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Inferno - Letteratura Italiana

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lata risposta del poeta. Il papa dimostra la freddezza<br />

dello storico o del cronista: compiaciuto, informa con<br />

grande precisione. E, ugualmente compiaciuto, coinvolge<br />

anche gli altri papi.<br />

1.5. La collusione della Chiesa con il re di Francia<br />

Filippo il Bello è condannata ancora, e con parole<br />

ugualmente forti, in Pg XXXII, 130-160: il papa è<br />

paragonato a una «puttana sciolta», cioè discinta, il<br />

sovrano francese a un «gigante» e a un «drudo», cioè<br />

a un amante spregevole, la Chiesa a un «mostro»,<br />

cioè a un drago mostruoso, e a una «nova belva»,<br />

cioè a una beva mostruosa. Anche in questo caso il<br />

poeta prende immagini dall’Apocalisse.<br />

2. Nel canto compare esplicitamente il papa Bonifacio<br />

VIII, che il poeta considera la causa del suo esilio.<br />

Il dannato, il papa Niccolò III Orsini, scambia il<br />

poeta per Bonifacio VIII e lo accusa malignamente di<br />

amare il denaro (vv. 52-63). Il papa era già apparso<br />

indirettamente in If VI, 69, dove Ciacco, un goloso<br />

fiorentino, lo accusa di schierarsi con i guelfi neri e<br />

di favorire il colpo di Stato di costoro; in If XV, 112-<br />

114, il poeta ricorda che trasferisce il vescovo Andrea<br />

de’ Mozzi da Firenze a Vicenza e con questa associazione<br />

coinvolge il pontefice nel degrado morale<br />

del vescovo; e in If XXVII, 85, lo definisce «lo<br />

principe d’i novi Farisei», facendo riferimento al<br />

Vangelo, dove Gesù rimprovera i farisei di essere sepolcri<br />

imbiancati (Mt. 23, 13-36), e lo accusa di aver<br />

ingannato Guido da Montefeltro, un capitano di ventura<br />

esperto in inganni. Il papa però riappare anche<br />

nelle altre cantiche: in Pg XX, 85-93, Ugo Capeto,<br />

re di Francia, parla della sua futura cattura ad Anagni<br />

ad opera di un emissario di Filippo il Bello, re di<br />

Francia; in Pd IX, 127-142, Folchetto da Marsiglia,<br />

prima poeta e poi frate domenicano, lo accusa di<br />

pensare al denaro e di non pensare a liberare il sepolcro<br />

di Cristo; in Pd XXVII, 19-27, san Pietro lo accusa<br />

di usurpare la sede papale e di aver fatto di Roma<br />

una cloaca. A parte questo canto, negli altri è citato<br />

sempre con una perifrasi.<br />

2.1. Bonifacio VIII ricompare direttamente anche in<br />

If XXVII, 85-111, dove giganteggia per la sua diabolica<br />

astuzia: a Guido da Montefeltro, un capitano di<br />

ventura famoso in tutta Europa per i suoi inganni,<br />

chiede un consiglio fraudolento, per far cadere la città<br />

di Palestrina. Lo convince dicendogli che lo assolveva<br />

dal peccato ancor prima che lo commettesse.<br />

Guido si lascia convincere. Dopo morto, un demonio<br />

logico rivendica a sé la sua anima, poiché non ci si<br />

può pentire prima di commettere peccato.<br />

3. L’invettiva di Dante non nasce dal cuore, cioè non<br />

è spontanea, nasce dalla ragione ed è piena di cultura.<br />

Il poeta si richiama al Vangelo (vv. 90-96), pronuncia<br />

una prima condanna (vv. 97-99) e fa una ripresa<br />

più incandescente (vv. 100-105), che si richiama ulteriormente<br />

alle Sacre scritture (vv. 105-111), quindi<br />

fa una ripresa della condanna (vv. 112-114) che allarga<br />

il discorso all’imperatore Costantino, causa involontaria<br />

della corruzione papale, con il quale chiude<br />

in modo alto il suo intervento (vv. 115-118).<br />

L’invettiva è “rafforzata” dalle reazioni del papa che<br />

soltanto alle parole del poeta – «o ira o coscienza che<br />

Divina commedia. <strong>Inferno</strong>, a cura di P. Genesini 68<br />

‘l mordesse» – si rende conto del suo comportamento<br />

vergognoso, che prima aveva descritto con la precisione<br />

meticolosa di un cronista. Ed è avvalorata<br />

anche dal compiacimento dimostrato da Virgilio,<br />

che ascolta le parole di Dante e dà il suo totale assenso.<br />

3.1. L’invettiva del poeta piace anche a Virgilio, che<br />

esprime la sua approvazione prendendolo in braccio,<br />

stringendolo al petto e riportandolo sul ponte che<br />

collega il quarto e il quinto argine. In altri casi, ad<br />

esempio in If XXX, 130-148, Virgilio rimprovera<br />

Dante perché ascolta affascinato due dannanti, maestro<br />

Adamo e il greco Sinone, che litigano, si rinfacciano<br />

le rispettive colpe e si scambiano un paio di<br />

cazzotti. In Pg II, 106-123, invece ambedue i poeti si<br />

sentono rimproverati da Catone, poiché si erano<br />

fermati ad ascoltare Casella che stava cantando una<br />

canzone di Dante. Il rapporto tra i due poeti è sempre<br />

vario e mai scontato.<br />

4. L’invettiva è una delle figure retoriche più efficaci:<br />

un personaggio inveisce per qualche motivo (che<br />

è detto) contro qualcuno o contro qualcosa secondo i<br />

canoni della buona retorica. Essa è in genere particolarmente<br />

violenta, eccessiva ed infuocata. Nel caso<br />

specifico Dante usa parole forti, prese quasi letteralmente<br />

dall’Apocalisse (17, 9) di Giovanni: «Parlò<br />

di voi Giovanni l’Evangelista, quando vide colei<br />

(=la Roma dei papi) che siede sopra le acque puttaneggiare<br />

con i re». L’evangelista però si riferisce a<br />

Roma pagana, Dante a Roma papale.<br />

5. Il poeta ricorre in molteplici occasioni alla violenza<br />

dell’invettiva: con Brunetto Latini contro i fiorentini<br />

(If XV, 61-78), contro i papi simoniaci (If XIX,<br />

88-117), contro Pisa e contro Genova (If XXXIII,<br />

79-90 e 151-157). Una delle più intense ed appassionate,<br />

senz’altro la più lunga e la più violenta, si<br />

trova in Pg VI, 76-151: davanti all’affettuoso abbraccio<br />

di Sordello da Goito e di Virgilio, due conterranei<br />

che non si erano mai conosciuti, il poeta si<br />

scaglia con parole durissime contro i prìncipi italiani<br />

costantemente in conflitto tra loro, contro la Chiesa<br />

che invade l’ambito politico che spetta all’Impero,<br />

contro l’imperatore che trascura l’Italia per occuparsi<br />

unicamente della Germania, contro lo stesso Dio che<br />

sembra essersi dimenticato dell’Italia, infine contro<br />

Firenze che fa e disfà le leggi e che manda in esilio e<br />

richiama i suoi cittadini.<br />

5.1. Anche Pg VI ha una struttura simile a questo<br />

canto: un inizio tranquillo, poi all’improvviso c’è lo<br />

scoppio dell’invettiva. La retorica antica suggeriva<br />

di mettere insieme o vicini due argomenti di diverso<br />

tipo, per accentuarne le caratteristiche grazie all’eccessivo<br />

contrasto: il color bianco vicino al color nero<br />

diventa più bianco<br />

6. Un’altra applicazione dell’ars dicendi dantesca è<br />

costituita dall’imitazione del linguaggio artificioso e<br />

forbito di Pier delle Vigne (If XIII, 4-9, 30-39, 55-<br />

78) e dall’orazion picciola che Ulisse rivolge ai suoi<br />

compagni, per convincerli ad andare a visitare il<br />

mondo «sanza gente» (If XXVI, 112-120). Nel Purgatorio,<br />

che dedica tanto spazio ai poeti e alla poesia,<br />

lo scrittore imita la lingua aristocratica e sonante

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