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numero completo download pdf 396Kb - L'Asino vola

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Perché in fondo, “non c’è riscatto” 107 . Liberarsi dagli<br />

spettri significherebbe mettere in discussione radicale una<br />

società precisa che prevede anche nel presente lo<br />

sfruttamento dell’uomo sull’uomo, di ciascuno su ciascun<br />

altro; ma al singolo non è data tale possibilità, almeno negli<br />

Spettri. C’è un meccanismo crudele di cui i personaggi, tutti<br />

compresa Elene, sono sia vittime sia artefici: così se nel<br />

secondo atto Elene parla rivelando solo una parte della<br />

verità e facendo in modo che nessun ideale cada come<br />

aveva detto alla fine del II atto, se dipinge il capitano Alving<br />

come un bambino gioioso, tentando così di salvare in parte<br />

una memoria a cui nessuno dei presenti in realtà crede, non<br />

è tanto per atto di viltà (da ricondurre su un piano di mera<br />

psicologia, come vorrebbe d’Amico), ma è piuttosto perché<br />

non può svincolarsi da quel passato che è la struttura su cui<br />

si regge anche tutto il suo presente. È lei la prima ad avere<br />

bisogno che nessun ideale nell’apparenza cada perché il<br />

crollo totale di quegli spettri metterebbe in crisi per esempio<br />

il suo rapporto attuale con il figlio e la sua possibilità di<br />

rivivere la maternità che in passato lei stessa si è negata:<br />

Elene come gli altri è intrisa di quel passato, inserita in un<br />

meccanismo che la stritola come stritola tutti. La brutalità e<br />

la crudeltà dei rapporti alla fine diviene palese -perché<br />

l’inferno è il presente-: Elene è utile a Osvald tanto che<br />

anche l’affetto filiale si rivela come un fantasma; Osvald,<br />

proprio perché malato, è tornato a Elene come bambino e di<br />

ciò la donna in parte è grata (“Oh quanto benedirei la tua<br />

malattia che ti ha spinto a casa da me” 108 e poi, quando la<br />

realtà della malattia si sta per palesare completamente, “Il<br />

107 Op.cit., p.204.<br />

108 H. Ibsen, Spettri, traduzione di R. Alonge, Milano, Mondadori, 1999,<br />

atto III, p.115.

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