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Terzo concorso Il Volo di Pègaso - Istituto Superiore di Sanità

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Certo, era giunta inattesa ma la risposta non ammetteva titubanze. La guardai allora negli occhi<br />

e con voce sicura le risposi: “Perché il bene che si vogliono mamma e papà era troppo grande per<br />

tenerselo tutto per loro e, così, l’hanno voluto con<strong>di</strong>videre con i loro fi glioletti... Tu e Luca siete<br />

il frutto del nostro amore!” Rimase un po’ a me<strong>di</strong>tare, poi sulle sue labbra affi orò un sorriso <strong>di</strong><br />

sod<strong>di</strong>sfazione ed esclamò: “Mamma, è proprio bello essere la vostra mela!” Lì per lì accennai una<br />

risata ma imme<strong>di</strong>atamente dopo mi resi conto che con quella frase, solo in apparenza ingenua,<br />

era stata Emma a spiegarmi qualcosa. Mi aveva fatto capire che lei, nonostante tutto, era una<br />

bambina serena ed io <strong>di</strong> quella conferma avevo davvero un grande bisogno. Mi chinai allora verso<br />

<strong>di</strong> lei, le accarezzai il visetto e, ricambiandole il sorriso, la ringraziai commossa.<br />

Un pomeriggio però le sensazioni suscitate dall’esclamazione <strong>di</strong> Emma andarono oltre lo stupore<br />

e oltre la commozione. Luca, il mio primo fi glio, se ne stava seduto davanti al tavolo a <strong>di</strong>segnare,<br />

tutto assorto nel suo mondo colorato. Io lo osservavo da <strong>di</strong>etro, mentre con le matite tracciava<br />

fi gure ai miei occhi astratte e, senza fretta, le riempiva dei colori più vari: il tronco sbilanciato in<br />

avanti e leggermente incurvato, la testa profondamente incassata tra le spalle e le orecchie piccole<br />

e proiettate all’esterno, quasi a voler captare al meglio quei suoni, che dalla nascita non riusciva<br />

a percepire normalmente.<br />

Luca ha la “sindrome cervico-oculo-acustica”, un nome che all’inizio, da solo, era in grado<br />

<strong>di</strong> intimorirmi ma al cui suono mi sono ormai abituata da tempo e che oggi mi è <strong>di</strong>venuto<br />

ad<strong>di</strong>rittura familiare. A due anni era stata questa la <strong>di</strong>agnosi posta nel servizio <strong>di</strong> consulenza<br />

genetica, dopo aver invano interpellato pe<strong>di</strong>atri, ortope<strong>di</strong>ci, otorini, oculisti e neuropsichiatri<br />

infantili. Oltre all’ipoacusia, grave, Luca presenta anche gli altri due segni clinici che spiegano il<br />

nome della malattia ovvero una particolare forma <strong>di</strong> strabismo congenito e la fusione <strong>di</strong> alcune<br />

vertebre cervicali, che limita tutti i movimenti della testa e rende il suo collo esageratamente<br />

corto, quasi inesistente.<br />

<strong>Il</strong> suo viso inoltre è reso inespressivo da una paralisi facciale che, da sempre, tende a celare i suoi<br />

reali sentimenti. Incre<strong>di</strong>bilmente però tutti coloro che lo frequentano riescono a stabilire con lui<br />

una straor<strong>di</strong>naria sintonia e, spesso, sono in grado <strong>di</strong> cogliere anche minime sfumature del suo<br />

stato d’animo. Non saprei spiegare con precisione come questo accada. Forse è grazie allo sguardo<br />

<strong>di</strong> quei suoi occhietti “in<strong>di</strong>sciplinati”, ai fremiti <strong>di</strong> quel suo corpicino piegato dalla scoliosi o al<br />

modo in cui balbetta le sue paroline. Probabilmente è grazie a tutte queste cose assieme. Di fatto<br />

è così.<br />

A complicare tutto però c’è quel dannato ritardo mentale, che, tra i vari problemi che presenta<br />

Luca, è quello che ho fatto più fatica ad accettare e che mi ha fatto, e continua a fare, più male.<br />

Infatti, a parte le oggettive <strong>di</strong>ffi coltà che esso comporta per mio fi glio, quando seppi che, specie<br />

nei maschi, la sindrome è estremamente rara e che nel suo ambito il ritardo mentale è ad<strong>di</strong>rittura<br />

eccezionale, mi sentii doppiamente beff ata dalla sorte, come schiaff eggiata dal destino.<br />

Certo, nel tempo i numerosi momenti felici che Luca ci ha donato hanno in parte colmato<br />

l’abissale profon<strong>di</strong>tà del dolore iniziale. Provando una gioia forse più intensa <strong>di</strong> altre mamme per<br />

il raggiungimento <strong>di</strong> traguar<strong>di</strong> che per altri bambini sono scontati, ho imparato a riconoscere ed<br />

apprezzare la grandezza delle piccole cose. Grazie a mio fi glio ho iniziato a guardare il mondo da<br />

una prospettiva <strong>di</strong>versa e mi sono convinta che, sebbene non siamo tutti uguali, siamo davvero<br />

tutti ugualmente preziosi. I miei interrogativi sulla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Luca però, specie all’inizio,<br />

erano veramente tanti, forse troppi...<br />

Quel pomeriggio Luca aveva già otto anni, tre più della sorellina. <strong>Il</strong> maestro Piero, che facevamo<br />

venire a casa ogni giorno nell’intenzione <strong>di</strong> fornire al bambino uno stimolo in più oltre alla<br />

scuola e alla famiglia, era appena andato via. Sul tavolo, tra alcuni fogli bianchi e le matite<br />

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