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Terzo concorso Il Volo di Pègaso - Istituto Superiore di Sanità

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“Dottoressa, tutti mi <strong>di</strong>cono: ma come! volevi un bambino, ne hai due, belli e sani, e tu continui<br />

a piangere per quello che è morto…, ed io tutte le sere, prima <strong>di</strong> addormentarmi penso a quel<br />

mio fi glio più sfortunato e piango, <strong>di</strong> nascosto, perché nessuno mi capisce”.<br />

Ma noi la capiamo quella mamma, perché l’amore non si <strong>di</strong>vide, si moltiplica; e l’ultimo pensiero<br />

<strong>di</strong> quella mamma tutte le sere, prima <strong>di</strong> addormentarsi sarà per quel fi glio più sfortunato, senza<br />

nulla togliere alla gioia per gli altri due.<br />

Mussulmani o cristiani, che <strong>di</strong>ff erenza fa<br />

Era nato troppo piccolino, ma soprattutto i suoi polmoni non si erano sviluppati ed erano<br />

assolutamente inadatti per permettergli <strong>di</strong> vivere.<br />

Dopo la sua morte il papà è venuto a parlare con me; ho cercato <strong>di</strong> spiegare quello che era<br />

successo ed il perché, non facile da spiegare, ed ancor meno da capire; alla fi ne il papà mi ha<br />

chiesto come fare per il funerale: non aveva suffi ciente denaro per riportare il piccolo nel suo<br />

paese e chiedeva il mio aiuto per risolvere il problema.<br />

<strong>Il</strong> papà era albanese e mussulmano; io ho spiegato che avremmo potuto aiutarlo noi per il funerale<br />

e tutto il resto, ma che <strong>di</strong>ffi cilmente sarei riuscita a farlo nell’ambito della sua religione.<br />

<strong>Il</strong> papà mi ha risposto: dottoressa che <strong>di</strong>ff erenza fa che sia sepolto nel nostro cimitero mussulmano<br />

piuttosto che nel vostro cristiano? Per me è assolutamente la stessa cosa, basta un luogo dove<br />

possa tornare a trovarlo. E così è stato.<br />

Sempre chiedo ai genitori dei bambini che non ce la fanno <strong>di</strong> tornare a trovarmi, quando<br />

vogliono, per parlare, per esprimere i propri pensieri nel tentativo, non sempre possibile, <strong>di</strong><br />

risolvere i dubbi, i perché, a volte i sensi <strong>di</strong> colpa, e tutti quei sentimenti che inevitabilmente la<br />

morte <strong>di</strong> un bambino porta con sé.<br />

Così il papà è tornato a trovarmi dopo circa un mese; dovevo ancora riferirgli l’esito degli<br />

accertamenti eseguiti, se questi potessero in qualche modo con<strong>di</strong>zionare il desiderio <strong>di</strong> avere altri<br />

bambini. Abbiamo parlato, soprattutto della mamma assente, ancora troppo triste per aff rontare<br />

un colloquio sul proprio fi glio.<br />

Prima <strong>di</strong> uscire dal mio stu<strong>di</strong>o il papà ha visto sulla scrivania un librino scritto in albanese con il<br />

<strong>di</strong>segno <strong>di</strong> una mamma con il proprio bimbo in braccio in copertina, e subito mi ha chiesto: ma<br />

dottoressa lei parla l’albanese? Io ho risposto: mi piacerebbe, purtroppo no; ma ho appena fatto<br />

un corso in Albania sull’assistenza al neonato.<br />

Ho visto comparire delle lacrime nei suoi occhi e ci siamo abbracciati.<br />

Una storia più lunga<br />

La notte del primo maggio arriva la chiamata da Parigi: entro 6 ore si deve essere all’ospedale<br />

Necker, pena la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> una possibilità <strong>di</strong> vita per una bimba che <strong>di</strong> possibilità non ne aveva<br />

molte.<br />

Tutto era stato preparato nei minimi particolari, ambulanza ed aereo militare compresi;<br />

tante persone si erano date veramente tanto da fare perché tutto funzionasse alla perfezione,<br />

ma all’ultimo minuto c’è sempre qualche intoppo impreve<strong>di</strong>bile, un certifi cato che manca ad<br />

esempio, ed io proprio quella sera non ero a casa mia, da dove avrei potuto raggiungere in 5<br />

minuti l’aeroporto dove era pronto l’aereo per Parigi.<br />

Fortunatamente le persone <strong>di</strong> buon senso si trovano sempre e così l’aereo era decollato ed entro il<br />

tempo previsto Federica era al Necker, in sala operatoria dove tutti l’aspettavano.<br />

Tutto è andato bene, si <strong>di</strong>ce sempre così, ma bisognerebbe chiedere a Federica cosa vuol <strong>di</strong>re quel<br />

“bene”, quante soff erenze si porta <strong>di</strong>etro, e poi… tutto precipita e bisogna ricominciare da capo,

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