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Terzo concorso Il Volo di Pègaso - Istituto Superiore di Sanità

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a controllarmi; mi vergognavo <strong>di</strong> me stessa, ma non riuscivo proprio a fare nulla per trattenere<br />

quel groppo che si era impiantato nello stomaco e non mi lasciava respirare.<br />

Ho sentito una mano su una spalla, due occhi azzurri che cercavano <strong>di</strong> scaldarmi: era una<br />

volontaria dell’ABIO, un’associazione a sostegno dei bambini in ospedale.<br />

Non ricordo il tuo nome, ricordo solo i tuoi occhi chiari e i capelli scuri, ma soprattutto ricordo<br />

la tua dolcezza e le tue parole che mi rincuoravano e che mi hanno aiutata a ricacciare giù quei<br />

singhiozzi che non smettevano più.<br />

Ormai il quadro era chiaro, artrite reumatoide e uveite con segni ormai irrecuperabili all’occhio<br />

sinistro ed eravamo pronti a trasferirci in un centro specializzato dove potevano aiutarci.<br />

Venne il papà a prenderci, sempre nel suo assordante silenzio, ma le persone sono <strong>di</strong>verse, le<br />

esperienze della vita forgiano il carattere e a volte lo cambiano ad<strong>di</strong>rittura, smussano gli angoli o<br />

li rendono più spigolosi, il tutto <strong>di</strong>pende sempre da come si è fatti e da come si sa aff rontare la<br />

vita stessa. Io sono una persona emotiva, ogni mia azione è legata a ciò che provo al momento,<br />

non so mordermi la lingua e cerco sempre <strong>di</strong> chiarire le cose mentre a volte è meglio non parlare<br />

neppure; voglio sapere tutto e capire esattamente ciò che succede, cercando una spiegazione<br />

per tutto. <strong>Il</strong> Marco è esattamente l’opposto, preferisce non sapere prima <strong>di</strong> esserne sicuro, non<br />

parla mai se non interpellato, non gli interessano i perché e i per come dei comportamenti delle<br />

persone e, soprattutto, non si fascia mai la testa prima <strong>di</strong> romperla.<br />

La <strong>di</strong>ff erenza tra i nostri due mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aff rontare il problema è venuta subito fuori, sin dal momento<br />

in cui alle un<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> sera il Marco è arrivato con i risultati degli esami del sangue del Newton: li<br />

aveva ricevuti alle sette <strong>di</strong> sera, li ha messi in borsa ed è andato a giocare a calcio, pensando, forse,<br />

che fosse inutile guardarli perché andavano consegnati al me<strong>di</strong>co curante che ce li avrebbe letti<br />

e chiariti. E io?<br />

Appena è entrato in casa, mi sono fatta consegnare gli esami, li ho letti avidamente confrontando<br />

i valori me<strong>di</strong> riportati, e appena ho visto quel fattore che avrebbe dovuto essere negativo, sono<br />

partita in quarta e non ho capito più nulla fi no a quando mi sono ritrovata per terra, con la voce<br />

del nonno Dindo all’altro capo del telefono e la testa che mi scoppiava.<br />

Due mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> reagire e <strong>di</strong> aff rontare la vita completamente <strong>di</strong>versi.<br />

Due mo<strong>di</strong> opposi che hanno portato ad un lungo silenzio, ad intere giornate in cui non ci<br />

rivolgevamo neppure la parola e forse desideravamo entrambi che l’altro non fosse lì.<br />

Avevo delle aspettative incre<strong>di</strong>bili per la visita dello specialista, ad<strong>di</strong>rittura non vedevo l’ora <strong>di</strong><br />

andare da quel “guru” che mi avrebbe chiarito tutto, mi avrebbe detto quello che sarebbe potuto<br />

succedere e che mi sarei dovuta aspettare.<br />

Andammo a Milano e alla visita in ambulatorio, senza rivolgere neppure una domanda, mi<br />

hanno fatto spogliare il cucciolo, lo hanno rigirato come un calzino parlando solo tra <strong>di</strong> loro,<br />

mentre il Matteo piangeva come un pazzo e io saltellavo intorno come WileE. Coyote cercando<br />

<strong>di</strong> tranquillizzarlo con la mia voce e i miei sorrisi; non hanno aperto alcuna cartella clinica e<br />

mi hanno consegnato un foglietto privo <strong>di</strong> fi rma con gli appunti presi durante quella tortura<br />

e mi hanno detto che se volevo rimanere in cura da loro dovevo tornare <strong>di</strong> lì a quattro mesi<br />

prenotando la visita prima. Nessun accenno alla fi sioterapia e all’oculista, se non su mia richiesta.<br />

Ma il Matteo non migliorava così, dopo due mesi, ho chiamato lo specialista…<br />

“Suo fi glio non l’ho visto e non lo vedrò mai, io non faccio l’ambulatorio. Non posso neppure<br />

perdere tempo a rispondere a tutte le domande delle mamme. Se lei ritiene che suo fi glio sia<br />

peggiorato, lo faccia ricoverare, altrimenti aspetti la prossima visita da noi tra due mesi”.<br />

Ancora due mesi così e mi sarei fatta ricoverare io, così ci siamo trasferiti al Gaslini a Genova, un<br />

ospedale abbarbicato sulla scogliera a ridosso del mare, con una sala giochi grande neppure un<br />

quinto <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Magenta, ma dove siamo stati accolti con una pacatezza, una sicurezza e una<br />

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