Inferno - Letteratura Italiana
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a luce, vivono in eterna e totale comunione con Lui.<br />
Dio è rappresentato come tre cerchi di colore diverso,<br />
che indicano le tre persone (Padre, Figlio e Spirito<br />
Santo). La seconda persona, il Figlio, con la sua<br />
duplice natura divina e umana collega l’uomo alla<br />
divinità. Anche la fine dei due canti e delle due cantiche<br />
sono correlate: qui il poeta abbandona il centro<br />
della terra, per andare a «riveder le stelle»; là si sprofonda<br />
in Dio, «l’amor che move il sole e l’altre stelle»<br />
(Pd XXXIII, 145).<br />
5. Nel canto il poeta insiste sulle sue sensazioni fisiche<br />
e psicologiche: il freddo del lago gelato di Cocìto<br />
e la paura che prova alla vista di Lucifero, che è<br />
mostruoso e gigantesco (vv. 22-27). Di lì a poco<br />
Virgilio lo prende concretamente in braccio e si avvinghia<br />
sul corpo villoso di Lucifero per continuare<br />
il viaggio (vv. 70-87). Anche le percezioni visive<br />
hanno grande spazio: Lucifero appare in lontananza<br />
nella sua mostruosa grandezza, ed assomiglia ad un<br />
mulino di cui il vento fa girare le pale; i dannati sono<br />
immersi nel ghiaccio come pagliuzze e restano silenziosi<br />
(vv. 4-15).<br />
6. Dante riserva un trattamento diverso a Bruto e a<br />
Cassio, che egli accusa di aver ucciso Cesare, il fondatore<br />
dell’impero, e punisce nell’inferno; e a M.<br />
Porcio Catone, detto l’Uticense, strenuo difensore<br />
delle libertà repubblicane e partigiano di Pompeo,<br />
che si suicida per non cadere nelle mani di Cesare<br />
(46 a.C.), che egli mette a guardia del purgatorio (Pg<br />
I, 28-48). Anche in questo caso dimostra l’intenzione<br />
di valutare in modo articolato il personaggio: non da<br />
un solo punto di vista, ma da più punti di vista, perché<br />
soltanto in questo modo può emergere la complessità<br />
del personaggio e soprattutto la complessità<br />
della vita umana, nella quale egli, come i suoi lettori,<br />
deve vivere ed operare scelte, che sono costantemente<br />
drammatiche.<br />
6.1. La necessità narrativa e poetica di vedere i personaggi<br />
da più punti di vista – un atteggiamento che<br />
percorre tutta l’opera – si trasforma nell’utile suggerimento<br />
per il lettore di vedere sempre le cose da più<br />
punti di vista. Il motivo di questa posizione è semplice<br />
e comprensibile: la realtà è sempre ambigua e<br />
troppo complessa, e raramente dà indicazioni univoche.<br />
Il caso più significativo è forse la figura di Brunetto<br />
Latini, da ammirare come maestro e da condannare<br />
per la sua vita privata viziosa (If XV, 22-30<br />
e 80-87). Ma già prima il poeta aveva valutato Francesca<br />
da Rimini da tre punti di vista: quello religioso,<br />
quello politico e quello personale (If V, 97-138).<br />
Come credente e come cittadino l’aveva condannata,<br />
come uomo l’aveva compresa, se non proprio assolta,<br />
poiché non si può resistere alla forza dell’amore.<br />
Altrove, per fare spettacolo e per provocare l’animo<br />
intorpidito e bacchettone del lettore, aveva messo tre<br />
papi all’inferno: Niccolò III, Bonifacio VIII e Clemente<br />
V (If XIX, 64-87); e due donne di malaffare<br />
in paradiso: Cunizza da Romano, una ninfomane che<br />
non si faceva pagare, e Raab, una prostituta che<br />
cambia mestiere quando ha messo da parte un gruzzolo<br />
sufficiente per la vecchiaia (Pd IX, 25-36; e<br />
112-126).<br />
Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 102<br />
7. Per il poeta l’uomo deve scegliere o è costretto inevitabilmente<br />
a scegliere, ed ogni scelta si trasforma<br />
nel dramma della scelta e contemporaneamente nella<br />
necessità di operare una scelta (o di schierarsi a favore<br />
o contro qualcosa). Ogni scelta è un dramma,<br />
perché ogni scelta ha conseguenze imprevedibili ed<br />
incontrollabili o anche semplicemente non volute,<br />
ma inevitabili, o perché nessuna delle alternative è<br />
completamente soddisfacente ed anzi hanno tutte<br />
qualche elemento desiderabile. Ad esempio nel caso<br />
di un parto difficile si deve salvare la madre o il<br />
bambino? Nel caso di una persona qualsiasi come di<br />
un proprio caro in coma si deve prolungare artificialmente<br />
la vita, aggrappandosi ad impossibili speranze,<br />
oppure si deve lasciar fare alla natura? Si deve<br />
lasciar soffrire o si deve impedire inutili sofferenze?<br />
7.1. Fin da If III, 31-69, quando incontra gli ignavi –<br />
«questi sciaurati, che mai non fur vivi» (v. 64) –, il<br />
poeta è esplicito: si deve scegliere e ci si deve schierare.<br />
Chi non sceglie, chi non si schiera, chi non agisce,<br />
chi non fa niente, né di onorevole né di vergognoso,<br />
che lo faccia ricordare presso i posteri, va disprezzato<br />
e condannato.<br />
8. Nell’altro emisfero Dante vede Lucifero tenere in<br />
su le gambe gigantesche. Non nota niente fra di esse.<br />
Ciò è comprensibile. Gli angeli non sono né maschi<br />
né femmine. Non sono neanche ermafroditi. Sono<br />
antiermafroditi: essi non hanno sesso. Come tali non<br />
possono provare le passioni della carne. Provano però<br />
quelle dello spirito: Lucifero volle essere come<br />
Dio e commise il peccato di superbia. Dio, piuttosto<br />
irritato di avere un deuteragonista nell’universo (non<br />
voleva concorrenti) e della sua assoluta mancanza di<br />
riconoscenza (lo aveva creato dal nulla, e poteva anche<br />
fare a meno di crearlo), lo punisce scagliandolo<br />
giù dall’empìreo e sbattendolo al centro della terra, a<br />
raffreddare un lago con il movimento delle ali. Per<br />
prudenza Dio lo fa diventare anche brutto, peloso e<br />
autistico. E dalle tre bocche gli fa masticare per<br />
l’eternità un chewing gum – carne umana – assolutamente<br />
disgustoso.<br />
9. Dante prende dai Vangeli apocrifi la lotta di Satana<br />
contro Dio e la sconfitta di Satana, che viene precipitato<br />
nell’inferno. Egli come credente difende ad<br />
oltranza la dottrina e l’ortodossia cattolica, come poeta<br />
si prende moltissime libertà: riempie l’al di là con<br />
la mitologia pagana, mette papi all’inferno e prostitute<br />
(neanche battezzate) in paradiso.<br />
10. L’ultimo canto dell’<strong>Inferno</strong> rimanda all’ultimo<br />
canto del Paradiso: l’incontro con Lucifero permette<br />
di fare un confronto con l’incontro con Dio. Lucifero<br />
è silenzioso, muto e materiale; è tutto richiuso in se<br />
stesso e nel suo autismo. È gigantesco, ma ha dimensioni<br />
limitate. Dio invece è sì silenzioso, ma avvolge<br />
dentro di sé tutti gli esseri, tutte le creature dell’universo,<br />
i quali sono in continua comunicazione con<br />
Lui (anzi anche i dannati vedono in Lui il futuro).<br />
Egli è infinito. Insomma Lucifero è assenza di comunicazione,<br />
Dio è totale comunicazione.<br />
11. Il cristianesimo è in teoria una religione monoteistica.<br />
Nel corso dei secoli però si è arricchito in modo<br />
impressionante: Dio è divenuto uno e trino. E la