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Terzo concorso Il Volo di Pègaso - Istituto Superiore di Sanità

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18<br />

Nettamente, ho inteso che pianificava la prossima mossa mentre, dalla finestra, spiava il cortile. I<br />

ragazzi giocano. Gyles D. gioca insieme agli altri. Spiandoli il mio vicino pativa. Pativa per il bollore<br />

che – <strong>di</strong>ffuso – dall’inguine gli saliva sino alle tempie e <strong>di</strong>segnava il suo volto d’un orrido paonazzo,<br />

leggermente etilico. Colpa dell’alcool e del vento caldo. Si convinse fosse a causa <strong>di</strong> Gyles.<br />

Gyles è un ragazzo ma è anche il “suo programma”.<br />

Una relazione da annotare nel repertorio <strong>di</strong> purezze spezzate. Rotte nel silenzio e trascritte sul<br />

taccuino.<br />

Emma R. abita nell’e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> fronte al parco.<br />

Dalle 18.00 alla 22.00 si siede nella poltroncina sul balcone, e aspetta. Ha circa cinquantotto<br />

anni. Lei la sua età non la ricorda, non ricorda cosa ha fatto il giorno prima e non pensa a<br />

quello successivo. Non ricorda nulla. Emma è una donna tranquilla. È rilassante accogliere i suoi<br />

pensieri. Pensa in tonalità d’armonia e morbida tempera.<br />

Emma R. pensa – muovendosi – sugli stessi ritmi, accordati, del figlio che “sentiva” la musica. La<br />

scriveva e la intonava. Alle 22.00 esatte rientra e, dopo aver chiuso le imposte e la luce, si mette<br />

a letto. Dorme serena: senza pensare, senza sognare, senza parlare e senza ricordare che suo figlio<br />

non è più tornato.<br />

Sono Frank B. e la mia mente recepisce pensieri. Io li raccatto e li scrivo nelle storie ch’essi<br />

raccontano. Voi non lo sapete, io lo so: anche i fiori pensano. Pensano in musica. Io ne raccolgo<br />

le note e compongo motivi. Sono i motivi che si prestano a coprire il rumore. <strong>Il</strong> rumore delle<br />

intenzioni <strong>di</strong>soneste.<br />

Quando le percepisco, scrivo la storia, ma non posso fare niente per mo<strong>di</strong>ficarla. Allora corro e<br />

vado nel giar<strong>di</strong>no, vado sul prato, vado al negozio del fioraio, o vado nelle bancarelle vicino ai<br />

cimiteri. Mi avvicino ai fiori e li ascolto.<br />

Appena uscito ho avvertito un peso enorme. E il rumore. Non intuivo da quale <strong>di</strong>rezione<br />

giungesse. Ero impotente e il frastuono mi esplodeva in testa. Potevo solo correre verso il<br />

giar<strong>di</strong>no: verso i fiori. Vi<strong>di</strong> Gyles <strong>di</strong>etro il cespuglio <strong>di</strong> margherite. Non ne sentivo i pensieri. Se<br />

s’intestar<strong>di</strong>va a non pensare non potevo scrivere la sua storia. Poco dopo, <strong>di</strong>etro me, avvertì uno<br />

scroscio – violento – d’intenzioni <strong>di</strong>soneste: smania sod<strong>di</strong>sfatta, panico misto a irritazione, poi<br />

fulminea determinazione.<br />

Non mi voltai non era necessario. Conoscevo la storia, l’avevo scritta, e sapevo come terminava.<br />

Emma R. dalle 18.00 alle 22.00, si siede nella poltroncina sul balcone, senza ricordare che aspetta<br />

suo figlio. Un figlio che non aveva parole da offrire ma parlava in brani con musica e motivi.<br />

Andò via un pomeriggio, ritto, canticchiando un verso. Non tornò più, stonando <strong>di</strong> traverso.<br />

<strong>Il</strong> mio vicino – Philip M. – riuscì ad aggiungere il “pezzo” programmato alla sua collezione.<br />

Annotò, con precisione, le caratteristiche sul taccuino. Dovette aggiungere anche un pezzo<br />

imprevisto: un fuori programma.<br />

Quella volta – quando ripose il taccuino – gettò la scatola dei biscotti andati a male e la sostituì<br />

con una <strong>di</strong> cereali.<br />

FRANK DRUMMER<br />

Da una cella a questo luogo oscuro<br />

la morte a venticinque anni!

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