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Terzo concorso Il Volo di Pègaso - Istituto Superiore di Sanità

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S1/33 <strong>Il</strong> male del silenzio<br />

Elena MIGLIORINI<br />

Nella vita basta guardarsi in giro per vedere che non tutto è perfetto.<br />

Se poi dopo capita anche <strong>di</strong> dover fare un giro negli ospedali, beh, allora la visione delle<br />

imperfezioni del mondo ti si amplia e torni a casa con un gran mal <strong>di</strong> stomaco, soprattutto se le<br />

cose brutte che hai visto riguardano i bambini.<br />

Torni a casa e magari il pensiero <strong>di</strong> ciò che hai visto ti guasta la cena, ma poi tiri un gran sospiro<br />

e ti <strong>di</strong>ci “non capiterà certamente a mio fi glio”, e gli accarezzi il testolino ringraziando in cuor tuo<br />

la natura che te l’ha dato sano e sorridente, ma quando ve<strong>di</strong> bambini con problemi evidenti, con<br />

malformazioni o <strong>di</strong>fetti, ti chie<strong>di</strong> se i genitori non male<strong>di</strong>cano la natura, se non o<strong>di</strong>no il mondo<br />

che li circonda e spesso arrivi anche a pensare che sia talmente <strong>di</strong>ffi cile aff rontare certi problemi e<br />

tu non ne saresti assolutamente in grado. In realtà tutti siamo in grado <strong>di</strong> aff rontare quello che ci<br />

capita nella vita, nel bene o nel male, e quando qualcosa <strong>di</strong> brutto arriva, si cade nello sconforto,<br />

ci si piange addosso per un po’, ci si deprime chiudendosi in bagno, ma si tira un grosso respiro e<br />

si riparte, convincendosi che c’è sempre <strong>di</strong> peggio e solo alla morte non c’è rime<strong>di</strong>o.<br />

Ma poi un giorno ti svegli, gli occhi bruciano per il gran pianto del giorno prima, la testa ti fa<br />

male e lo stomaco è stretto in una morsa gigante e ti accorgi che l’incubo della notte passata in<br />

realtà non era un incubo e che qualcosa <strong>di</strong> brutto ha toccato proprio il tuo bambino.<br />

“Elena, Matteo zoppica e quando gli metti la scarpa destra piange”. Quando e perché zoppicava?<br />

Pensavo e ripensavo a cosa potesse essere successo e in cuor mio sapevo e continuavo a rivedere<br />

quel giorno che non voleva uscire dalla vasca, voleva, ma io avevo fretta, fretta <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong><br />

talmente stupido da non ricordarlo neppure più, e mentre lo tiravo fuori dall’acqua ho sentito<br />

il suo pie<strong>di</strong>no picchiare forte contro il bordo della vasca. Poteva essere quella la causa della sua<br />

caviglia gonfi a? Avevo così paura <strong>di</strong> essere stata io da non riuscire neppure a confessare l’episo<strong>di</strong>o<br />

al Marco. Ma continua a zoppicare e così trascino anche il papà all’ospedale, dove, però il Matteo<br />

non zoppica più. Inizio a sentirmi in imbarazzo, non so se sia stata la speranza che fosse stato<br />

solo un mio abbaglio oppure mi sentivo talmente mortifi cata visto che era domenica pomeriggio.<br />

Ma il Matteo ricomincia a zoppicare e la caviglia continuava a sembrarmi gonfi a: che stupida:<br />

se cammina piano, non zoppica per nulla, ma se solo gli faccio aumentare l’andatura inizia a<br />

trascinarlo. Torniamo in ospedale: come avrei voluto che mi <strong>di</strong>cesse che era una stupida storta. E<br />

se si fosse rotto la caviglia quando ha picchiato e adesso si sta aggiustando da sola?<br />

Sono stata così stupida da aver paura <strong>di</strong> confessare l’incidente da rischiare <strong>di</strong> rovinare la caviglia<br />

al mio angioletto? E adesso devono magari operarlo?<br />

Iniziamo il calvario dall’ortope<strong>di</strong>co e la trafi la <strong>di</strong> esami e visite che sembravano infi nite.<br />

“Dottore, può essere colpa <strong>di</strong> una botta che ha preso urtando forte il bordo della vasca?”<br />

Le parole mi erano uscite da sole, non ero io che parlavo, ma la mia coscienza che mi rimproverava<br />

per non aver detto nulla prima.<br />

Sentivo la mia voce, le parole mi risuonavano nelle orecchie, mentre lo stomaco si stringeva in<br />

una morsa dolorosa. “No”, un semplice no che calmava la mia coscienza, ma non slegava il nodo<br />

allo stomaco. E allora cos’è? Ormai erano passati 4 mesi e la zia Lalla aveva una pancia sempre<br />

più grossa perché la Margherita stava per arrivare.<br />

Sappiamo tutti che le donne in stato interessante sono più sensibili ed emotivamente fragili, così<br />

decidemmo fosse meglio fi ltrarle le notizie almeno fi no all’arrivo della piccolina.<br />

Per gli esami richiesti dall’ortope<strong>di</strong>co ci voleva un’intera settimana, la più lunga che io possa<br />

ricordare, ma alla fi ne arrivò il papà la sera con gli esiti degli esami.<br />

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