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numero completo download pdf 396Kb - L'Asino vola

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altrettanto astrattamente novità, pienezza di vita, modernità,<br />

non corrisponde né alla poetica di Ibsen né a quella della<br />

Duse. Gli spettri in Ibsen non sono semplicemente una vaga<br />

Regola astratta da cui Elene dovrebbe liberarsi con un moto<br />

di rivolta per la conquista del diritto alla vita e alla passione<br />

che le sarebbero così immediatamente concessi, perché<br />

sono invece i fantasmi di cui è pervasa l’intera realtà del<br />

presente. “C’è un morto, dunque a bordo; e quando si<br />

avrebbe il coraggio di buttarlo a mare la peste è già in<br />

noi” 105 : i fantasmi hanno prodotto nuovi fantasmi, il<br />

presente in sé è un inferno di umanità disumana in cui i<br />

personaggi non fanno altro che perseguitarsi pur restando<br />

seduti in comodi salotti e gli spettri del passato fanno<br />

ossessivamente ritorno per indicare a questa umanità la sua<br />

incapacità di elaborare dialetticamente la propria storia in<br />

una memoria e fare di questo presente un tempo di vita.<br />

Il passato colpevole, ch’essi non ricordano più o non sanno o<br />

credono d’aver già scontato, si rivela nelle sue irrimediabili conseguenze<br />

proprio quando sta per cominciare la vita nuova. Ed essi atterriti<br />

all’improvviso, cercano di giustificarsi e di riversare la colpa sugli altri<br />

[…] finchè [sic] proprio nel momento in cui angosciosamente si<br />

riconoscono colpevoli, la colpa stessa scoppia in pieno e li travolge, con<br />

nell’anima l’orrore della vera realtà vista nell’ultimo attimo 106 .<br />

105 S. Slapater, Ibsen, con un cenno su Scipio Slapater di Arturo Farinelli,<br />

Torino, F.lli Bocca ed., Milano-Roma, 1916, p.203. Lo studio di<br />

Slapater, sebbene in molti passaggi discutibile, costituisce comunque un<br />

riferimento importante per queste riflessioni: scritto e pubblicato proprio<br />

in anni di poco anteriori alla rappresentazione della Duse, questo scritto<br />

si distacca decisamente dalle interpretazioni che del drammaturgo<br />

davano allora i critici teatrali (da d’Amico a Domenico Lanza, da Renato<br />

Simoni a Giovanni Pozza) che tendevano a fare di Ibsen un “modello di<br />

una nuova classicità fondata su una natura eminentemente realistica e<br />

venata di austere preoccupazioni morali” [R. Jacobbi, Invito alla lettura,<br />

in S. Slapater, Ibsen, cit., p.VII].<br />

106 S Slataper, Ibsen, cit., pp.203-204.

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