, Mister<br />

Nessuno capiva il dolore. Anch’egli doveva aver fi rmato l’armistizio con il suo nemico, con colui<br />

che gli avrebbe “MANGIATO” i nervi per molti, molti mesi. Poi, dopo una sera <strong>di</strong> chiacchiere<br />

nel salottino, tutto precipita, il nemico fantasma <strong>di</strong> Antonello non rispetta la tregua e metro<br />

dopo metro guadagna terreno inse<strong>di</strong>andosi in quel corpo già duramente provato. Nei giorni<br />

successivi, mentre io lentamente miglioro senza ancora sapere cos’ho avuto o che cos’ho, lui<br />

resta a letto, annientato e intontito dai farmaci e dalla febbre. Vado io nella sua stanza, ma mi

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